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«La vera emergenza è l’estremismo tra i minorenni, ormai dilagante»

«La vera emergenza è l’estremismo tra i minorenni, ormai dilagante»

Lucio Pifferi, capo dell’Antiterrorismo, avverte che la violenza si diffonde sulle piattaforme di gaming, dove proliferano propaganda jihadista e suprematista. Un terzo degli indagati è minorenne

È entrato in Polizia quando in Italia non era ancora tramontata la follia brigatista. Nella sua Padova si è occupato per anni degli allievi del cattivo maestro Toni Negri. Ha dovuto spegnere i bollori degli Antagonisti capitanati da Luca Casarini, non ancora fratacchione laico. Ma adesso deve misurarsi con emergenze del tutto nuove. Lucio Pifferi, 59 anni, per 12 anni dirigente della Digos patavina e per 9 di quella di Firenze, è il capo dell’Antiterrorismo italiano. Mentre osserva gli acquedotti romani che si scorgono dalla finestra del suo ufficio cita con nonchalance le acqueforti settecentesche di Giovanni Battista Piranesi, ma poi torna alla sua realtà quotidiana. Fatta di dossier sulla minaccia jihadista o sul rischio del momento, la nebulosa dell’eversione minorile, dove il proselitismo si sta diffondendo attraverso le piattaforme di gaming. Oggi è questo il nemico più sfuggente: i terroristi imberbi post ideologici o ideologicamente trasversali. E Pifferi, direttore centrale della Polizia di prevenzione e presidente del Casa (Comitato di analisi strategica antiterrorismo, il tavolo che riunisce forze di polizia e 007) lo sa bene.

Qual è l’emergenza di cui si parla poco?

«La violenza perpetrata dai minorenni. Sono sempre più coinvolti in azioni particolarmente aggressive, non di rado motivate da estremismo ideologico. Tra il 2022 e il 2024 un terzo delle persone coinvolte in operazioni di polizia giudiziaria per reati di terrorismo, odio razziale, etnico o religioso era minorenne. Ragazzi che non sempre provengono da situazioni di disagio famigliare. Le do qualche numero: su 53 destinatari di provvedimenti giudiziari per il contrasto al jihadismo 9 erano minorenni, 39 su 92 nell’ambito delle operazioni che hanno riguardato l’estrema destra».

Cosa accomuna questi giovani?

«L’attrazione per immagini violente e truculente, “gore” come si dice adesso, e la fluidità ideologica, caratterizzata dalla fusione di messaggi tipici della cosiddetta destra suprematista e accelerazionista (cioè che punta a una rapida fine dell’attuale Sistema per sostituirlo con un etno-Stato basato sulla purezza della razza, ndr) e del jihadismo, ma anche dal semplice interesse per le armi e la guerriglia, di fatto prolungamenti dei videogiochi. Il desiderio di mettere in pratica la violenza nasce spesso sulle piattaforme di gaming, dove vengono raggiunti dalla propaganda, soprattutto suprematista e jihadista che si diffonde attraverso le chat di commento alle partite».

Ma come fanno a mescolarsi jihadismo e suprematismo? I bianchi «Wasp» o caucasici che cosa c’entrano con la guerra santa islamica?

«Per capire che cosa stia succedendo non possiamo fermarci alle categorie con cui abbiamo interpretato sino a oggi la realtà. Pensi al caso di Solomon Henderson, un diciasettenne afro-americano che a Nashville ha aperto il fuoco nella mensa della sua scuola. Prima di suicidarsi ha condiviso sui social un manifesto nel quale spiegava la sua adesione all’ideologia suprematista e accelerazionista. Oltre ai classici termini dispregiativi rivolti a culture e razze o ai gruppi Lgbtqi+ conteneva parole ed espressioni che la Generazione Z utilizza per descrivere i propri stati d’animo, come “rekt” che indica qualcuno che si sente distrutto o annientato, “gyatt”, termine che descrive uno stato di eccitazione e divertimento o “alogger”, usato per definire chi è animato da esagerati livelli d’odio. Insomma si passa dall’ideologia all’introspezione».

Il tutto chiusi dentro alla propria cameretta…

«È così. Purtroppo noi non possiamo capire quanto i ragazzi siano influenzati dal mondo virtuale. Una realtà in cui i nostri figli vanno alla ricerca di emozioni sempre più forti arrivando a una dipendenza dall’aggressività».

C’è la fascinazione per la violenza?

