Fattura telefonica
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Tecnologia

Fatturazione mensile: perché la partita potrebbe essere chiusa

Gli operatori hanno ripristinato la cadenza ma non le condizioni tariffarie. Cosa dice la legge (e cosa possono fare i consumatori)

Il ritorno alle bollette mensili sta scatenando una ridda di polemiche piuttosto accese. A far sbottare i consumatori, che tramite l’UNC (Unione Nazionale dei Consumatori) hanno già presentato un esposto al Garante, è l'idea che Vodafone e Tim (Wind/Tre non si è ancora pronunciata circa la variazione delle tariffe) abbiano proposto un ripristino solo formale delle condizioni contrattuali antecedenti all’arrivo della bolletta quadrisettimanale. E di aver fatto passare il messaggio che le variazioni sui prezzi siano collegate agli effetti di una legge (la 172/17 dello scorso 4 dicembre) anziché a una precisa scelta commerciale.

“Far presupporre che nulla cambia e che si tratta di una semplice modifica tecnica legata ad un cambio della legge può indurre il consumatore in errore, falsando il suo comportamento economico, facendogli prendere una decisione che altrimenti non avrebbe preso: restare abbonato a quella società invece che recedere e passare ad altro operatore”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Cosa dice la legge

Ma facciamo un passo indietro. La protesta dei consumatori nasce a seguito della decisione degli operatori telefonici di ristabilire la modalità di fatturazione a 12 mesi. Il nodo della questione sta nel fatto che il ritorno alla cadenza mensile non sia coinciso con il ritorno alle vecchie condizioni tariffarie.

Gli operatori, di fatto, si sono limitati ad applicare la legge alla lettera. “I contratti di fornitura  nei  servizi  di  comunicazione elettronica", questo si legge all’Art. 19 1-bis della legge 172 dello scorso 4 dicembre, "prevedono una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi, ad esclusione di quelli  promozionali a  carattere  temporaneo  di  durata  inferiore  a  un  mese  e   non rinnovabile, su base mensile o di multipli del mese”.


Si stabilisce il quando insomma, ma non il come. Da qui la decisione, discutibile ma legittima, di TIM e Vodafone di modificare il periodo di fatturazione senza però eliminare il balzello tariffario (pari a circa l’8,6% annuo) apportato con il precedente passaggio alla fatturazione quadrisettiminale.

Via la tredicesima (ma la spesa non cambia)

Un esempio aiuta a chiarire meglio cosa è avvenuto in questi due passaggi ravvicinati. Poniamo che un utente disponesse di un contratto da 10 euro al mese con il proprio operatore, pari a 120 euro all’anno. Con la fatturazione a 28 giorni si è ritrovato con una rata in più da pagare (13 anziché 12) nell’arco dei dodici mesi, per un totale di 130 euro, pari a un aggravio annuo dell’8,6% in più. Con il ritorno alla fatturazione mensile, lo stesso utente ha visto sì cancellata una rata (la tredicesima) ma senza guadagnarci nulla sul piano della spesa: il prezzo complessivo è rimasto infatti quello applicato dall’operatore prima dell’ultima variazione (130 euro l’anno).

La maggiorazione è stata peraltro confermata da Tim e Vodafone all’interno della comunicazione inviata via SMS a tutti gli abbonati, sebbene si precisi che “la spesa annuale non cambierà”. Gli operatori partono infatti dall’assunto che le tariffe su cui riparametrizzare l’offerta siano quelle vigenti al momento della variazione, e quindi quelle già maggiorate dell’8,6%.

Cambiano anche le condizioni del servizio

C’è un secondo punto che sta molto a cuore alle associazioni consumatori ed è quello relativo alle variazioni sulle condizioni del servizio, “Vodafone maschera un peggioramento del servizio. Infatti, pur passando la fatturazione da 28 a 30 giorni, restano inviati i Gb, i minuti e gli sms, a differenza Tim che, invece, ha deciso di riparametrare le soglie previste dalle proprie offerte, innalzandole in modo proporzionale”, puntualizza ancora l'Unione Consumatori.

Il Salvagente ha illustrato con un esempio l’oggetto del contendere: chi disponeva di un pacchetto comprendente 5 giga e 1.000 minuti di conversazione ogni 4 settimane, pari a 65 giga e 13.000 minuti l’anno, si è ritrovato - con il ritorno alla fatturazione mensile - con un ammontare complessivo riparametrizzato su 12 mensilità, pari quindi a 60 GB e 12.000 minuti di conversazione. A conti fatti, si sono persi 5 giga e 1.000 minuti di traffico pagando lo stesso costo annuo, ha chiarito il mensile.

Cosa succederà ora

In conclusione. Gli operatori hanno agito in modo legittimo applicando alla lettera le disposizioni di legge. Che, come abbiamo visto, stabiliscono il quando ma non il come (né tantomeno il quanto) pagare una bolletta. A meno che non si ravvisino vizi nella trasparenza della comunicazione, è difficile che l'Agcom possa intervenire nuovamente sulla questione.

Ai consumatori resta la possibilità di recedere entro 30 giorni dalla comunicazione delle modifiche contrattuali. Ma anche la sensazione che fatta la legge si sia trovato il modo di aggirarla, e che che gli operatori abbiano fatto cartello per portare avanti in modo compatto le proprie istanze commerciali.

Forse un aumento tout court dei prezzi - senza passare da escamotage di natura burocratica - sarebbe stato accettato di miglior grado.  

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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