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La cassaforte contesa tra Renzi e scissionisti

Quasi 3 mila immobili e 400 opere d'arte per un valore stimato tra i 500 milioni e il miliardo di euro. Che cosa faranno le Fondazioni-Padrone?

Sul patrimonio immobiliare litigavano nel 2007, quando decisero di fondersi. E litigano ancora oggi, mentre si dividono. Nella lunga storia dei dissensi tra gli ex democristiani e gli ex comunisti che nell'ottobre di 10 anni fa confluirono nel Partito democratico, "la roba" è sempre stata fonte di contrasto. I Democratici di sinistra non conferirono il loro patrimonio nel Pd: non si fidavano dei nuovi alleati della Margherita, ma soprattutto sembrava loro ingiusto cedere quei beni, accumulati in tanti anni.

Un patrimonio immenso, frutto di milioni d'ore di lavoro regalate al partito dagli iscritti. In quei mattoni si concretizzava la storia stessa del Pci, che di alcuni di quegli immobili s'era impossessato nella Resistenza, mentre altri erano stati acquistati grazie ai finanziamenti segreti dall'Unione sovietica o con le tangenti sull'export nei Paesi dell'est durante la Guerra fredda. Il risultato, oggi, è condensato in almeno 2.500-3.000 unità immobiliari tra palazzi, negozi, capannoni e terreni, a cui s'aggiungono circa 400 opere d'arte: capolavori di Renato Guttuso, Mario Schifano, Giò Pomodoro...

Dieci anni fa, gli eredi di Enrico Berlinguer decisero di non consegnare niente al Pd. C'è chi al Nazareno ricorda le parole che Ugo Sposetti, ultimo tesoriere dei Ds, sbatté in faccia a Walter Veltroni, primo segretario del Pd: "Io non ti do proprio nulla, Walter. E se mi resta un mattone semmai te lo tiro in testa".

Oggi, però, a scontrarsi su quella ricchezza sono proprio gli ex compagni del Pci-Pds-Ds. Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani guidano la scissione, e contro l'ex dc Matteo Renzi fondano i Democratici progressisti. Nel Pd,a contrastare il segretario uscente, restano invece molti ex comunisti: tra loro c'è Sposetti, schierato al fianco del ministro della Giustizia Andrea Orlando.

I due gruppi degli scissionisti e dei resistentisti si contrastano politicamente, ma litigano anche sul patrimonio immobiliare del loro partito d'origine. Possono farlo, perché quella ricchezza, stimata tra 500 milioni e 1 miliardo di euro, è sempre lì. Tra il 2007 e il 2009 venne affidata a 67 fondazioni, cui le federazioni dei Ds passaronoi loro beni, e di cui per la prima volta pubblichiamo l'elenco completo.

- QUI L'ELENCO COMPLETO

A organizzare la geniale operazione fu proprio Sposetti, l'ultimo tesoriere, anche per contrastare i creditori che bussavano alle porte del partito che si dissolveva. La formula delle fondazioni fu scelta per l'opacità garantita loro dalla legge, che non prevede bilanci pubblici, e infatti i dati economici sono rari e mai aggiornati. Amministratori e consiglieri, inoltre, furono tutti scelti tra anziani e fidatissimi compagni; e le loro nomine sono a vita.

Le 67 fondazioni sono come cellule dello stesso organismo e nel 2010, quasi a certificarne il Dna, fu creata l'Associazione Berlinguer "per la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale della sinistra": è di fatto la fondazione numero 68, che tutte riunisce e governa. Per 10 anni Sposetti, che è senatore del Pd ma non è mai stato renziano, ha continuato a svolgere il ruolo di tesoriere-ombra del dissolto Pci, e come una chioccia ha covato le sue fondazioni. Anche quando nel 2014 il nuovo segretario Renzi cercò di ripetere il tentativo di Veltroni, e provò a trascinare in casa la "cassaforte rossa", fu Sposetti a bloccarlo. Un ruolo sempre molto attivo ed evidente, il suo. Poiché le fondazioni posseggono almeno 1.800 sezioni degli ex Ds, è stato quasi automatico che queste passassero in affitto (più raramente in comodato gratuito) al Pd.

E quando nel 2016 il partito di Renzi, in crisi di liquidità, ha smesso di versare i canoni in tante città, è toccato proprio a Sposetti lanciare l'avvertimento: "Pagate, o ci riprendiamo le sedi". Alla fine dello scorso gennaio, quando nel Pd ha iniziato a materializzarsi la scissione, l'ex tesoriere dei Ds ha riunito i compagni più stretti a Roma, per festeggiare il suo compleanno attorno a una torta con 70 candeline: tra loro D'Alema ed Emanuele Macaluso, ma soprattutto Orlando e Giorgio Napolitano, l'ex presidente della Repubblica che di Orlando è sempre stato il grande sponsor.

E lì che alcuni hanno voluto leggere un'investitura: come se Sposetti avesse indicato il suo successore nel ministro della Giustizia, il quale non per nulla era stato responsabile degli enti locali e dell'organizzazione dei Ds sotto l'ultima segreteria, quella di Piero Fassino. All'inizio di febbraio la scissione nel Pd si è poi concretizzata, e sembrava che Orlando e Sposetti potessero essere tra i separatisti.

In quel momento c'è chi è tornato alla carica delle fondazioni. Francesco Bonifazi, il tesoriere del Pd di provenienza Ds ma deputato di provata fede renziana, ha lanciato un duro attacco: "Faremo una class-action promossa da ex iscritti ai Ds, perché quel patrimonio appartiene alla nostra storia". La minaccia è però scomparsa dall'orizzonte quando Orlando il 22 febbraio ha deciso di restare nel Pd, e soprattutto quando Sposetti cinque minuti dopo si è schierato con lui. È stato allora che D'Alema ha lanciato un grido di dolore: "Le fondazioni non appartengono a Sposetti, ma sono di quelle compagne e di quei compagni che hanno costruito Case del popolo e sezioni".

Tra i gestori concreti del patrimonio ha preso la parola Mauro Roda, classe 1952, un lungo passato nel Pci e dal 2007 presidente della Fondazione Duemila di Bologna: "Nel 2007" ha detto Roda, forte delle sue 28 Case del popolo e di chissà quanti altri immobili, "io mi sono battuto per sommare Ds e Margherita e per far nascere il Pd. La Fondazione, però, è un'altra cosa: noi le sedi le diamo a chi ce le chiede. Abbiamo lo scopo di diffondere la cultura della sinistra. Già adesso non ospitiamo soltanto il Pd, ma anche circoli Arci e associazioni culturali".

Come finirà? Dalla scissione in poi, Sposetti si è trincerato dietro a un silenzio più gelido di quello della tundra siberiana. A Panorama concede qualche battuta: "Su D'Alema, come su tutta questa storia, non dico nulla se non che i compagni che dirigono le fondazioni sono più che fidati". Ma le fondazioni resteranno compatte con voi ex Ds che restate dentro il Pd, oppure alcune se ne andranno con gli scissionisti, come pare dire Roda? "Le fondazioni non c'entrano né con il Pd né con gli scissionisti" ribatte Sposetti "e sono regolate solo dal Codice civile". Ma se invece una fondazione si dovesse sciogliere per dissidi interni? Sposetti sbuffa: "Il suo patrimonio per legge finirebbe allo Stato. Quindi questo non accadrà, perché nessuno dei compagni lo vorrà mai. È una cazzata, esattamente come l'idea di una mia investitura a Orlando: perché io non ho alcuna intenzione di morire". Proprio come il patrimonio del Pci-Pds-Ds.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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