Il Cav è risorto, gli ex pci risorgeranno in Via Craxi
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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Il Cav è risorto, gli ex pci risorgeranno in Via Craxi

E' un caso ma Berlusconi si riprende la scena politica nel giorno dell'anniversario della morte del leader del Psi

«Silvio Berlusconi è risorto». Parola del «Fondatore» di «Repubblica», il tempio del giustizialismo; il giornale-partito che partorì il processo politico-mediatico-giudiziario. Ovvero, il  verdetto pronunciato attraverso la gogna, prima ancora di quello dei tribunali. Il «Fondatore» è come frastornato. Da grande giornalista, con Lucia Annunziata in tv, deve riconoscere e annunciare la resurrezione del grande nemico, personificazione del male assoluto; da campione dell’antiberlusconismo deve però avvertire che «i tempi sono cambiati, ma in peggio».

I tempi sono proprio cambiati. Il lancio di un paio di uova non è una tempesta di monetine, ombrelli e accendini. Il Cav risorge per una casuale ma altamente simbolica coincidenza storica proprio il giorno del quattordicesimo anniversario della morte, in esilio, ad Hammamet di Bettino Craxi. La vittima sacrificale del giustizialismo. Venti anni fa «la città del male si chiamava Craxi», scrive nel suo libro «Bettino Craxi dunque colpevole» (Rubettino) Nicolò Amato, ex avvocato del premier e leader socialista. Amato che è stato anche direttore del Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e magistrato di prestigio in processi sulle trame terroristiche, confessa di passare ancora «notti insonni» al pensiero di come Craxi fu condannato, «senza prove, solo perché non poteva non sapere». Un po’ sulla falsariga dell’odissea giudiziaria toccata al Cav. Ma l’ ingresso di Berlusconi con tutti gli onori nella tana del lupo Pd ha fatto cadere il muro eretto attorno a un’altra «città del male», quella chiamata Silvio Berlusconi.

 La coincidenza con l’anniversario della morte del premier socialista non è solo simbolica sul piano giudiziario. Ma lo è soprattutto sul piano dell’architettura politica italiana.  Se ancora oggi si tribola per creare uno stabile bipolarismo, la causa sta nella mancanza in Italia, unico paese europeo, di un vero, grande partito socialista. Gli ex comunisti si opposero ferocemente a l’ «l’Unità Socialista». Pensavano di sostituirsi a Craxi, «mandato a morire», come dice Amato (Nicolò). Ma il risultato fu che «l’estraneo» (così si è autodefinito Berlusconi) si intestò anche l’eredità della sinistra moderna, cacciata in esilio. Gli ex comunisti si inventarono «la fusione fredda» (Emanuele Macaluso) del Pd, ovvero ex pci e pezzi della sinistra Dc. Non avevano messo nel conto «il bambino» Renzi che li avrebbe mangiati, e non avevano messo in conto che con le monetine non si cancellano le idee. Le stesse che Tony Blair ammise di aver preso a prestito per il suo New Labour, nel decennale della morte di Craxi. Le stesse, come il presidenzialismo, oggi propugnate da Forza Italia. Stefano Fasssina grida «vergogna» per l’incontro e il patto con «il pregiudicato». Quando lui e i suoi compagni grideranno «vergogna» per le monetine del «Raphael» e per il fatto che ancora oggi in Italia non c’è una via, una piazza intestata all’ex premier socialista che modernizzò l’Italia e la politica, allora avranno un’occasione per risorgere anche loro.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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