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Età biologica ed età anagrafica. E tu quanti anni hai?

Dalla scienza e dalla medicina sportiva i nuovi criteri per capire se siamo più giovani o più vecchi

Avere 60 anni e sentirsi giovani leoni e leonesse di 40. Averne 30 e portarsi addosso tutto il peso della mezza età. Non sono solo battute: il contrasto tra età anagrafica ed età biologica esiste davvero, è influenzata dai nostri comportamenti più o meno virtuosi e può essere misurata scientificamente con precisione.

Se ne è parlato a Roma, al 36° Congresso nazionale della Federazione medico sportiva italiana (Fmsi), dedicato proprio al rapporto tra stile di vita ed età biologica: medici ed esperti hanno rivelato i nuovi metodi che la medicina ci offre per stabilire con quanta velocità invecchiamo, e per rallentare la corsa cercando di riconquistare, se non altro in parte, la perduta giovinezza. Mettiamo quindi da parte la carta d’identità, perché per ricercare la nostra vera età, almeno in campo medico e biologico, i documenti non bastano. Anzi, spesso mentono.

«Per spiegare la questione in modo semplice» afferma Maurizio Casasco, presidente della Federazione medico sportiva italiana, «faccio sempre l’esempio delle automobili. Due macchine immatricolate lo stesso giorno, e con lo stesso numero di chilometri all’attivo, possono avere performance molto diverse tra loro: una può essere praticamente nuova, l’altra quasi pronta per la rottamazione. Dipende tutto da come sono state utilizzate e curate dai proprietari. Così il corpo: l’invecchiamento dipende, oltre che dai geni, dal nostro stile di vita, dall’ambiente in cui viviamo, da come mangiamo, da quanto movimento facciamo, se abbiamo mai fumato, e da altri parametri».

La questione non è di poca importanza: l’età biologica, al contrario di quella anagrafica, ci dice effettivamente  «quanto funzioniamo bene». Se ci stiamo deteriorando prima del tempo, a livello fisico e cerebrale.  Negli ultimi anni le scoperte, soprattutto nel campo dell’epigenetica (cioè dell’interazione fra geni e ambiente),  sono state continue e hanno consentito ai medici di arrivare a una grande precisione nell’identificare la vera età biologica di ognuno: «Grazie agli studi sui telomeri, le porzioni terminali dei cromosomi che li proteggono dal deterioramento» continua Casasco «siamo ormai in grado di analizzare una serie di parametri del nostro organismo e di capire quanto un individuo sia a rischio di invecchiamento. I telomeri si accorciano ogni volta che una cellula si replica; dopodiché, raggiunta una lunghezza minima, la cellula va incontro alla morte programmata. Quando il numero di cellule che muoiono è superiore a quelle che nascono, l’organismo inizia a invecchiare».

L’analisi dei telomeri rappresenta una frontiera avanzata della biologia: analizzarli prevede procedure costose e complesse, ma a breve, si parla di qualche anno, i risultati potranno essere disponibili anche su larga scala. Inoltre, dagli studi già effettuati, emergono segnali di ottimismo. Spiega Daniela Lucini, direttore della Scuola di Specializzazione in medicina dello sport ed esercizio fisico dell’Università di Milano: «I telomeri, le sequenze terminali del Dna, entrano in gioco nei processi dell’invecchiamento. Diversi studi dimostrano che lo sport, un’alimentazione sana e altri fattori modulano alcuni meccanismi di duplicazione del Dna».

Significa che anche a 70 o 80 anni, cambiando stile di vita, mangiando in maniera equilibrata e facendo esercizio fisico, possiamo rallentare la degenerazione delle cellule. Ma anche senza arrivare ad analizzare Dna e telomeri, esistono metodi e procedure pratiche e molto più semplici per stabilire l’età biologica e per correre ai ripari. I medici sportivi indicano il test che permette di misurare il consumo massimale di ossigeno (VO2max), chiamato anche di «capacità di esercizio». «Il parametro VO2max, detto altrimenti, misura “quanto siamo allenati”» aggiunge Lucini. «Più una persona ha un buon allenamento cardiorespiratorio, più bassa è la sua età biologica. Questo valore è collegato all’aspettativa di vita, al rischio di patologie e alla mortalità, e per noi medici è un parametro molto importante. Per misurarlo si fa un test cardiopolmonare: ossia un elettrocardiogramma da sforzo misurando in contemporanea, con l’applicazione di una mascherina, l’ossigeno che si inspira e l’anidride carbonica che si elimina».

Oltre ai telomeri e al test VO2max, altre conoscenze sono già realtà. A luglio 2018 ricercatori americani dell’Università di Yale (Connecticut) hanno pubblicato uno studio in cui sostengono di poter calcolare esattamente l’età biologica, e l’aspettativa di vita, grazie a un test che prende in considerazione una serie di marker biologici presenti nel sangue: livello di glucosio e di albumina, conta dei globuli bianchi e, soprattutto, particolari modificazioni del Dna.

La patologa Morgan Levine, responsabile dell’indagine, ha dichiarato che questo test può anche «fornire informazioni su cosa sta contribuendo all’invecchiamento, permettendo ai medici di capire chi è a rischio e di suggerire comportamenti e precauzioni contro l’insorgenza di determinate malattie». Una curiosità: dai risultati delle loro analisi è emerso che, rispetto agli uomini, le donne hanno un’età biologica più bassa di quella cronologica; salvo eccezioni, per loro il tempo passa più lentamente. Al di là delle differenze fra maschi e femmine (a questo punto, qual è il vero sesso «forte»?), la disparità tra età biologica e anagrafica, secondo i medici dello sport italiani, dovrebbe essere presa in considerazione anche per altri aspetti della vita quotidiana, oltre che per la salute. «Basti pensare ai parametri statistici e clinici, uguali per tutti, anche per individui con età biologica molto diversa, su cui attualmente si basano le assicurazioni sulla vita o sulla salute al momento di valutare le condizioni fisiche di una persona e la sua aspettativa di vita» riflette Casasco. «A parità di questi parametri, la funzionalità della macchina uomo può essere invece molto diversa».

Si aprono scenari interessanti anche sul sistema pensionistico: durante il convegno di Roma, gli esperti hanno sottolineato come, nonostante le conoscenze scientifiche permettano di valutare con precisione l’età biologica, si continui a definire un lavoro più o meno usurante solo in base alla statistica. «Proprio per questo» conclude Casasco «la federazione di Medicina dello Sport ha avviato un’ampia ricerca su soggetti di 55/60 anni che, a parità di condizioni di vita, svolgono lavori diversi. Questi studi potrebbero rivoluzionare i criteri dell’età pensionistica». Volando con la fantasia, ma nemmeno troppo, potrebbe non essere lontano il giorno in cui, trovandoci in età «borderline» e presentandoci in banca per chiedere un mutuo, potremmo dimostrare con dati scientificamente validati (come la «fotografia» dei nostri telomeri), di avere 20 anni in meno di quanto non dica la carta d’identità.

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Maddalena Bonaccorso