Diritto di critica (a Conte)
(Francois Waksheart, Getty Images)
Politica

Diritto di critica (a Conte)

Chi racconta delle difficoltà del vertice a Bruxelles viene accusato di non fare il tifo per il Paese. Un divieto di critica che va avanti dall'inizio della pandemia. E deve finire

I negoziati a Bruxelles sul Recovery Fund non stanno andando bene per l'Italia e per il premier Conte. Al momento (un nuovo summit è previsto per le 16) è impossibile dire come finirà ma di sicuro le cifre finali non saranno quelle auspicate alla vigilia. Soprattutto per quel che riguarda i soldi a fondo perduto (quelli più interessanti per noi) che saranno meno, molti meno di quelli sperati. Il Ministero dell'Economia calcola una riduzione tra i 7 ed i 10 mld di euro. Insomma, siamo in un bel guaio.

La cosa strana è che, da ieri, cioè da quando si è capito che tirava una brutta aria, chi si azzardava a dire le cose come stavano (sono numeri, mica opinioni) veniva tacciato di essere un "gufo" o un "nemico del paese".

Ad essere onesti questo atteggiamento non è nuovo, anzi. E' dall'inizio della pandemia che guai ad attaccare il governo e le sue decisioni, il tutto in nome "dell'unità nazionale e del paese che nella difficoltà non si deve dividere". Ecco, il Paese.

Quando diciamo che il negoziato va male e che il premier è in difficoltà mica lo facciamo perché Conte ci sta antipatico. Ma lo facciamo perché è chiaro che le cose per il Paese nei prossimi mesi saranno ancora più difficili, se non drammatiche.

Se diciamo poi che ci sono ministri inadeguati al ruolo ed alla situazione non è per sperare che il governo caschi ma perché troviamo allucinante ad esempio che non si sappia ancora come e quando i nostri figli torneranno a scuola a settembre (chiedere a qualsiasi preside per capire lo stato di caos totale).

Se raccontiamo che il sistema della Cassa Integrazione non ha funzionato, che il bonus da 600 euro ci ha messo 3 mesi per arrivare, che la gestione dei Decreti è stata imbarazzante per prima cosa raccontiamo delle verità oggettive e, secondo, non lo facciamo nella speranza che tutto questo porti ad elezioni anticipate ma lo facciamo perché in un momento particolarmente difficile e grave il Paese ha bisogno di poche decisioni, chiare ed efficaci. Invece abbiamo vissuto il trimestre degli annunci e dei fallimenti il tutto senza nemmeno la possibilità di dirlo. Con una buona fetta dei politici, dei commentatori e della gente che scambia la preoccupazione dettata dall'evidenza dei fatti per tifoseria politica.

A chi ci accusa di essere dei gufi abbiamo una domanda: ci dite quando sarà possibile tornare a criticare liberamente?

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Andrea Soglio