Kento: "Il mio viaggio in Palestina, l'hip hop per abbattere le barriere culturali"
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Kento: "Il mio viaggio in Palestina, l'hip hop per abbattere le barriere culturali"

Il rapper calabrese presenta il suo nuovo album "Radici" con The Voodoo Brothers e racconta la sua esperienza con l'hip hop smash the wall

"Radici", il nuovo album di Kento & The Voodoo Brothers, è il secondo lavoro da solista per il rapper reggino che per questo progetto ha scelto di abbandonare quasi del tutto i classici campionamenti tipici della musica rap per affidarsi al calore del suono analogico. Il titolo dell'album spiega già bene il progetto: un viaggio che attraversa il rap degli Anni ’80 e ’90 incontrandosi con il cantautorato italiano e la canzone di protesta degli Anni ’60 e ’70, insieme agli echi d’oltreoceano della spoken word e slam poetry/dub poetry più storica. Il sound va indietro nella storia della black music fino al blues del Delta degli Anni ’20 e 30, partendo dalla “musica del diavolo” di Robert Johnson ma senza dimenticare la lezione di gruppi come The Roots, A Tribe Called Quest, De La Soul, Blackalicious, Jurassic Five e di concept come Guru’s Jazzmatazz e Blakroc, l’album del 2009 che vede i Black Keys accompagnare alcuni tra i rapper più noti della scena di New York. Abbiamo parlato con lui della lavorazione di Radici ma anche del progetto "Smash the Wall" che lo ha portato in Palestina insieme ai colleghi Coez, Lucci e Prisma organizzando incontri, jam, concerti e registrando alcuni brani insieme ai giovani artisti locali.

Come nasce la scelta di un disco rap con una band?

La scelta di lavorare con una band non è nata dall'esigenza di fare del crossover ma da quella di esplorare radici della musica afro americana. Il disco è un percorso dentro cento anni di storia, partendo dal rap e andando a ritroso con un omaggio alle radici a cui l'hip hop si rifà, sia musicalmente che socialmente. Si può dire che ho scelto di mandare indietro il nastro, un viaggio nel tempo a partire da quegli anni in cui il jazz e il blues parlavano di razzismo e integrazione.

Come è stata la lavorazione di "Radici"?

Non volevo che questo disco sembrasse una compilation quindi la lavorazione è stata lunga e non facile. E' durata tre anni in cui abbiamo fatto tanti sacrifici per vederci e lavorare insieme. Inoltre puntualmente il contenuto si evolveva in base alle nostre esperienze, girando e suonando ognuno ha portato il suo contributo, novità ascoltate e riproposte, pareri e consigli anche da oltreocenano, è stato molto stimolante.

Quale esperienza è stata portare dal vivo uno show con una band?

È stata un'epifania, fin dal primo momento mi è sembrata una magia. Ci siamo trovati tutti da subito, creavamo architetture complesse in tempo reale. Nei nostri live si è sempre creato un feeling caldo e molto intenso con il pubblico: il tuo umore passa dalla band alla gente, tutto diventa più fisico e sensuale. Quando si suona sul beat il ritmo non può cambiare, in questo caso invece è sempre improvvisazione pura al 100%.

Sei stato in Palestina per un progetto che riguarda l'hip hop e la solidarietà, di che si tratta?

Il progetto si chiama "Hip hop Smash the Wall", siamo andati in Palestina a registrare brani con i rappers locali ma con noi c'erano anche writers, brakers ed è stato girato un documentario. Un'esperienza davvero interessante, sia dal punto di vista sociale che da quello artisitico. La scena hip hop palestinese è molto più giovane di quella italiana ma ciononostante anche molto più matura. Le realtà più integraliste di quelle terre combattono molto il rap perchè lo vedono come una pericolosa sottocultura americana ma non è assolutamente così, in molti lo usano per sognare e combattere, per resistere.

Hai avuto paura, come è stata l'esperienza?

È stata un'esperienza fantastica ho visto come l'hip hop riesce ad abbattere le barriere culturali. Ho conosciuto una rapper giovanissima che vive in un campo profughi, cantando velata. Appena siamo arrivati la famiglia non voleva che partecipasse al nostro progetto, poi hanno capito le finalità. Mi sono fatto tradurre i suoi testi, ho scoperto una realtà incredibile: parlano tutti del rispetto per la donna, dell'amore, della vita in un campo profughi.

Che artisti ascoltano da quelle parti?

L'arabo come lingua viene rappato con metriche molto veloci, quindi tutti vanno matti per artisti che cantano in extrabeat come Busta Rhymes e Twista e cercano di cantare allo stesso modo...

Quali saranno i prossimi passi del progetto "Smash the Wall"?

È in lavorazione l'album con il materiale che abbiamo registrato, l'obiettivo è anche quello di riuscire a portare artisti palestinesi qui in italia ma è una cosa complicata perchè devono passare dalla Giordania e la situazione è sempre molto tesa.

Tornando infine a "Radici", quali saranno i prossimi passi della promozione?

Il prossimo passo sarà l'uscita su vinile a gennaio, una scelta di cui vado molto fiero. Abbiamo avuto un sacco di richieste, poi ci dedicheremo al tour sperando di cantare il più possibile.

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Matteo Politanò