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Giovanni XXIII, patrono dell'Esercito: perché è una scelta contestata

La proclamazione, prevista per il 12 settembre, è stata promossa dalle componenti ecclesiali vicine agli ambienti militari e criticata da credenti e non

San Giovanni XXIII è il papa della Pacem in Terris, la profetica lettera enciclica sulla pace elevata a collante unico per la promozione dei rapporti tra tutti gli uomini al di là di scelte politiche e religiose. È il pontefice del discorso alla luna e della carezza “a tutti i bambini del mondo”, ma anche il padre del Concilio Vaticano II, dell'ecumenismo e delle prime aperture all'ebraismo. Non solo. Da oggi, anche “patrono dell'Esercito Italiano”. Un amaro controsenso, all'apparenza difficilmente accettabile, eppure vero.

Papa Roncalli – non a caso rimasto nell'immaginario collettivo come il Papa “buono” - per antonomasia è stato l'infaticabile fustigatore di guerre, violenze, sopraffazioni e qualsiasi forma di oppressione, della messa al bando della produzione delle armi e della loro commercializzazione. Ora però è stato nominato, a sorpresa, Patrono delle forze armate del nostro Paese.

Il Papa di Pacem in Terris

La proclamazione verrà fatta solennemente il 12 settembre prossimo nel Palazzo Esercito di via XX Settembre, a Roma. Si tratta, però, di una scelta - promossa dalle componenti ecclesiali vicine agli ambienti militari, seccamente criticata da tutti: credenti e non credenti che da sempre vedono a ragione in Giovanni XXIII il papa che ha sempre operato a favore della pace, sia da pontefice (oltre alla Pacem in Terris, nel 1961 un suo appello scongiurò lo scoppio di una terza guerra mondiale per la crisi esplosa tra Usa ed Urss in seguito alla decisione di Mosca di installare missili nucleari a Cuba) che da nunzio (storico il suo intervento con cui durante la seconda guerra mondiale salvò in Turchia migliaia di ebrei in procinto di partire verso Auschwitz).

Poco d'accordo anche i familiari del Papa

Nomina, comunque, che ha preso in contropiede anche una parte dei familiari del pontefice santificato due anni fa da papa Francesco. Come il pronipote Marco Roncalli, giornalista e scrittore, che, pur senza nascondere di essere  “sorpreso”, sostiene che “è una decisione delicata che andrebbe anche spiegata e accompagnata da una strategia pedagogica”.

“Può esserci il rischio – sottolinea Roncalli – di istituzionalizzare dentro l'Esercito il Papa, sottraendogli tutta la sua carica profetica. Per questo capisco chi solleva dubbi e perplessità”. Carica plasmata, in primo luogo, intorno alla promozione giovannea della pace universale, alla condanna delle guerre, degli armamenti e del commercio di qualsiasi ordigno bellico.

I promotori della scelta

Riserve e prudenze che non hanno minimamente sfiorato i promotori della nomina. E così il 12 settembre, in pompa magna, l'Ordinario Militare per l'Italia, monsignor Santo Marcianò, consegnerà la Bolla della proclamazione del papa Buono a Patrono delle Forze Armate stilata dalla Congregazione per il Culto divino al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Danilo Errico. A sua volta, il generale Errico consegnerà la Croce d'Oro al merito dell'Esercito a monsignor Marcianò.

Emanuele Roncalli, un altro pronipote di Giovanni XXIII, terrà una prolusione. Nell'occasione sarà proiettato un filmato sul giovane milite Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Giovanni XXIII, militare di leva, sergente e cappellano militare nella Grande Guerra; e verrà infine scoperto un suo busto.

Con questa scelta, filtra dagli ambienti dell'Ordinariato, “il Papa della Pacem in Terris vigilerà su tutte le forze armate impegnate in missioni di pace e interventi umanitari internazionali”.

Marco Roncalli appare più cauto “pur manifestando tutto il mio rispetto per gli uomini che in divisa servono il Paese”. Ma – puntualizza “voglio leggere la cosa come un esercito nuovo, chiamato davvero al bene pubblico e a presidio della pace. Se penso all'esercito italiano, in coscienza, non posso non pensare a chi rischia di sminare aree inquinate da ordigni, a chi presidia fuori dalle stazioni, dai musei, dai teatri, stadi ed edifici religiosi. A chi opera nelle zone colpite da calamità e a chi fa da cuscinetto tra paesi in guerra. Se si va in questa direzione la nomina ci sta. Certo, se si dovesse assistere da parte dei nostri soldati ad azioni bellicistiche e di offesa sarebbe grave aver proclamato Patrono chi ha scritto la Pacem in Terris, e magari doveva essere invece eletto a Patrono della pace universale e dell'ecumenismo come volevano anche i fratelli ortodossi”.


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Orazio La Rocca