Le baby squillo di Roma e gli errori dei genitori
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Le baby squillo di Roma e gli errori dei genitori

Crescere è un percorso che difficilmente si può fare da soli. Si rischia di perdere la propria dignità - I verbali - La legge -

Aurora e Azzurra (i nomi sono casuali), 15 e 16 anni, per gridare quanto il mondo adulto è malato hanno usato il loro corpo. Complice inizialmente il senso poco realistico delle cose, che la Rete può trasmettere a chi non è abbastanza responsabile, non hanno dato alcun peso al loro comportamento che tanto lo fanno anche i grandi. Perché Aurora e Azzurra non hanno “giocato” di fantasia, non hanno fatto tutto da sole saltando a piè pari quel sano confine che dà dignità e valore a se stessi. No, occorreva la “supervisione” di persone in carne ed ossa, uomini, padri di famiglia, ma anche donne, una delle loro madri in primis. E sono affondate nello squallido abisso della miseria umana.

L’inchiesta sul giro di prostituzione minorile nella Capitale si sta allargando come la punta di un iceberg che mostra la sua mole, domanda pesante che non può essere elusa. Dove sono gli adulti? Dov’è lo sguardo materno che abbraccia, l’abbraccio paterno che libera, l’ascolto pulito e pieno di entrambe? Aurora e Azzurra, e quante altre come loro, l’hanno perso prima di averlo avuto. «I figli bisogna essere in grado di accudirli e la modalità dell’accudimento è stabilita nei modi e nei tempi della natura; non è un’opzione, è una necessità». Giuliana Mieli, psicologa clinica di grande esperienza, ha le idee chiare ed esorta ad affrontare la crisi di un “maschile” sofferente, separato dal proprio “femminile”, e viceversa; la crisi cioè dell’essere umano – uomo o donna che sia, – frammentato, in guerra con se stesso, sordo alla propria voce interiore, lontano anni luce dalla propria umanità. La domanda, allora, non è più dove sono gli adulti, ma perché ci siamo ridotti in questo stato. "La repressione e la conseguente incuria dei bisogni affettivi profondi determina un’instabilità emotiva permanente che produce sempre più falsi adulti, incapaci di assumere una responsabilità in qualunque campo esercitino il loro potere".

Che cosa fare, oggi lo sappiamo.

Prendersi cura della propria ferita di bambini, diventarne consapevoli, per quanto doloroso possa essere, senza proiettare bisogni insoddisfatti e frustrazioni su persone più fragili – dal coniuge ai figli, a ragazzine che si concedono, sprezzanti e seducenti oltre ogni limite, mostrando in questo modo la loro ferita a chi dovrebbe ma non sa comprendere. Occorre questo passaggio per diventare padri e madri di se stessi prima che dei propri figli e di quelli che verranno. È un sentiero erto, in certi tratti bisogna essere accompagnati, ma non è impraticabile e anzi in questi anni di cambiamento epocale molti fra noi si sono già incamminati. Forse lo percorreranno anche Aurora e Azzurra, forse incominceranno così a diventare grandi davvero.

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Annalisa Borghese

Di origini lombardo-piemontesi-siciliane, giornalista, una laurea in lingue, due figli, tre saggi pubblicati e tradotti per alcuni paesi europei e del Sud America, diversi programmi culturali curati e condotti per tv regionali e per Rai Radio Due del Trentino Alto Adige, counselor con il progetto "Attraverso la mezza età"dedicato alle donne dai 40 ai 60 anni, da alcuni anni torno a scrivere con l’intento di contribuire alla riflessione sui temi del Femminile e del Maschile e alcuni brani del diario della mia maternità vengono utilizzati dalla regista Alina Marazzi per il suo film "Tutto parla di te".
Sono una romantica realista, convinta che il "conosci te stesso" degli antichi greci sia condizione imprescindibile per sentirsi abbastanza vivi ogni giorno.

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