"Vietnam: la guerra che ha cambiato gli Stati Uniti": un ritratto umano del conflitto
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Televisione

"Vietnam: la guerra che ha cambiato gli Stati Uniti": un ritratto umano del conflitto

Storie personali e riflessioni storiche in una narrazione in arrivo il 31 gennaio su Apple TV+ che esplora cambiamenti sociali e politici di ampio respiro, intrecciando vite segnate da uno dei conflitti più divisivi della storia

Il 31 gennaio arriva su Apple TV+ una docuserie imperdibile: "Vietnam: la guerra che ha cambiato gli Stati Uniti". Narrata dalla voce inconfondibile del candidato all’Oscar® Ethan Hawke (Training Day, Boyhood), questa produzione in sei parti offre una prospettiva intima e unica su uno dei conflitti più divisivi della storia americana, commemorando il 50° anniversario della caduta di Saigon e della fine della guerra del Vietnam.

La serie si distingue per il suo approccio profondamente umano. Combinando testimonianze in prima persona, rari filmati d’archivio e incontri commoventi tra veterani, "Vietnam: la guerra che ha cambiato gli Stati Uniti" si spinge oltre i titoli dei giornali per esplorare le vite dei soldati, dei civili coinvolti nel conflitto, dei manifestanti contro la guerra e dei sopravvissuti. I registi hanno attinto a un vasto repertorio di oltre 1.100 ore di filmati d’archivio, confezionando un ritratto crudo e autentico di un’America lacerata dalla guerra.

Tra le storie più toccanti raccontate nella serie troviamo quella di Bill Broyles, celebre sceneggiatore di Hollywood e tenente di guerra, che si riunisce con un membro del suo plotone dopo 50 anni; Hilary Brown, pioniera come prima corrispondente estera donna di ABC News durante la caduta di Saigon; e Melvin Pender, atleta olimpico e veterano che ha gareggiato nel 1968 tra una missione e l'altra in Vietnam.

Non mancano testimonianze dal punto di vista vietnamita, come quella di una donna Viet Cong che abbatté un aereo nemico e quella di civili che vissero la tragedia della guerra. Attraverso queste storie, la docuserie esplora non solo le esperienze personali ma anche i temi universali di sopravvivenza, resilienza e riconciliazione.



Prodotta dal pluripremiato team di 72 Films, la serie porta la firma del regista Rob Coldstream (John Lennon: Murder Without a Trial) e della produttrice Caroline Marsden (9/11: One Day in America), con la supervisione dei produttori esecutivi David Glover e Mark Raphael. Questa docuserie rappresenta la seconda collaborazione tra Apple TV+ e 72 Films, dopo il successo di "John Lennon: Murder Without a Trial".

Nel corso dei sei episodi, la serie non solo racconta le esperienze personali, ma analizza anche i profondi cambiamenti sociali e politici che hanno trasformato l'America durante e dopo il conflitto. La guerra del Vietnam ha lasciato cicatrici profonde, ma ha anche innescato un processo di riflessione collettiva che ha contribuito a plasmare una nazione diversa e più consapevole.

"Vietnam: la guerra che ha cambiato gli Stati Uniti" è più di una semplice docuserie storica: è un viaggio emozionante nelle vite di chi ha vissuto e plasmato uno dei capitoli più significativi della storia contemporanea. Con una narrazione avvincente, immagini rare e un focus sulle storie personali, questa produzione è destinata a lasciare un segno profondo negli spettatori, offrendo al contempo una preziosa occasione di riflessione e memoria.


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Marianna Baroli

Giornalista, autore

(Milano, 1986) La prima volta che ha detto «farò la giornalista» aveva solo 7 anni. Cresciuta tra i libri di Giurisprudenza, ha collaborato con il quotidiano Libero. Iperconnessa e ipersocial, è estremamente appassionata delle sfaccettature della cultura asiatica, di Giappone, dell'universo K-pop e di Hallyu wave. Dal 2020 è Honorary Reporter per il Ministero della Cultura Coreana. Si rilassa programmando viaggi, scoprendo hotel e ristoranti in giro per il mondo. Appena può salta da un parco Disney all'altro. Ha scritto un libro «La Corea dalla A alla Z», edito da Edizioni Nuova Cultura, e in collaborazione con il KOCIS (Ministero della Cultura Coreana) e l'Istituto Culturale Coreano in Italia.

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