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Massofisioterapista: lo "stato dell'arte" di una professione che ha fatto la storia della riabilitazione

Nonostante quella del Massofisioterapista sia una professione sanitaria, che da 50 anni concorre alla tutela della salute pubblica in area riabilitativa, sia nel pubblico che nel privato, ancora oggi la figura è avvolta da tanta confusione e incertezza. Quanto al suo inquadramento neppure il recente intervento chiarificatore del legislatore, con la Legge 145/2018, è riuscito a dare un lieto fine alla narrazione. Ma come stanno veramente le cose? Perché ancora tanta confusione? Perché c'è chi sostiene la tesi che addirittura si tratti di una figura che possa esercitare solo al di fuori dall'ambito sanitario, ovvero come mero operatore di interesse sanitario?

Nei 50 anni di storia del Massofisioterapista è stato consentito a questi professionisti di accedere a pubblici concorsi in area sanitaria (almeno fino a tempi recenti), di aprire studi e ambulatori in area riabilitativa, di esercitare la fisioterapia in ausilio all'attività del medico, come e quanto previsto per legge, etc.

Perché i Massofisioterapisti sarebbero stati sottoposti a vigilanza sanitaria, da parte degli Enti e degli Organi preposti, per l'accertamento del titolo e dell'abilitazione all'esercizio della professione ai sensi dell'art.99 del Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265, se non per il fatto che trattasi di una professione sanitaria?

Perché lo stesso Ministero della Salute, su richiesta degli interessati e per gli usi consentiti dalla Legge, ha rilasciato ai professionisti il modello G2, in cui viene specificato che lo stesso abilita all'esercizio della professione di Massofisioterapista ai sensi della Legge del 19 maggio 1971 n. 403 e che soddisfa le condizioni di riconoscimento richieste dall'articolo 13 della Direttiva 2005/36/CE e successive integrazioni e modificazioni?

Il Massofisioterapista formato ai sensi della legge 403/71 è una professione sanitaria!Lo è sempre stata!L'art.1 della stessa legge istitutiva recita testualmente: "La professione sanitaria ausiliaria di Massaggiatore e Massofisioterapista è esercitabile soltanto dai Massaggiatori e Massofisioterapisti diplomati da una scuola di massaggio e massofisioterapia statale o autorizzata con decreto del Ministro per la Sanità, sia che lavorino alle dipendenze di enti ospedalieri e di istituti privati, sia che esercitino la professione autonomamente…".

In Italia sono stati formati massofisioterapisti ai sensi dell'art.1 della legge 403/71 fino a pochissimo tempo fa (l'art.1 della L.403/71 è stato abrogato dall'art.1 comma 542 della l.145/2018).La stessa legge di bilancio 145/2018 al comma 541 dispone "in relazione a quanto disposto dall'art.6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, non possono essere attivati corsi di formazione regionali per il rilascio di titoli ai fini dell'esercizio delle professioni sanitarie di cui alla legge 1° febbraio 2006, n.43". Interessante l'approfondimento del comma 541. Fino al 2018, quindi, le regioni potevano dunque legittimamente formare una professione sanitaria? Perché altrimenti il legislatore sarebbe dovuto intervenire sul punto?

Fino a qui le riflessioni portano a deporre indiscutibilmente a favore dello status di professione sanitaria per quanto attiene il massofisioterapista, riconducibile al pari di tutte le professioni sanitarie, vecchie e nuove, all'obbligo di vigilanza sanitaria di cui all'art.99 del Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265. Molti di loro sono infatti già inseriti nell'albo dei fisioterapisti, in virtù del possesso dei requisiti di equipollenza o equivalenza alla laurea in fisioterapia posti dalla L.42/99.

Qual è allora la questione irrisolta? Il problema resta in capo a chi si è formato dopo l'entrata in vigore della legge 42/99, vale a dire dopo il 17/3/99, pur ai sensi della stessa legge, la l. 403/71, e degli stessi decreti ministeriali, che ne hanno disciplinato programmi, monte ore e profilo professionale. La questione irrisolta colpisce chi da quasi vent'anni esercita "apolide", senza precisa collocazione, in un sistema sanitario riformato, che non sapendo bene dove collocare il massofisioterapista, ha preferito lasciare ai giudici l'onere di dar loro una "casa".

