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Le "molestie" di Consoli in Veneto Banca

Dalle carte della Procura di Roma emerge un profilo da "dominus" assoluto. E una segretaria denuncia sgradite attenzioni

Un «dominus» assoluto, non solo abituato a gestire Veneto Banca con la spregiudicatezza ormai nota fintanto che ne è stato al vertice, ma capace di esercitare il potere nei modi più spicci anche dopo, grazie all’influenza mantenuta sugli ex dipendenti. È il profilo di Vincenzo Consoli che emerge dalle carte dell’inchiesta della Procura di Roma sul crack dell’istituto di Montebelluna. Si tratta per ora solo delle risultanze dell’indagine iniziata nel 2014 e chiusa nel 2016 su denuncia della Banca d’Italia, in base alla quale non è stato neppure deciso il rinvio a giudizio. Tuttavia gli elementi contenuti in questo fascicolo (di cui Panorama ha potuto consultare alcune parti in esclusiva) sono tali da gettare una luce nuova e ancor più sinistra sulla vicenda che ha bruciato i soldi di 88 mila risparmiatori-azionisti.

La presunta capacità di Consoli di influenzare la banca anche dopo le dimissioni da direttore generale del luglio 2015 era stata richiamata giorni fa della Cassazione. Ma bisogna leggere le carte della Procura per capire di che cosa si parla. Anzitutto le dichiarazioni di una delle sue segretarie che nel novembre 2015 fu scoperta dalla nuova dirigenza a inviare alla mail privata del medesimo Consoli atti riservati su fidi e garanzie di un’azienda. "Detto invio" si è giustificata "è stato dettato dalla paura di una eventuale ritorsione in ambito lavorativo e dall’incidenza del ruolo che il Dottore aveva ancora per me dopo tanti anni di lavoro alle sue dipendenze e della posizione autoritaria che aveva rivestito, congiuntamente alla sua personalità carismatica e persuasiva…".

Ed ecco come la stessa ha tratteggiato l’atteggiamento dell’ex capo negli anni precedenti: "Il dott. Consoli ha manifestato nei miei confronti attenzioni particolari sfociate anche in molestie sessuali, quali abbracci, tentativi di baci in bocca, palpeggiamenti… Nel suo ultimo anno lavorativo in banca, sempre più insistentemente mi invitava a cena da sola, inviti che ho sempre declinato… Il mio costante rifiuto a queste attenzioni significava un suo irrigidimento e un suo comportamento ostile che spesso mi hanno fatto temere di perdere il lavoro. Il dott. Consoli non concepiva un rifiuto, sia che fosse in ambito professionale che umano". Fin qui la difesa della malcapitata segretaria. Ma è interessante anche l’annotazione della Procura, secondo cui "la dipendente, anche di recente ripetutamente contattata da Consoli è oggettivamente esposta al pericolo di ritorsioni".

Altre manovre sarebbero state messe in atto dall’ex ad al momento dell’elezione del nuovo Consiglio di amministrazione, sfociate nel successo a sorpresa di una lista contraria a quella dei nuovi amministratori. "Consoli si è molto adoperato" è scritto ancora nelle carte dell’indagine "a favore della lista Ambrosini, attraverso sollecitazioni personali e telefoniche (non sempre amichevoli), l’organizzazione di riunioni e l’azione di coordinamento di ex dipendenti della Banca e personale tuttora rimastogli fedele". In questo lavorio l’ex padre-padrone di Veneto Banca sarebbe stato affiancato da due associazioni nate in teoria per tutelare i risparmiatori. Si parla dell’associazione Per Veneto Banca (grandi azionisti), "condotta" dice la Procura "da Matteo Cavalcante, la cui famiglia è legata a Consoli da antichi vincoli di amicizia"; e dell’associazione Azionisti Veneto Banca (piccoli azionisti) "guidata da Giovanni Schiavon, anch’egli molto vicino a Consoli, che gli aveva più volte manifestato la propria considerazione con regalie a carico della banca, nonché l’affidamento di incarichi allo studio legale del figlio, all’epoca in cui Schiavon era presidente del Tribunale di Treviso".

Affermazioni che agiteranno prevedibilmente le acque del piccolo mondo delle associazioni per i risparmiatori stangati. L’unica a disporre di queste carte è oggi la Ezzelino da Onara III, il cui Progetto giustizia risparmiatori veneti è diretto dall’imprenditore Patrizio Miatello, dallo studio legale di Rodolfo Bettiol e dal tributarista Loris Mazzon, che si è costituita per tempo in giudizio nel procedimento penale. «Da settimane» dice Miatello a Panorama «stiamo girando mercati e piazze per salvare dalla disperazione il maggior numero di risparmiatori veneti, anche quelli che hanno acquistato azioni prima del 2007». Il passo successivo dovrebbe essere l’avvio di una trattativa con Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Obiettivo: ottenere per i propri associati un risarcimento ben più alto del 15 per cento liquidato nei giorni scorsi a chi ha accettato la transazione offerta dai due istituti.

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Stefano Caviglia