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Microplastiche: ecco come ci arrivano nel piatto e nel bicchiere

Contaminato oltre il 90% delle acque in bottiglia. I frammenti rinvenuti sono il doppio di quelli riscontrati nell'acqua di rubinetto

?Le microplastiche sono oggi un inquinante ubiquitario nei nostri mari e sono noti per avere effetti dannosi su una varietà di organismi?. Esordisce così uno studio condotto dall'Università d'Irlanda a Galway e pubblicato lo scorso febbraio sulla rivista Frontiers in Marine Science che rivela il ritrovamento di frammenti di questi inquinanti negli stomaci dei pesci mesopelagici, che vivono a 100-200 metri di profondità nell'Oceano Atlantico Nord-Occidentale e vengono a galla per mangiare durante la notte. Oltre il 70% del campione esaminato aveva ingerito microplastiche.

Dal mare alla tavola

Questi frammenti di plastica causano ogni sorta di problemi alla fauna marina, dall'infiammazione alla perdita di peso, dovuta a un'alimentazione ridotta causata dalla sensazione di pienezza data dalle plastiche stesse. Un'ulteriore preoccupazione circa la loro presenza deriva dal fatto che questi pesci vengono mangiati da altri pesci, come tonni e pesci spada che poi finiscono nei nostri piatti. Quindi la plastica dispersa nell'ambiente rischia di finire nella pancia anche a noi.

Secondo i ricercatori dell'Ispra e dell'Università di Siena è il Mediterraneo la vera pattumiera mondiale della microplastica: nel nostro mare sarebbero 90 le specie marine interessate da questo tipo di inquinamento. Gli inquinanti di cui le microplastiche sono vettori, come i composti organici persistenti e gli ftalati, pare possano finire nel 15-20% delle specie commestibili e quindi nel nostro organismo.

Sorsi pericolosi

Ora però una nuova indagine, svolta dall'organizzazione giornalistica Orb Media, ha appurato che il percorso tra le microplastiche e il nostro stomaco potrebbe essere drammaticamente assai più diretto. Nel laboratorio della State University di New York, Fredonia, è stato analizzato il contenuto di 259 bottiglie d'acqua in plastica di 11 marchi, tra cui anche nomi noti come Evian, Nestlé e San Pellegrino, comprate in nove diversi paesi nei cinque continenti. Secondo il rapporto solo 17 bottiglie su 259 non contenevano tracce di microplastiche, mentre il restante 93% mostrava chiari segni di contaminazione.

La quantità variava molto tra una bottiglia e l'altra, da un minimo di zero residui a un massimo di 10.000 particelle per litro, trovate in un campione di acqua Nestlé Pure Life. La variabilità, fanno sapere gli autori della ricerca, era presente anche nell'ambito di bottiglie della stessa marca e dello stesso lotto, indipendentemente dal canale di vendita, che si trattasse di un negozio o di Amazon, sito presso il quale sono stati effettuati una parte degli acquisti.

Meglio il rubinetto della bottiglia

Facendo una media tra tutti i lotti di tutte le marche è emerso che nelle acque sottoposte ad analisi erano presenti 325 particelle di plastica per litro. I frammenti avevano dimensioni molto diverse tra loro. Per fare un confronto con i risultati ottenuti in un'analisi svolta precedentemente sull'acqua di rubinetto, nella quale però era stato usato un colorante diverso, meno sensibile, gli autori hanno deciso di prendere in considerazione solo i frammenti di dimensioni superiori ai 100 um. Dal confronto è risultato che le particelle di plastica presenti nell'acqua in bottiglia erano circa il doppio rispetto a quelle rinvenute nell'acqua di rubinetto: in media 10,4 contro 5,45 particelle al litro).

In un comunicato Nestlé, il marchio in assoluto peggiore secondo i risultati dell'inchiesta, fa sapere che il colorante Rosso Nilo, usato per l'analisi dell'acqua in bottiglia, può dare dei falsi positivi. Di sicuro, ammettono gli autori stessi nelle conclusioni del loro rapporto, si tratta di un colorante in grado di individuare particelle molto più piccole rispetto al Bengala Rosa usato per l'analisi delle acque di rubinetto.

Che il problema esista e sia serio però sembrano esserci pochi dubbi, anche se rimane da appurare come avvenga la contaminazione. Un altro studio commissionato in questo caso dal progetto ambientalista Story of Stuff, ha evidenziato la presenza di una contaminazione diffusa da microplastiche all'interno di 19 diverse marche di acqua in bottiglia, con i livelli più alti riscontrati in Boxed Water, Fiji, Ozarka e Evian.

Colpa degli indumenti?

Un recente rapporto dell'International Union for Conservation of Nature (IUCN) sostiene che a contribuire in maniera determinante all'inquinamento da microfibre è il lavaggio in lavatrice degli indumenti sintetici, i cui scarichi finiscono nell'ambiente. 

Resta da comprendere quali possano essere gli effetti dell'esposizione alle microfibre plastiche sull'uomo. Secondo Abigail Barrows, di Ocean Analytics, che ha condotto le analisi per Story of Stuff, ?Sebbene non comprendiamo appieno le implicazioni sulla salute del consumo di microplastiche, i risultati preliminari di questo studio mostrano che le persone ingeriscono direttamente particelle di plastica quando bevono la maggior parte dei tipi di acqua in bottiglia?.

E adesso anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità vuole vederci più chiaro e capire, secondo le parole di Bruce Gordon, coordinatore del lavoro globale dell'OMS sull'acqua e sui servizi igienico-sanitari, se una vita passata a mangiare o bere particelle di plastica può avere un effetto sulla salute. "Normalmente abbiamo un limite 'sicuro'", ha dichiarato Gordon alla BBC, "ma per definirlo dobbiamo capire se queste cose sono pericolose e se si presentano in acqua a concentrazioni pericolose".

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Marta Buonadonna