Medici che fuggono dai reparti, Pronto soccorso sempre più in crisi, liste d’attesa infinite e – non a caso – un boom di visite intramoenia. Così i servizi pubblici coprono appena il 15 per cento dei bisogni dei cittadini (nonostante le roboanti promesse del governatore Vincenzo De Luca).
«La salute dei campani è la priorità assoluta» asseriva a fine 2022 nella sua ultima enciclica politica l’arcigovernatore campano Vincenzo De Luca, con il solito piglio di chi si sente sul pulpito. «Sua Sanità», come ormai l’hanno ribattezzato opposizioni e sindacati, tra gennaio e agosto si è però ritrovato con parecchia polvere da nascondere sotto il tappeto. Negli ultimi mesi dal Cardarelli, la struttura napoletana più conosciuta a livello nazionale, sono andati via 40 medici sui 100 previsti in pianta organica. Qui l’emergenza-urgenza a volte arriva a chiudere per sovraffollamento. E anche l’ospedale San Paolo mostra serie criticità, a partire dai tanti pazienti fermi per giorni sulle barelle.
La sanità campana è crollata. Stando ai sindacati, mancherebbero 15 mila operatori sanitari. E non è l’unico problema. Sugli ospedali dell’Asl Napoli 1 la Prefettura aveva inviato segnalazioni per presunte infiltrazioni camorristiche, che sembrano essersi smarrite tra le pratiche del Viminale ai tempi di Luciana Lamorgese. Nella stessa Asl è stato scoperto un buco di 5,5 milioni di euro che sarebbero spariti durante la pandemia, con fatture false e lavori fantasma di cui il manager, Ciro Verdoliva (uomo di De Luca), pare non essersi mai accorto.
Non solo. È stato superato il limite delle visite intramoenia (e il ministero della Salute ha da poco tirato le orecchie a De Luca). I cartelli appesi ovunque negli ospedali per segnalare l’assenza di specialisti svaniscono infatti quando c’è chi può pagare. «Sua Sanità» De Luca allora ha scritto a tutte le dirigenze sanitarie: «Un esame dei dati relativi alle performance del 2022 evidenzia una preoccupante criticità tra le prestazioni erogate in regime istituzionale e quelle in intramoenia. L’evidente sbilancio di cui il Piano delle liste di attesa del governo esige un rigoroso controllo sui temi e sui volumi di queste attività che rischiano di essere sospese».
Le criticità non risparmiano quasi nessun ospedale. Dal San Giovanni di Dio al Ruggi d’Aragona a Salerno (nonostante l’Agenas l’abbia piazzato agli ultimi posti della classifica sull’efficienza degli ospedali, i suoi manager si sono autopremiati con 160 mila euro di benefit per i presunti obiettivi raggiunti), fino al Vanvitelli, nel cuore di Napoli, o al San Pio di Benevento, tutti riversano in condizioni difficilissime causa di servizi inadeguati, reparti da ristrutturare, congestionamento dei Pronto soccorso. Gli ospedali modulari nati in pandemia e costati 12 milioni di euro oggi sono inutilizzati e chiusi. Il bando vinto dalla Manufacturing engineering development di Padova con un’offerta totale di quasi 12,3 milioni di euro è stato oggetto di un’inchiesta della magistratura che ha ipotizzato la realizzazione di meno posti letto di quanti ne erano previsti.
Il servizio sanitario regionale riesce a soddisfare solo il 15 per cento dei bisogni di salute dei cittadini. Così, l’85 per cento delle prestazioni sanitarie viene erogato da strutture private convenzionate. Il segretario di Cittadinanzattiva Lorenzo Latella, però, spiega che i privati «riescono a lavorare in convenzione per non più di cinque giorni al mese». Il motivo? I centri privati dispongono di specifici budget mensili per erogare le prestazioni convenzionate; esaurita la somma, di solito non oltre la prima settimana di ogni mese, si ferma tutto.
E i campani fuggono: la Regione spende 180 milioni di euro l’anno per l’emigrazione sanitaria. Dalla Corte dei conti hanno messo nel mirino proprio i rapporti tra Regione e centri privati: nel 2022 sono fioccate condanne per 10 milioni di euro, e 92 citazioni in giudizio per complessivi 50 milioni. E anche le indagini su medici del servizio pubblico che svolgono attività extra incompatibili non si contano più. I controlli? Uno dei pm contabili, Michele Ferrante, li ha definiti «inesistenti», spiegando che negli uffici della Regione ci sarebbero funzionari «che non sanno accendere il computer». «Attualmente», spiega a Panorama Antimo Morlando, segretario del comparto Sanità pubblica della Fp Cgil, «anche a causa di una rete di medicina territoriale da rifondare, per accedere alle cure si finisce per utilizzare il Pronto soccorso come la strada più facile e gratuita».
Le altre vie d’accesso alla sanità sembrano tutte molto scivolose: «Se si prenota tramite Cup bisogna affrontare mesi in lista d’attesa per un esame diagnostico o una visita specialistica, e l’intramoenia non è per tutti. Restano quindi i Pronto soccorso, dove a causa degli affollamenti la dignità dei pazienti viene calpestata» conferma Morlando. E spesso ci vanno di mezzo i sanitari, sempre più vittime di aggressioni: da inizio anno i casi denunciati sono già 70. «Questo» afferma Morlando «è un altro dei motivi della fuga dei medici dai reparti di emergenza-urgenza». E del fallimento della Sanità di De Luca.