La "patria" che un ramo di giurisprudenza avrebbe identificato è un grosso equivoco, un abbaglio, un contenitore vuoto, definito "operatore di interesse sanitario" (cfr. sentenza Consiglio di Stato 17 giugno 2013 n.3325 Sez. III.), che rientra nelle competenze regionali, e del quale non sappiamo nulla quanto al suo profilo. Dimenticando, in realtà, che esistono sentenze del Consiglio di Stato che invece attribuiscono al Massofisioterapista pieno riconoscimento in merito allo status di professione sanitaria.

A questo mirava, tra le altre cose, la legge di bilancio 2018, con l'aggiunta del comma 4-bis all'art.4 della legge 26 febbraio 1999, n.42, ovvero a consentire alle figure sanitarie legittimamente formate, rimaste escluse da "casa Lorenzin", di poter continuare a svolgere la professione sanitaria di riferimento. A tal fine sono stati istituiti presso gli Ordini dei TSRM e PSTRP elenchi speciali ad esaurimento, incluso l'elenco speciale massofisioterapisti, anch'esso ad esaurimento, ai quali è stato possibile accedere fino a giugno 2020, a condizione che si fosse dimostrato di aver esercitato la professione per almeno 36 mesi negli ultimi dieci anni, anche in maniera non continuativa. Tuttavia, non è stata prevista alcuna norma transitoria che abbia accompagnato quella primaria, nel disciplinare la sorte di coloro che, se pur legittimamente formati, non avessero potuto dimostrare il possesso dei requisiti richiesti, o che fossero ancora in corso di formazione a seguito di corsi validamente attivati.

Ed eccoci di nuovo qui, con la F.I.MFT (AIMTES, AIMFI e AMS) in prima linea, a difendere il patrimonio culturale, scientifico e professionale di una figura storica, quella del massofisioterapista, che oggi vive forse il suo momento più buio, in una sorta di scontro fratricida, tra chi negli elenchi è rientrato, e chi non ce l'ha fatta.

Si riapre l'era estenuante dei ricorsi alla giustizia amministrativa e, di nuovo, si chiederà ai giudici di valutare quale sia l'interesse prevalente da tutelare. Ma questa volta gli interessi in gioco sono quanto mai più complessi.Guai a giudicare la questione sommariamente! Che i giudici si prendano tutto il tempo per ripercorrere e riesaminare tutto il quadro giuridico e normativo degli ultimi 50 anni quanto al tema delle "professioni sanitarie". Che le istituzioni si assumano le loro responsabilità e intervengano con la visione del "buon padre di famiglia", che dovrebbe tutelare, guidare e animare la nostra democrazia. Che le associazioni tutte, come noi, guidino gli avvocati affinché i massofisioterapisti possano documentare sul tavolo dei giudici la loro storia di "professione sanitaria", e affianchino l'ordine dei TSRM e PSTRP nella tutela della legittimità degli elenchi speciali. Che il legislatore si sbrighi a sanare questo pasticcio e a disciplinare tutti coloro che hanno un titolo valido, se pur oggi ancora privi dell'esperienza professionale richiesta.Sia chiaro, non acconsentiremo mai ad un declassamento della figura a "operatore di interesse sanitario "con ripercussioni devastanti e incalcolabili per tutta la categoria, sia dal punto di vista dell'abilitazione professionale, che fiscale, economico e non ultimo dal punto di vista psicologico e morale.

Scenari inaccettabili in un'epoca di emergenza sanitaria che già ci vede a rischio di sopravvivenza e sussistenza!

Riteniamo pertanto che lo stesso principio costituzionale di tutela della sanità pubblica dovrà necessariamente ricomprendere le migliaia di professionisti Massofisioterapisti che da oltre 20 anni operano legittimamente e con competenza in centri e strutture, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di salute pubblica, e alle casse del fisco da bravi e diligenti contribuenti!
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