«È una condizione emotiva che oscilla tra la noia, la ricerca di eccitazione e la curiosità morbosa per contenuti tabù. Si tratta di sentimenti che si innestano su un’immaturità relazionale e su non rari disturbi psicologici. La violenza è documentata dall’utilizzo di epiteti derisori o sprezzanti, dalla ricerca continua di materiale gore, dalla predilezione per certi generi musicali e sport da combattimento, dall’interesse per le teorie cospirazioniste e l’occultismo».

A unire questi mondi c’è anche l’antisemitismo…

«Esattamente. Ed è in fase di grande espansione a seguito del sanguinoso conflitto in Medio Oriente. L’odio per gli ebrei è un filo che unisce opposti estremismi e jihadismo».

I predicatori d’odio usano meme e video che superano le barriere linguistiche…

«C’è un personaggio, Soyjak, con gli occhiali da vista, barbetta rada la bocca spalancata che rappresenta gli uomini non mascolini. La cosa più inquietante è la serie animata Skibidi toilet, definita dai fanatici come “ariana” e comprensibile solo da chi ha un elevato quoziente intellettivo».

Che cosa è esattamente?

«La prima puntata è stata diffusa su Youtube il 7 febbraio 2023 e durava 11 secondi. La serie ha un’estetica bizzarra e disturbante. Gli Skibidi toilet sono teste cantanti che escono da un water e vogliono conquistare il mondo. Fanno parte di una società multiculturale e si oppongono alla cosiddetta “Alleanza”, composta da personaggi umanoidi con telecamere e schermi al posto delle teste, ovvero a quelli che potremmo definire i controllori. I giovani, mancando un senso esplicito, possono riempire di contenuti quelle immagini. L’autore è georgiano e per qualcuno la serie può essere interpretata come un’allegoria della guerra in Ucraina, ma anche come una sorta di resistenza al dominio delle tecnologie di sorveglianza».

Come fanno gli adulti a bloccare i messaggi veicolati da questo genere di intrattenimento, apparentemente innocuo, che qualcuno ha definito «nichilismo post ironico dello humor»?

«Non è facile, soprattutto con gli strumenti che hanno i normali genitori. La mobilitazione violenta minorile, con motivazioni discriminatorie, ideologico-eversive o anche solo con modalità che emulano azioni terroristiche è difficile da intercettare».

Con quali conseguenze?

«Nel 2024, in Europa, si sono verificati 4 attacchi terroristici compiuti da minorenni su un totale di 26 (18 di matrice jihadista e 8 di estrema destra), che hanno ferito anche mortalmente gli obiettivi».

Il fenomeno dei minorenni violenti quanto è in crescita?

«Un recente studio sulla devianza giovanile ha mostrato che per i reati di omicidio, lesioni, violenze sessuali e rapine, tra il 2021 e 2022 gli under 13 coinvolti sono aumentati del 160% rispetto al 2007-2009, mentre il numero di ragazzi tra i 14 e i 17 anni è cresciuto del 54%. L’età media per commissione del primo reato è scesa vertiginosamente. La metà dei minorenni censiti l’ha compiuto entro i 15 anni».

In Italia ci sono stati due casi che hanno colpito l’opinione pubblica. A Bergamo è stato arrestato un diciasettenne per terrorismo…

«Quel ragazzo ha un padre italiano e una madre africana. A scuola era un allievo modello: un obiettivo perfetto per il proselitismo dello Stato islamico che non si rivolge a tutti, ma punta target precisi capaci di elaborare la propaganda per poi diffonderla».

Il secondo episodio riguarda il quindicenne di Bolzano di origini pachistane che era diventato suprematista…

«In realtà inizialmente era stato affascinato da questa ideologia e poi aveva virato sul jihadismo islamico. Stava progettando uno school shooting, una sparatoria a scuola».

Torniamo ai punti di contatto tra suprematismo e jihadismo…

«Il progetto comune è quello di costruire una nuova società con una gerarchia fondata su criteri razziali molto marcati, ma anche più ordinata a livello morale, in cui i ruoli sono definiti in modo netto. Una società, per così dire, tradizionale che potrà essere instaurata solo dopo che il mondo sarà passato da una fase di caos distruttivo. Uno scompiglio generale che deve preludere a un momento di legge e ordine».

Non è che questi ragazzi sono più che altro affetti da disturbi psichici…

«Certamente la propaganda agisce su soggetti immaturi e senza spirito critico, una condizione tipica della fase di maturazione della personalità. Questi giovani non hanno percezione della definitività dei loro gesti. Spengono il pc, escono e colpiscono, come se fossero dentro a un videogioco. Lo ripeto: le piattaforme di gaming sono sempre più veicolo di diffusione della radicalizzazione».

