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Perché Nike ha scelto Colin Kaepernick come testimonial

Per celebrare i 30 anni della campagna "Just do it" il brand ha utilizzato il volto dell'atleta Nfl simbolo della lotta contro il razzismo

Vendere ispirazione. Per questo Nike ha scelto il volto dell'ex quarterback dei San Francisco 49ersColin Kaepernick per ricordare il significato della campagna Just do it che, nel 2018, compie 30 anni.

Da dove nasce il Just do it

Quando il motto diventato celebre in tutto il mondo arrivò per la prima volta in tv era il luglio del 1988 e sullo schermo si vedeva un ottantenne in tuta da ginnastica che correva dicendo ai telespettatori "Vi chiederete come faccio a non battere i denti in inverno? Li lascio nell'armadio". Si trattava di una battuta cui seguiva il Just do it e non perché Nike puntasse al target degli over 80 per i suoi prodotti, ma perché quel nonnetto intraprendente fosse d'ispirazione per coloro che temono di scontrarsi con i propri limiti e che hanno paura di combattere per raggiungere sogni e obiettivi.

La poetica del claim è rimasta invariata durante un trentennio e per questo Nike, con mossa coraggiosa e provocatoria, ha scelto di abbinare il proprio nome a quello di Colin Kaepernick, l'atleta che da due anni è fuori dalla NFL dopo essere rimasto in ginocchio durante l'inno nazionale. 

Chi è Colin Kaepernick

La sua era una protesta contro le violenze della polizia nei confronti degli afroamericani e, più in generale, verso ogni forma di razzismo. Si è trattato, però, di un gesto scorretto e irrispettoso che ha determinato la fine della carriera di Kaepernick che, dopo la conclusione del contratto con i San Francisco 49ers è rimasto senza lavoro. In quell'occasione il presidente Trump aveva duramente attaccato il gesto del giocatore invitando l'atleta a lasciare fuori la politica dal campo.

Perché Nike ha scelto Kap

Nonostante questo Nike ha voluto lo stesso scegliere Kaepernick, ma non lo ha fatto per rendere omaggio alla ribellione del suo gesto quanto piuttosto, come recita lo spot, per quello che quel gesto ha significato nella vita di Kap. "Credi in qualcosa. Anche se significa sacrificare tutto" dice la pubblicità che, se è stata osannata da tanti per la forza comunicativa e per l'importanza del messaggio, da Serena Williams a LeBron James passando da Tom Brady da altrettante persone è stato attaccato.


Decine di utenti hanno lanciato l'hashtag #BoycottNike e ritengono che la trovata pubblicitaria del brand sia indegna e irrispettosa per gli americani. In tanti hanno pubblicato foto in cui tagliano, distruggono o danno fuoco a prodotti Nike.

Lo stesso Donald Trump, appresa la notizia di Kap testimonial Nike ha dichiarato: "Credo sia un messaggio terribile, che non dovrebbe essere inviato. Non c'è alcun motivo".

Di sicuro, da un punto di vista del marketing, Nike ha centrato il suo obiettivo: mettere il marchio sulla bocca di tutti e dare visibilità al brand.

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Barbara Massaro