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Ufficio Stampa Imago Mundi
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I Benetton si sentono vittime del Ponte Morandi

Con una lettera pubblicata dai quotidiani la famiglia Benetton si dissocia da quanto accaduto il 14 agosto 2018 a Genova, come fosse colpa di altri

Ieri abbiamo scoperto che Luciano Benetton, il patriarca di una famiglia che ha fatto fortuna con le maglie colorate e ne ha fatta ancora di più grazie a una concessione pubblica, è stato azionista della società Autostrade per decenni, ma a sua insaputa. Anzi, all'insaputa di tutti i suoi fratelli i quali, pur essendo proprietari dell'azienda, non si sono mai occupati né di caselli né di pedaggi, ma soprattutto in tutta la loro vita non hanno avuto a che fare con i ponti e con la manutenzione delle rete viaria.

A fine esercizio, i quattro Benetton incassavano laute cedole da Autostrade, che poi servivano a foraggiare l'intera dinastia, ma senza comprendere come queste venissero generate. Perché l'anziano imprenditore abbia deciso di scrivere una lettera ai giornali un anno e mezzo dopo il crollo del ponte, ci è incomprensibile. Soprattutto fatichiamo a capire perché, per dire una cosa così semplice, ovvero che nonostante la famiglia abbia festeggiato il Ferragosto a Cortina il giorno dopo la strage del Morandi, l'azienda non può essere considerata responsabile né moralmente né patrimonialmente di 43 morti, Luciano Benetton ci abbia messo 480 giorni.

Un anno e tre mesi e mezzo per non scusarsi e nemmeno per promettere di aiutare le famiglie rimaste senza casa e quelle private dei congiunti. Eppure era la cosa più logica da farsi, ovvero chiedere scusa e metterci la faccia, oltre che il portafogli. Nessuna lacrima versata sui poveri corpi senza vita avrebbe ovviamente resuscitato i morti o anche solo alleviato le responsabilità penali di chi aveva mancato di vigilare. Tuttavia, uscire dalle proprie lussuose ville e rimettere piede a terra dopo una vacanza a bordo del proprio panfilo sarebbe stato utile, per lo meno per avvicinare l'azienda alle famiglie delle vittime.

Invece, come tutti ricorderanno, la prima scelta di Autostrade fu quella di negare qualsiasi responsabilità nel crollo. Il ponte era venuto giù da solo, per colpa propria, travolgendo la vita di 43 persone. Nessuna responsabilità dunque poteva essere accollata a chi per anni aveva gestito l'autostrada, incassandone il pedaggio.

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Maurizio Belpietro