Lei prima ha parlato di emulazione. Quanto influisce questo aspetto sull’intensità della minaccia?

«Molto, come dimostra la strage di Magdeburgo del 20 dicembre scorso, dove l’attentatore era un cinquantenne saudita “nemico della jihad” che si è lanciato sulla folla come un kamikaze per punire l’Occidente, a suo dire, troppo lassista con l’estremismo. Ma anche il cittadino tedesco con problemi psichici che a marzo, a Mannheim, ha travolto con l’auto decine di passanti non aveva il profilo ideologico del terrorista…».

Come si prevengono tutte queste minacce, comprese quelle più casuali?

«Con l’unità di intenti tra forze di polizia, magistratura e politica, di cui l’Italia è un esempio. A volte scopriamo il pericolo indagando sugli adulti, altre volte grazie all’attività di intelligence dei servizi segreti. La Polizia ha agenti che lavorano sotto copertura e monitorano le chat dei ragazzi. In alcuni casi è fondamentale intervenire con la massima celerità per impedire che dalle parole si passi ai fatti, in altre occasioni possiamo fare indagini più approfondite. Le Procure per i minorenni sono molto sensibili al tema e c’è grande interlocuzione tra noi e loro».

La rapidità di reazione è fondamentale per evitare guai…

«Tutti i segnali di pericolo vanno affrontati subito, con ogni strumento possibile: amministrativo, giudiziario, con le espulsioni immediate. Per noi è un mezzo di prevenzione formidabile la possibilità di rimpatrio con provvedimento del ministro dell’Interno in caso di pericolo dell’ordine e della sicurezza dello Stato. Inoltre possiamo contare anche sulla collaborazione e sulla grande sensibilità al tema della Direzione nazionale antiterrorismo e delle Procure distrettuali».

Contro la proliferazione della propaganda online quali «armi» ha la Polizia?

«Lo sviluppo degli strumenti tecnologici, come i programmi di analisi della Rete e di individuazione del passaggio di contenuti violenti».

La comunità dei maranza, i giovani italiani di origine maghrebina, può essere un serbatoio di futuri terroristi?

«Io li vedo più come un fenomeno di criminalità comune, che adotta linguaggi e codici più del mondo ultrà e trapper che non della jihad. Il loro scopo è esibire beni di lusso, procurandoseli con l’arroganza della sopraffazione. Resta la preoccupazione per un fenomeno comunque allarmante».

E l’estremismo di sinistra?

«In questo momento è meno allarmante rispetto al passato. Rappresenta principalmente un problema nell’ordine pubblico per alcune manifestazioni».

Quindi la stagione del brigatismo rosso è archiviata per sempre?

«Mai dire mai. Però oggi l’eversione di stampo marxista-leninista, con il suo linguaggio polveroso attira poco i giovani. Questi signori usano parole d’ordine e documenti che funzionano meno in un’epoca dove la comunicazione deve essere veloce e colpire come un pugno».

E gli anarcoinsurrezionalisti con i loro comunicati beffardi, come quelli della Federazione anarchica informale?

«Sono sicuramente più tecnologici. Fanno molta propaganda online, ma pure i loro testi sono “pesanti” e non bucano la Rete. Anche perché difficilmente diffondono immagini di violenza, come fanno altri gruppi eversivi. Certo l’antimilitarismo, il possibile ritorno al nucleare, la cosiddetta repressione di cui sarebbero portatori i decreti sicurezza offrono alla narrazione anarchica argomenti favorevoli e non si può escludere che qualcuno pensi di accompagnare nuovamente le proprie critiche sociali con qualche gesto eclatante, come ha già fatto, per esempio, Alfredo Cospito. È fondamentale non abbassare la guardia».

Ci sono gli anarchici dietro al rogo di auto elettriche Tesla avvenuto a Roma e per cui Elon Musk ha parlato di terrorismo?

«Tecnicamente assomiglia a un loro attentato, ma al momento manca la rivendicazione, che solitamente arriva sempre. Per esempio alla facoltà di Scienze delle investigazioni di Narni è stata diramata prima che scoprissimo il loro ordigno, per fortuna inesploso».

Il portavoce di Musk in Italia, Andrea Stroppa, è finito sotto scorta…

«Non possiamo e non dobbiamo sottovalutare alcun segnale».

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