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(Ansa)
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Le nubi nel contratto tra AstraZeneca e l'Europa

I ritardi nei tempi di consegna e nel numero di dosi sul vaccino studiato anche in Italia ha creato una disputa legale, molto delicata

Dopo che AstraZeneca aveva preannunciato notevoli ritardi nelle consegne dei vaccini, la Commissione europea ha esercitato forti pressioni sull'azienda farmaceutica. Il contratto per la produzione, acquisto e distribuzione di 400 milioni di dosi di vaccino anti-Covid, sottoscritto lo scorso 27 agosto, era soggetto a un vincolo di riservatezza. La richiesta di pubblicarlo riflette una strategia che, facendo leva sulla "trasparenza", mira a responsabilizzare l'azienda farmaceutica verso gli Stati Membri e i cittadini dell'UE, tanto più dopo le dichiarazioni alla stampa rese, qualche giorno fa, dal CEO Pascal Soriot.

Soriot, infatti, ha affermato che AstraZeneca si sarebbe solo impegnata a fare il meglio possibile, e pur sempre in misura ragionevole, secondo la formula del "best reasonable effort" (che, in effetti compare nel contratto). E, per giustificare i ritardi, ha ricordato anche che l'UE ha firmato il contratto tre mesi dopo il Regno Unito; il processo produttivo del vaccino sviluppato a Oxford era adeguato per i quantitativi necessari ai test clinici, ed è stato necessario dimensionarlo a livello industriale; infine, la riorganizzazione degli stabilimenti richiede una velocità e implica costi senza precedenti. La farmaceutica anglo-svedese, però, non ha convinto; e certo non l'ha aiutata la notizia – su cui Soriot è stato piuttosto evasivo − che il Regno Unito avrebbe ricevuto un trattamento preferenziale.

La Commissione non si è fatta attendere: ha di fatto "imposto" la divulgazione dell'accordo, precisando che la clausola del "best effort" era stata pensata per attenuare le responsabilità di AstraZeneca finché non fosse verificata la possibilità di sviluppare un vaccino: poteva valere, cioè, solo prima della produzione su scala dei vaccini, ma ora quel momento è stato ormai superato.

A ben vedere, però, il contratto non è chiarissimo: l'art. 5.1 sembra applicare la formula anche alla fase di produzione delle dosi iniziali ("AstraZeneca shall use its Best Reasonable Efforts to manufacture the Initial Europe Doses"). Inoltre, lo stesso "best reasonable effort" richiede un giudizio comparativo: occorre valutare come si sarebbe comportata, nella stessa situazione, una società di dimensioni e con risorse simili ad AstraZeneca; e non sembra che questa sia l'unica ad aver incontrato difficoltà in questo periodo. I periodi di consegna per le dosi iniziali, poi, sono indicati più come stime approssimative che scadenze indifferibili. Certo è che, se i ritardi ci saranno, intanto la Commissione potrebbe sospendere i finanziamenti previsti dal contratto in favore di AstraZeneca.

Difficile da prevedere, in ogni caso, l'esito di un contenzioso legale. Anche per questo, è più probabile che le mosse decisive si giocheranno su altro terreno di battaglia, quello politico e, ancor più, economico. La Commissione potrebbe introdurre obblighi di "trasparenza e autorizzazione" sull'export di vaccini (una misura "protezionistica" per trattenere le dosi prodotte nella UE); o adottare rimedi anche più drastici, come restrizioni alla concorrenza per le case farmaceutiche straniere che operano nel territorio europeo.

contributo dell'Avv. Dario Covucci, partner di LCA Studio Legale e membro del team Life Science.

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