Varoufakis Fazio ospite a 'Che tempo che fa'
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Cinquanta sfumature di paraculismo

Fazio, Padoan, Renzi, Istat, Leopolda: l'Italia è piena di un modo sofisticato e inconsistente di interpretare la vita

Confesso che nella mia abissale ignoranza sono rimasto sorpreso di trovare nel vocabolario della Treccani la definizione della parola attorno alla quale ruota questo articolo: paraculo. Eccola, nella forma figurata e non in senso proprio: "Chi sa abilmente e con disinvoltura volgere a proprio favore una situazione, o fare comunque il proprio interesse". Al sostantivo andrebbe aggiunta una declinazione di paraculismo, che invece non trova ancora una sua consacrazione nella Treccani.

Il paraculismo è un modo di essere e di interpretare la vita. Si applica in tutti i campi. Prendete Fabio Fazio: del paraculismo ne è la perfetta incarnazione. È capace di farsi concavo e convesso, di allineare una tale quantità di banalità pur di compiacere l’ospite al punto che lo stesso rimane basito da cotanta inconsistenza. Lo farà per la pagnotta di platino che porta a casa, magari, visto che parliamo di quasi due milioni di euro l’anno. Quella di Fazio è una forma sofisticata e spudorata del paraculismo, capace di spingere il tasto sul dovere della solidarietà e al tempo stesso far pagare a noi 24 mila euro, 1.000 euro al minuto, per intervistare un magliaro come Yannis Varoufakis.

E mentre scrivo dei soldi buttati per Varoufakis la mente va immediatamente ai risparmiatori gabbati dalle banche regionali andate per aria e a una persona perbene che mostra segni di paraculismo malinconico: Pier Carlo Padoan. Se n’è uscito con la trovata degli "aiuti umanitari" da destinare solo "alle fasce più deboli" rispetto all’intera platea che aveva sottoscritto prodotti finanziari astrusi. Padoan ha pronunciato una bestemmia finanziaria oltre a prefigurare una forma di razzismo per cui ci sono truffati di serie A e altri di serie B. Piuttosto che trattare i risparmiatori come mendicanti, dovrebbe rendersi protagonista dell’unica iniziativa giusta: fare piena luce su chi eventualmente non ha vigilato sulle scorribande degli istituti di credito e poi pretenderne la rimozione, al risarcimento del danno non deve pensare il ministro ma i tribunali.

Ma il paraculismo ha come regola aurea quella di scansare il cuore dei problemi. E qui s’avanza il principe: Matteo Renzi. Tacendo delle supercazzole in politica estera è un fatto che, dai dati sulla disoccupazione a quelli sulla crescita asfittica, viviamo un florilegio di paraculismo, una perenne rappresentazione di numeri bugiardi presi a capocchia e dati in pasto dal premier agli italiani manco fossero verità rivelate.

In questo quadro ha dato una pessima prova l’Istat, l’istituto di statistica. Che prima ha fornito con tanto di analisi e commento un numero sul Pil, salvo poi correggerlo in quanto cacofonico rispetto alla narrazione renziana che lo pretendeva più alto. Spettacolo orrendo. Che pretenderebbe le dimissioni immediate del suo presidente. Ovviamente non succederà. Magari farà un salto anche lui alla Leopolda, sintesi sublime del paraculismo dove è sufficiente fare atto di presenza corredato da foto e baciare la pantofola del principino per sperare in un incarico di governo. O per conservarlo, pur essendo inadeguati se non incapaci.

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Giorgio Mulè