Matrimoni gay. Come e perché l'Italia dirà sì
News

Matrimoni gay. Come e perché l'Italia dirà sì

Sentenze della Corte costituzionale, della Cassazione, di tribunali: ecco come in Italia è già stata tracciata la strada per far sposare persone dello stesso sesso. Proprio quando in Vaticano scoppia il caso della lobby omosessuale

Arrendetevi, siete circondati. L’hashtag è comparso su Twitter in tempo reale, subito dopo il primo matrimonio omosessuale in Francia. E infatti è proprio così che stanno le cose: l’Italia è circondata. In Spagna e nei Paesi Bassi, in Portogallo e in Islanda, ora anche in Francia e Gran Bretagna, insomma in nove paesi della vecchia Europa, gay e lesbiche possono andare a nozze, esattamente come gli eterosessuali.

In altri 11 paesi ci sono leggi a tutela delle coppie omosessuali. In nove stati le coppie gay possono adottare bambini, in 13 possono adottare come single. L’Italia è circondata. E la sera di martedì 11 giugno scoppia una «bomba» in Vaticano. Con le parole di Papa Francesco, riportate da un sito cileno, in seguito a un incontro nel quale il Pontefice avrebbe dichiarato senza mezzi termini: «Nella curia c’è gente santa, santa davvero. Ma esiste anche una corrente di corruzione, anche questa esiste, è vero. Si parla di una lobby gay ed è vero, è lì...ora bisogna vedere cosa possiamo fare al riguardo».

Una dichiarazione esplosiva, che si ricollega all’inchiesta ordinata da Benedetto XVI che alzò il velo dopo lo scandalo Vatileaks su una potente lobby gay in azione all’ombra di San Pietro. È in questo contesto che il «matrimonio paritario» arriva in Parlamento. Anzi, sta per essere incardinato alla commissione Giustizia del Senato, presieduta da Francesco Nitto Palma del Pdl: è stata messo all’ordine del giorno martedì 18 giugno, sia pure col titolo di «unioni civili».

Il Pdl punta alla regolamentazione più o meno privatistica delle convivenze, coi Di-do-re di Lucio Barani (la sigla sta per «diritti doveri responsabilità»: è l’idea di Renato Brunetta), il contratto di convivenza e solidarietà di Carlo Giovanardi, ex ministro per la Famiglia, e il patto di convivenza di Elisabetta Alberti Casellati, ex sottosegretario alla Giustizia. 

Il centrosinistra punta decisamente più in alto: matrimonio. Voilà le norme contro la discriminazione matrimoniale (Sergio Lo Giudice, Pd), ecco l’eguaglianza nell’accesso al matrimonio per le persone dello stesso sesso (Loredana De Petris, Sel: è la stessa proposta di Nichi Vendola alla Camera). Di matrimonio parla la proposta firmata da Luis Alberto Orellana e da 18 senatori cinquestelle.

Sarà il solito muro contro muro? Macché. Tra gli uni e gli altri è spuntata la «Lesbian and gay partnership», o unione omoaffettiva, che non è un matrimonio e non riguarda né figli né adozioni, ma garantisce alle coppie gay «gli stessi identici diritti delle coppie eterosessuali sposate», compresa la reversibilità della pensione.

Al Senato la presenta il coordinatore del Pdl Sandro Bondi. A Montecitorio la firma importante è quella dell’ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan. Tutt’e due molto vicini a Silvio Berlusconi, hanno raccolto firme che contano tra gli azzurri (Laura Ravetto, Gabriella Giammanco, Stefania Prestigiacomo) e gettato nel panico l’ala più conservatrice del partito.

Ma Galan se la ride. «È ora che il centrodestra aggiorni il dibattito. Io, da vecchio liberale, sono assolutamente favorevole non solo al matrimonio per i gay, ma addirittura all’adozione. Un giorno ci arriveremo. Ma già in questa legislatura possiamo portare a casa un risultato importante, rimediando al ritardo che confina l’Italia agli ultimi posti nella tutela dei diritti umani»

L’Italia è al numero 36 in Europa, su 49 paesi, nella classifica redatta dall’Ilga (la International lesbian and gay association) per il rispetto dei diritti «Lgbt», ossia di lesbiche, gay, bisex e trans.

«L’omofobia è in crescita, gli adolescenti derisi si suicidano, un omosessuale su due segnala discriminazioni» s’indigna il deputato del Pd Ivan Scalfarotto. Però qualcosa sta cambiando, e in fretta, e non solo perché a Vimercate il comune di centrosinistra, con il voto di un consigliere leghista, ha appena varato una delibera che consentirà anche alle coppie gay una sepoltura vicina.

In luglio arriverà in aula alla Camera una legge contro l’omofobia (primi firmatari, oltre a Scalfarotto, Irene Tinagli di Scelta civica, Alessandro Zan di Sel, Silvia Chimenti del M5s) che ha già superato le 220 firme. Al Senato invece potrebbe già cominciare la rivoluzione matrimoniale. Dice Ciro Falanga, relatore in commissione Giustizia per il Pdl: «Viviamo in un vuoto normativo che non è più possibile reggere. Ce lo chiede la società, ce lo chiedono i tribunali, ma soprattutto ce lo chiede l’Europa».

