Mafia Capitale, quando i politici facevano lo sciopero dello fame con Buzzi
Mentre si attendono nuovi arresti, il Pd Roma viene commissariato e il Comune finisce a rischio
Da sindaco multato a sindaco scortato nel giro di una settimana. Ignazio Marino era finito nel mirino dei mafiosi della Capitale Carminati e soci. Nelle intercettazioni dell'inchiesta Mondo di Mezzo, insulti e minacce al suo indirizzo. Adesso dovrà rinunciare alla sua bici, una perdita per lui “molto pesante”. Che il primo cittadino farà pagare cara, oltre a tutto il resto, a tutti quelli che per mesi hanno tentato di ostacolarlo mentre il Comune era sotto assedio da parte di una banda di criminali neri e rossi collusi con imprenditori, affaristi, finti samaritani e dirigenti politici di destra e sinistra messi a libro paga. Al punto da farne ipotizzare lo scioglimento per infiltrazione mafiosa.
Un oltraggio a tutti i romani e agli amministratori onesti che se potrà essere evitato sarà solo perché, benché in grado di condizionare l'assegnazione di appalti sia da parte del Campidoglio che delle aziende municipalizzate, la presunta organizzazione criminale “Mafia Capitale” non avrebbe avuto la capacità di influenzare “completamente”, e sulla base del potere intimidatorio, le scelte almeno di questa amministrazione. Ci fosse stato ancora Gianni Alemanno, indagato per associazione mafiosa, allora sì, sarebbe stato molto più probabile visto che sono gli stessi membri del sodalizio a dire che, se a giugno del 2013 avesse vinto di nuovo lui, ce l'avevano già “tutti comprati”.
Eppure qualche preoccupazione resta. Non fosse intervenuta la Procura con l'operazione di martedì, nel rimpasto di giunta che stava per compiersi l'ex assessore alla Casa indagato Daniele Ozzimo sarebbe finito quasi sicuramente alle Politiche Sociali e l'arrestato Luca Odevaine, ex vice capo del gabinetto di Walter Veltroni ed ex capo della polizia provinciale, addirittura ai Lavori pubblici. Mentre solo due giorni fa è stato rimosso, con un'ordinanza del sindaco, quel Walter Politano, membro dell'organizzazione, e addirittura capo dell'anticorruzione capitolina.
Per questo adesso il Nazareno ha deciso di blindare Ignazio Marino che, come Panorama.itaveva scritto da subito, anche per Matteo Renzi – che non aveva mai avuto in simpatia il chirurgo dem – è diventato un totem da difendere e portare in giro. Soprattutto quando, nei prossimi giorni – forse addirittura nelle prossime ore – altri importanti esponenti politici anche del centrosinistra risulteranno iscritti nel registro degli indagati. Così, se fino all'altro ieri la tentazione era quella di detronizzare Marino e tornare al voto, adesso l'ordine che arriva dal Nazareno è quello di bloccare tutto, tappare la bocca ai capi corrente del Pd ed evitare in ogni modo il commissariamento della città. Anche a costo di colpire il partito. Una volta costretto il segretario locale Lionello Cosentino alle dimissioni, Renzi ha deciso infatti di affidare il Pd Roma al presidente Matteo Orfini. Guarda caso uno dei pochissimi a non aver sparato sulla croce rossa quando quasi tutti gli altri gareggiavano nel tiro al bersaglio.
Mentre bersaglio di oggi sono diventati i tesseramenti gonfiati, i congressi ristretti a un manipolo di capi bastone, le primarie truccate, con i rom e gli stranieri in fila e i voti comprati con i soldi dei delinquenti. C'è un'intercettazione in cui Salvatore Buzzi, braccio operativo di Massimo Carminati attraverso la sua cooperativa “29 giugno”, dice: “Noi oggi alle cinque lanciamo Marroni alle primarie per sindaco eh! Bisogna votarlo”.Il diretto interessato ovviamente si indigna e denuncia “l'evidentissimo caso di millantato credito”. Ma tant'è.
Nel frattempo nel partito locale, gettatosi da solo nel pantano, ormai va in scena il film del tutti contro tutti. E nessuno ancora che abbia chiesto scusa. Per aver favorito, coperto, taciuto del malaffare che aveva infettato tutto. O anche solo per non aver saputo capire, intuire la pericolosità di certe relazioni; l'inopportunità di certe strette di mano e pacche sulle spalle. Per non aver evitato di partecipare a certe cene, di farsi fotografare accanto a certi personaggi. Di sorridere all'obbiettivo. Addirittura di aderire agli scioperi della fame – come quello del marzo del 2010 promosso dalla cooperativa di Buzzi per protestare contro l'annullamento di una gara per la gestione del verde pubblico con l'appoggio, tra gli altri, dell'attuale vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio, dell'ex assessore Ozzimo e del presidente della commissione ambiente del Campidoglio Athos De Luca - organizzati da chi intanto si stava già mangiando tutto.