Regioni a statuto speciale, che fortuna nascere a Trento e Bolzano
Economia

Regioni a statuto speciale, che fortuna nascere a Trento e Bolzano

Gli altoatesini e i trentini godono di una serie di privilegi che i vicini veneti (e gli altri italiani) si sognano. In barba all’uguaglianza

di Luca Antonini*

Fra le anomalie del federalismo all’italiana c’è anche l’eccessiva «specialità» di Trento e Bolzano. Sono le uniche due province esenti dalla riforma; dispongono di potere legislativo; la vicenda altoatesina ha sempre trascinato con sé Trento, sebbene nessuna questione internazionale la riguardasse. Hanno, soprattutto, un enorme privilegio finanziario: il pil pro capite è più alto (25.700 euro) che in Veneto (23.200), ma le due ricche province non solo trattengono tutte le imposte statali, regionali, locali, ma sono anche esonerate dalla solidarietà verso il Mezzogiorno.

Una timida revisione c’è stata con il federalismo fiscale, però la loro capacità di spesa rimane cinque volte quella del Veneto, ormai dilaniato dai referendum con cui molti comuni (da Lamon a Cortina) chiedono l’annessione alle ricche province.

In effetti, nonostante la proclamazione in Costituzione del principio di uguaglianza, c’è grande differenza tra un bambino nato e cresciuto in Veneto e uno di quelle province. Non sono affatto uguali: il confronto che segue, dove al posto del Veneto si potrebbe mettere la Lombardia o un’altra regione ordinaria, lo evidenzia. I genitori residenti in quella di Bolzano, con reddito sotto gli 80 mila euro, ricevono per i primi tre anni di vita del bambino un assegno provinciale di 100 euro al mese.

Ai bambini residenti in quella di Trento da almeno tre anni, il dentista (otturazioni, estrazioni, cure canalari) è poi gratuito fino a 15 anni. Se la famiglia è povera (sotto i 12 mila euro annui) e ha almeno due figli, riceve anche un assegno da Trentino e Alto Adige che può raggiungere circa 600 euro al mese. Tutto si cumula con gli assegni di maternità e familiari previsti dallo Stato che sono invece l’unica cosa di cui godono quasi tutte le famiglie venete: l’esiguo «bonus famiglia» regionale è, infatti, concesso una tantum e solo per le famiglie con parti trigemellari o con più di quattro figli.

La discriminazione continua quando il bambino cresce e si iscrive all’università scegliendo di studiare fuori dal Trentino: le province gli garantiscono una borsa fino a 5 mila euro, che ovviamente il Veneto non può permettersi. Quando poi il ragazzo torna e decide di avviare un’impresa, trova il Bengodi: godrà di contributi a fondo perduto (in Veneto non sono previsti) che possono arrivare fino al 40 per cento della spesa sostenuta e di mutui fino a 30 mila euro.

Per le ristrutturazioni aziendali, a seconda del numero di addetti, il contributo può arrivare anche a 3 milioni di euro. Se poi l’impresa è nel settore del turismo, la discriminazione aumenta: per la promozione turistica la Regione Veneto nel 2012 è riuscita con grandi sforzi a stanziare solo 11 milioni; ben poca cosa contro i 53 della Provincia di Trento e gli oltre 60 di Bolzano. Quando l’impresa è avviata, infine, non pagherà l’aliquota Irap del Veneto (3,9 per cento), ma una più bassa: 3,44 nella provincia di Trento o 2,98 a Bolzano, che peraltro intenderebbe azzerarla dal 2013 per cinque anni alle nuove imprese.

Come nasce questa discriminazione? All’inizio, per una vicenda internazionale (l’accordo De Gasperi-Gruber), poi dalla rendita di posizione che sistematicamente i parlamentari della Südtiroler Volkspartei guadagnano nei momenti di crisi dei governi, di destra e di sinistra, quando anche un voto serve per mantenere la maggioranza. L’idea di ristrutturare l’ippodromo di Merano a carico dello Stato nasce, per esempio, nel 2007, quando il governo Prodi iniziava a rischiare la crisi, così come nell’estate 2010 quella di smembrare il consorzio Parco dello Stelvio assegnandone una parte a Bolzano. Man mano i privilegi sono stati blindati all’interno della particolare protezione costituzionale degli statuti speciali e così oggi, dopo tanti anni, l’esito è il profondissimo squilibrio che altera il sistema regionale italiano.

Come rimediare? Nella prossima legislatura sarà necessario, se lo si vorrà fare funzionare, aprire una profonda fase di revisione costituzionale delle molte anomalie del federalismo all’italiana. Dovrebbe essere l’occasione buona.

* presidente commissione Federalismo fiscale

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