Ecco il punto nuovo: l’Europa. E i tribunali. Il consenso sociale è in crescita, ma a pesare sul Palazzo sono piuttosto i forti richiami della Corte costituzionale, i moniti della Corte di cassazione, l’imbarazzo in cui stanno finendo i tribunali dove approdano, in numero sempre crescente, i ricorsi delle famiglie omosessuali.

L’11 aprile, giorno in cui il Senato francese ha approvato la legge sull’omomatrimonio, il presidente della Corte costituzionale italiana, Franco Gallo, ha di nuovo sollecitato il nostro Parlamento a provvedere, finalmente, a «una regolamentazione».

Il primo appello della Consulta risale al 2010, con la sentenza 138: chiamata a pronunciarsi sull’incostituzionalità delle norme che impediscono alle persone dello stesso sesso di sposarsi, la Corte aveva escluso l’incostituzionalità ma aveva affermato che una coppia omosessuale ha il diritto di avere «il riconoscimento giuridico (dell’unione, ndr) con i connessi diritti e doveri», chiamando il Parlamento a «individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette».

Nessuna risposta. «Ma se un politico può non fare una legge, un magistrato non può rifiutarsi di emettere una sentenza. Alla fine otterremo la parità dei diritti non per via politica ma per via giudiziaria» prevede Scalfarotto, autore di due progetti di legge sul matrimonio.

Chiariamo meglio il concetto? «La Consulta ha affermato chiaramente che, se il Parlamento non legifera, le coppie omosessuali possono rivolgersi ai giudici ordinari per rivendicare un trattamento omogeneo con le coppie eterosessuali sposate». Lo spiega Antonio Rotelli, avvocato e presidente di Rete Lenford, uno dei principali strateghi della via giudiziaria.

Rete Lenford conta 120 avvocati e dal 2008, con l’associazione radicale Certi diritti, si occupa di cause Lgbt a contenuto esplosivo. Per esempio, ha assistito 24 coppie gay che hanno chiesto, nei rispettivi comuni, di procedere alle pubblicazioni matrimoniali. Davanti al rifiuto dell’anagrafe si sono rivolte ai magistrati, che a loro volta hanno interrogato la Consulta.

Coi risultati che si sono visti: la sentenza 138 e gli appelli di Gallo. E avanti. Gay e lesbiche italiani sono costretti a sposarsi all’estero? «Antonio Ottocento e Mario Garrulo di Latina, i primi gay a convolare pubblicamente a nozze nei Paesi Bassi, nel 2003, avevano chiesto la trascrizione in Italia del matrimonio: impossibile per motivi di ordine pubblico» racconta Franco Grillini, pioniere a Montecitorio del matrimonio paritario (2002).

Ricorso al giudice, ricorso in appello, ricorso in Cassazione, la causa ora è alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dove è facile prevedere la condanna dell’Italia. Nell’attesa la Cassazione ha pronunciato una sentenza importante: un matrimonio contratto all’estero non può produrre effetti in Italia perché manca una disciplina sulle omocoppie, ma i coniugi, «quali titolari del diritto alla vita familiare» garantito anche dalla Convenzione europea dei diritti umani, possono rivolgersi «ai giudici comuni per far valere il diritto a un trattamento omogeneo».

I fronti aperti sono ormai tantissimi. E il prossimo sarà quello per ottenere una tutela giuridica per i figli nati, grazie alla fecondazione assistita, dai matrimoni contratti all’estero. «Stiamo valutando azioni giudiziarie per far valere i nostri diritti» avverte Giuseppina La Delfa, presidente delle Famiglie arcobaleno. «Sulla pelle dei nostri figli non accetteremo trattative o ribassi» avverte Lo Giudice dal Senato. «Non c’è mediazione: siamo pronti a fare le barricate. In tutti i paesi, anche quelli che non riconoscono il matrimonio, c’è la
tutela dei figli nati dalle unioni omosessuali». Lo Giudice sta organizzando per il 2 luglio una riunione dei parlamentari gay e gay-friendly con i genitori arcobaleno.

Alla Camera gli fa eco Alessandro Zan, di Sel: «Abbiamo già raccolto un centinaio di firme a sostegno del matrimonio paritario». Paritario in tutto? Compresa la possibilità di adozione? «Parità assoluta. Come in Francia». Beh, in Francia si è scatenato il putiferio: manifestazioni, un suicidio di protesta, un’invasione di campo al Roland Garros, minacce di obiezione di coscienza da parte dei sindaci.

In Italia c’è la senatrice Eugenia Roccella, del Pdl, che avverte: «Avere un padre e una madre è un diritto elementare». Per l’Istat, solo il 20 per cento è favorevole all’adozione per gli omosessuali. Ed è forse l’ultimo tabù che resta. Ma attenzione: la Cassazione ha detto che è «mero pregiudizio» sostenere «che sia dannoso, per l’equilibrato sviluppo del bambino, vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale».

E la Corte europea ha già condannato la Francia per non aver ammesso all’adozione una donna single solo perché lesbica. #Arrendetevi, siete circondati. 

(ha collaborato Stefano Bolognini)

I più letti

avatar-icon

Panorama