Elezioni: il voto di noi rincoglioniti
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Elezioni: il voto di noi rincoglioniti

Ascolto, osservo e poi voto in libertà. E il M5S proprio non lo reggo, perché al mondo perfetto preferisco quello perfettibile

Io sono un rincoglionito medio. L'ho capito leggendo Alessandro Di Battista quando con i suoi toni pacati ha detto che chi non vota i Cinque stelle è, appunto, quella cosa lì.
Non mi piace generalizzare, ognuno ha la propria storia, non tutto è da buttare, però è vero che i politici italiani si sono impegnati a meritarsi il nostro malcontento.
Dimostrano spesso incompetenza. Ci chiedono di stringere la cinghia ma non rinunciano ad alcuno dei loro privilegi. Pensano tanto al loro presente, poco al nostro futuro. Eppure la Compagnia di Beppe non la reggo. Al mondo perfetto preferisco quello perfettibile, al certo preferisco il possibile.
Tra politica e antipolitica scelgo ancora la prima.

I puri a cinque stelle invece vivono di slogan, basta una critica per finire tra i servi del Sistema. Vogliono rappresentare il popolo con i voti di quattro amici al bar che li candidano sulla piattaforma privata di un signore che vuole anche lui dare il potere al web per poi limitarsi a darlo al suo sito web. Il loro messaggio è: sono tutti sporchi, fidatevi di noi che siamo puliti e li spazzeremo via. Per poi non riuscire a spazzare via neanche i rifiuti dalle strade quando tocca a loro amministrare. Chiamano allo scontro e inciampano negli scontrini. Dietro ogni cosa c'è un complotto, una verità inconfessabile, una congiura plutocapitalista. Gridano contro le clientele ma se piazzano i loro parenti tra i portaborse minimizzano.

Invocano trasparenza ma se li si scopre opachi sporcano con l'ingiuria. Combattono i professionisti della politica ma si dimostrano professionisti dei rimborsi spesa. La campagna elettorale è il momento che mi piace meno della vita politica. La formazione delle liste è un attacco alla diligenza, si promette tutto e il contrario di tutto, si usa il tatticismo da comizianti, gli slogan e le invettive sostituiscono i ragionamenti. Se ci fate caso i grillini sono sempre in campagna elettorale con quel populismo banale e lunare.
Vanno avanti per frasi fatte e generiche, non abbassano mai i toni, il vaffa è una pistola sul tavolo pronta a sparare. Lo fanno per non sporcarsi le mani con la realtà, con le mediazioni, con gli errori, con i tentativi, con i numeri. Con tutti quegli inciampi salutari che aiutano a camminare.

I miei, di inciampi, finora mi hanno portato a non avere sempre un partito preso. Li guardo, i partiti, senza ideologie, con disincanto.
Ascolto, dissento, osservo, mi convinco. E poi voto in libertà. Il mio ragionamento terra terra è: che cosa può essere meglio in questo momento? Sulla base di questo, scelgo. A parte le schede nulle della mia gioventù ribelle e a parte le ali estreme, negli ultimi trent'anni ho votato di qua e di là. Voti di governo, voti di opposizione, voti di minoranza. Ma ridurre la politica allo show qualunquista di un comico è troppo anche per un rincoglionito come me.

[Questo articolo è stato pubblicato su "Panorama" del 15 febbraio 2018 con il titolo: "Noi rincoglioniti"]

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Raffaele Leone