La Cina dichiara guerra ai reggiseni provocanti
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La Cina dichiara guerra ai reggiseni provocanti

In una scuola di Zhongshan, punti di penalità e lettere di autocritica per chi ne indossa di neri, in pizzo o leopardati

Dalla Repubblica popolare cinese ogni tanto arrivano notizie davvero sorprendenti, che dimostrano come si tratti di un Paese ancora in transizione fra passato e futuro. Questa volta, a fare alzare le sopracciglia di chi segue le cronache cinesi è un rapporto secondo il quale in una scuola di Zhongshan le studentesse vengano valutate anche in base al colore dei loro indumenti intimi e, in particolare, dei loro reggiseni.

Zhongshan è una metropoli sorta quasi dal nulla attorno a uno dei distretti industriali più operosi delle aree orientali del Paese. Affollata di persone in cerca di fortuna e di un lavoro, è vittima dello sviluppo caotico che ha accomunato tutte le grandi città della regione. Non sorprende che chi detiene posizioni di autorità tenti di portare un po' d'ordine, magari con campagne moralistiche che tentano di riportare il rigore nei costumi che aveva caratterizzato gli anni austeri del maoismo.

Questa volta a provarci sono stati alcuni dirigenti scolastici. Nel tentativo di imporre sobrietà a studentesse che evidentemente considerano troppo disinibite, hanno deciso di punire abbassando i voti quelle che indossavano reggiseni colorati, che attiravano troppo l'attenzione maschile. Pare sia stata addirittura stilata una lista di penalità cui le ragazze rischiano di dover sottostare: due punti di punizione per chi indossa reggiseni neri, tre per quelli con pizzi e merletti e addirittura quattro per i reggiseni leopardati o striati – evidentemente considerati alla stregua di provocazioni estreme. Non solo: le alunne punite sono costrette anche a scrivere una circostanziata lettera di autocritica, in puro stile maoista, spiegando le ragioni del proprio errore e assicurando di non cadere più in tentazione. Solo chi indossa biancheria color pelle scampa alle penalità, presumibilmente perché così riesce a passare inosservata.

La regola non ha destato polemiche, almeno fino a quando i controlli sulle ragazze non sono diventati troppo penetranti e qualche insegnante ha dato prova di effettuarli in maniera non esattamente conforme ai rigorosi principi morali cui le regole erano ispirate. Così le proteste delle alunne che si sono sentite osservate in maniera eccessivamente pruriginosa dovrebbero aver avuto effetto e, probabilmente, per il futuro, regole e controlli saranno destinati a rimanere lettera morta.

 

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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