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Ansa/Alessandro Di Meo
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Il Parlamento fermo ci costa 15 milioni al mese

Dal 23 marzo le Camere si sono riunite 10 volte, ma i parlamentari incassano le indennità. In barba alla lotta agli sprechi della politica

"La Camera è eletta a domicilio". È il messaggio che appare sulla homepage del sito della Camera, un po’ come dire “quando ci sarà qualcosa da fare, vi chiamiamo noi”. Così il Parlamento italiano eletto il 4 marzo rimane congelato in attesa che i partiti o il presidente della Repubblica diano vita ad un governo. Nel frattempo i 945 parlamentari della Repubblica rimangono a casa in attesa della convocazione via telegramma.

Intanto i vecchi ministri tutti dimissionari continuano ad operare nello svolgimento degli affari correnti. Se sulle bacheche Facebook di assistenti e collaboratori del governo Gentiloni cominciano ad apparire le prime foto del congedo, c’è chi come il Ministro Carlo Calenda va avanti come se nulla fosse nel suo lavoro.

Ma anche se dal 23 marzo i parlamentari si sono riuniti solo 10 volte per poche ore di lavoro, le istituzioni erogano diarie e rimborsi come se si procedesse a pieno ritmo.

Si tratta di un’anomalia visto che oggi chi sta trattando sulla possibilità di formare un governo ha fatto della lotta agli sprechi della politica un manifesto elettorale.

Oggi lavorano 67 parlamentari su 945

Dei 630 deputati oggi sono pienamente al lavoro in 40, mentre al Senato in 27. Questi 67 eletti sono impegnati nella commissione “speciale” chiamata in via provvisoria per esaminare i provvedimenti urgenti. La commissione rimarrà in carica finchè non sarà possibile avviare il normale iter delle commissioni parlamentari che ancora non sono costituite a causa della mancanza di un governo. Questo perché le presidenze dei 14 mini parlamenti che si occupano di materie specifiche (Giustizia, Esteri, Difesa, Affari Sociali, Cultura…) saranno divise in base alla maggioranza di governo, secondo il cosiddetto "manuale Cencelli" sulla spartizione delle poltrone. Per questo lo stallo di questi giorni si ripercuote anche sull’attività legislativa, lasciando quasi mille parlamentari a casa.

15 mila euro al mese per stare a casa

A casa si, ma pienamente retribuiti per non fare nulla. Così i parlamentari pur rimanendo portano a casa i 3690 euro mensili per le spese di mandato erogati per la metà in maniera forfettaria, ovvero senza alcun obbligo di rendicontazione. Poi ci sono i 5300 euro mensili che sono lo stipendio vero e proprio dei deputati ai quali vanno aggiunti 3500 euro di diaria per il soggiorno a Roma e 3323 euro di rimborso che spetta solo ai parlamentari il cui luogo di residenza disti 100 chilometri dall’aeroporto, mentre se la distanza è più ampia l’indennizzo sfiora i 4 mila euro.

A conti fatti un deputato porta a casa ogni mese circa 15.816 euro anche ora che il Paese è tenuto con il fiato sospeso in attesa che si formi il prossimo governo. E se la situazione dovesse andare ancora per le lunghe i parlamentari in “aspettativa” continuerebbero tranquillamente ad incassare le proprie indennità senza sforzo. Anche perché per ora, oltre a qualche post su Facebook non è che si siano visti molto in giro.

Un gesto che farebbe bene alla politica

Così le promesse e gli slogan si silenziano di fronte ad un bonifico, quando basterebbe un gesto delle presidenze che anziché cancellare i vitalizi con proposte al limite della costituzionalità potrebbero cominciare da se stessi, almeno restituendo la diaria per il soggiorno a Roma finchè il Parlamento non inizierà le sue normali attività.

Un piccolo taglio oggi rappresenterebbe un grande gesto, utile a salvare la faccia ad una classe politica che appare sempre più inadeguata e arraffona.  

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Sara Dellabella