Salvini bacio crocefisso
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Politica, affidiamoci al Padreterno

Ecco le liti della campagna elettorale tra le forze di Governo. Ecco quale sarà la conclusione (del Governo)

Si è rivelata strabiliante la campagne elettorale di Matteo Salvini per le Europee. Anche i cronisti anziani come il sottoscritto non avevano mai visto un Circo Barnum di quelle dimensioni. Il Capitano della Lega non ebbe avversari. Persino Luigi Di Maio, il capo politico dei Cinque Stelle, sembrò scomparso, annientato dall’attivismo nevrotico del futuro Dittatore. Fu allora che si comprese una verità: la famosa democrazia era una formula vuota se il protagonista della battaglia politica era uno solo.

Vediamo un sintetico diario delle avventure elettorali del Capitano, a partire da venerdì 3 maggio. Siamo a Forlì, la «città del Duce». Salvini parla dal balcone del municipio, tra molte contestazioni. Forse nessuno gli ha detto che in quella piazza, durante la guerra civile, erano stati esposti i corpi di quattro partigiani impiccati: Silvio Corbari, Adriano Casadei, Arturo Spazzoli e Iris Versari.

Nel frattempo Salvini lancia le solite proposte a freddo, sperando di acchiappare qualche elettore di destra che non si è ancora accorto della sua fantasia. La prima è di ritornare a introdurre i grembiuli per chi va alle elementari. Senza però indicare se sarebbe per tutti o soltanto per le femmine. Accompagnando la proposta con una motivazione ridicola: «In questo modo gli studenti saranno tutti uguali, senza distinzione tra chi ha la felpa da 700 euro e chi ne ha una di seconda mano».

La successiva proposta è di chiudere i negozi che vendono cannabis per stroncare l’uso di droga. Idea lanciata a Pesaro dove, a suo dire, quello stesso giorno erano stati chiusi tre di quei negozi. Di Maio, contrario all’idea del Capitano, ha replicato: «Da chiudere sono le piazze dove si spaccia la droga. I negozi della cannabis sono legali».

L’8 maggio, in un Consiglio dei ministri riunitosi con un’ora di ritardo per attendere i leghisti convocati da Salvini e da Giancarlo Giorgetti, Giuseppe Conte ha presentato formalmente la richiesta di revoca del mandato di sottosegretario a Siri, leghista. Di Maio e Salvini hanno riproposto le loro posizioni e, dopo quasi tre ore di riunione, Conte ha avuto il via libera senza arrivare al voto.

Il giorno dopo, 9 maggio, scoppia un nuovo scontro con Elisabetta Trenta, ministro della Difesa, in seguito al salvataggio da parte della nave Mare Jonio di 40 naufraghi raccolti in acque libiche. Il problema è il solito: Salvini vuole i porti chiusi e qualcuno lo boicotta. Sta di fatto che la Mare Jonio è arrivata a Lampedusa e il 10 maggio ha scaricato i naufraghi, ma è stata bloccata in porto e la Guardia di finanza è salita a bordo. Il premier Conte ha condiviso il tutto, dichiarando che i 40 sarebbero stati suddivisi nei vari Paesi europei. Sempre il 10 maggio, davanti alla Tunisia, avviene un naufragio con 70 morti.

Ma il giorno 10 è anche quello della potenziale guerra senza quartiere in Parlamento. La maggioranza ha presentato 100 emendamenti al decreto Crescita, ma ciascuno per proprio conto. Tra quelli della Lega ce c’è uno che prevede la nomina del Commissario per la Tav, altro non è che la ripresa dei lavori per la Torino-Lione.

Sempre il 10 maggio, da Radio24, la trasmissione Uno, nessuno, cento Milan manda in onda la voce di Salvini che presenta la «Vinci Salvini 2». L’11 maggio tutti i giornali parlano del Decreto sicurezza bis. Due i punti cardine relativi all’immigrazione: 1) trasferimento al ministero dell’Interno di poteri che la costituzione attribuisce alle Infrastrutture e alla Difesa relativamente alla chiusura dei porti e alla tutela dei confini marittimi; 2) previsione di una multa di 3.500 o 5 mila euro per ogni immigrato preso a bordo delle navi delle Organizzazioni non governative.

I Cinque Stelle non sono d’accordo anche perché Infrastrutture e Difesa sono guidati da suoi ministri: Toninelli e Trenta. Ma Salvini vuole a tutti i costi che il Decreto sicurezza bis sia iscritto all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri precedente alle Europee. Il Consiglio convocato il 20 maggio discute fino a notte fonda, poi la decisione viene sospesa per modificare il testo. Salvini insiste per un nuovo Consiglio dei ministri il 22 maggio dove approvare il suo decreto. Ma Conte e Di Maio prendono tempo.

Domenica 19 maggio l’Onu aveva preso posizione contro il Sicurezza bis dichiarando che sospende i diritti umani. E Salvini risponde, come si trovasse al bar: «L’Onu pensi al Venezuela».

La campagna per le elezioni del Parlamento europeo vede la Lega colpita da indagini giudiziarie. Il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana è indagato per avere assunto negli uffici regionali il collega di studio, il sindaco leghista di Legnano viene indagato per voto di scambio, ovvero posti di lavori in cambio di voti. Il primo ad accusarlo è l’ex presidente del consiglio comunale, sempre leghista. Il sindaco si dimetterà. Il 30 maggio è attesa la sentenza per il sottosegretario Rixi, genovese, indagato per le «spese pazze» in Regione Liguria e per il quale è chiesta una condanna di 3 anni e 4 mesi. Di Maio chiarisce che, in caso di condanna, dovrà dimettersi subito.

Repubblica fa il punto sull’attivismo del ministro dell’Interno. Dal primo gennaio 2019 fino a metà maggio, Salvini è rimasto al ministero appena 19 giorni, per il resto ha fatto 211 manifestazioni elettorali. Per i suoi spostamenti ha utilizzato voli di Stato e anche qualche volo con i mezzi della Polizia. Di Maio precisa che lui si muove soltanto su aerei di linea. Salvini risponde che è tutto secondo la norma.

Fin dai primi giorni di maggio, ai comizi del Capitano, si presentano dei contestatori. Il primo caso accade a Forlì. Salvini risponde insultandoli. E sarà così ovunque. A Lecce un gruppo di leghisti è assalito dai centri sociali. A Milano, il Capitano si presenta tenendo tra le mani un rosario e affida l’Italia e gli italiani alla Vergine Maria, provocando contrasti con la Chiesa. La piazza fischia Papa Bergoglio. Tra i «destroni» sul palco, c’è anche Marine Le Pen, la leader del Fronte nazionale francese che si dichiara invaghita di Salvini e di essere pronta a sposarlo.

Nel frattempo il governo vacilla. Il leghista Giorgetti afferma che il premier Conte non è più imparziale. Conte è pronto a dimettersi, però Mattarella lo convince a restare. Tutti prevedono un boom elettorale della Lega. Che cosa accadrà dopo il 26 maggio? Soltanto il Padreterno lo sa.
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Giampaolo Pansa