Banche: sit-in risparmiatori vicino a Bankitalia
ANSA /Giorgio Onorati
Economia

Truffati dalle banche, parte la corsa al rimborso

I risparmiatori di 11 istituti falliti possono ottenere parte dei soldi investiti. A pagare ci pensa lo Stato con 1,5 miliardi presi dai "conti dormienti"

Con la pubblicazione dell’ultimo decreto attuativo sulla Gazzetta Ufficiale, è partita la grande «operazione rimborsi» dei risparmiatori coinvolti nei crack bancari. Voluto fortemente da Lega e Movimento 5 Stelle quando ancora si volevano bene, il provvedimento permette a una vasta platea di obbligazionisti e di azionisti di recuperare parte dei soldi investiti: come viene spiegato sul sito di Altroconsumo, l’indennizzo è automatico per chi ha un reddito sotto i 35 mila euro o un patrimonio mobiliare sotto i 100 mila euro (elevabili a 200 mila se l’Unione europea lo permetterà). Per tutti gli altri risparmiatori, invece, è previsto un rimborso semi-automatico, ovvero dovranno presentare una domanda a una commissione tecnica di esperti creata ad hoc allegando tutte le prove di avere subito una vendita scorretta di titoli senza rispettare le norme del Testo unico in materia finanziaria. Per chi è in possesso di azioni l’indennizzo sarà pari al massimo al 30 per cento del costo di acquisto delle azioni con un limite massimo di 100 mila euro per risparmiatore. Per gli obbligazionisti subordinati la percentuale sale al 95 per cento del costo di acquisto entro il limite massimo di 100 mila euro per ciascun risparmiatore.

180 giorni

I risparmiatori hanno 180 giorni di tempo per presentare la domanda di rimborso attraverso il sito internet del Fondo indennizzo risparmiatori, creato appositamente presso la società del ministero dell’Economia Consap. Si tratta di una platea di circa 300 mila persone che avevano investito in Banca Etruria, Banca delle Marche, Carichieti, Cariferrara, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca Padovana, Bcc di Pelaco, Banca Popolare delle Province Calabre, Bcc Banca Brutia e Credito cooperativo interprovinciale veneto.
A metterci i soldi sarà ancora una volta Pantalone, ovvero tutti noi: il miliardo e mezzo di euro stanziato dal governo viene preso dai conti dormienti, cioè denaro mai movimentato da almeno dieci anni nelle banche e incamerato dallo Stato. Fondi che avrebbe potuto spendere in modo diverso. Invece, per colpa di banchieri incapaci o disonesti, di politici ciechi o conniventi (dal Pd di Boschi & Renzi in Toscana alla Lega quantomeno distratta del Veneto) deve versarlo ai risparmiatori vittime dei crack, pregando l’Europa di guardare da un’altra parte visto che sembra un aiuto di Stato. «Forse qualcosa lo Stato potrà recuperare dai crediti incagliati che le banche liquidate hanno girato alla società Sga» dice Pietro Guidotto, segretario dell’Associazione soci banche popolari. Ma saranno spiccioli.

Una lunga guerra

In compenso Guidotto è convinto che il rimborso varato dal governo sia per i risparmiatori solo una vittoria parziale di una lunga guerra: «Ci sono due filoni che potrebbero aprire interessanti opportunità: uno è quello delle cause civili contro le società di revisione Kpmg e Pwc, l’altro è quello dei processi fallimentari dove Intesa Sanpaolo, diventata padrona a costo zero della parte sana delle due banche venete, potrebbe essere chiamata a rimborsare i creditori».
E a proposito di processi, se ne stanno celebrando parecchi sul fronte penale. Il 13 settembre a Vicenza ci sarà la prossima udienza del processo contro i vertici della Popolare capitanati da Gianni Zonin: finora sono stati ascoltati una sessantina di testimoni, su un totale di duecento. Per quanto riguarda Veneto Banca, il pubblico ministero ha chiuso la fase delle indagini attribuendo all’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli le maggiori responsabilità. Probabilmente il processo riprenderà in gennaio. Ad Arezzo verrà celebrato il 10 dicembre il processo per falso contro l’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari, l’ex direttore generale Luca Bronchi e il responsabile del risk management David Canestri. Nell’ambito del filone principale, Fornasari e Bronchi sono già stati giudicati con il rito abbreviato e condannati per bancarotta fraudolenta a cinque anni. Bronchi, insieme all’ex presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi e ai suoi vice Berni e Pierluigi Boschi (padre dell’ex ministra Maria Elena) è tra i 17 indagati del filone d’inchiesta sulle consulenze, per alcune centinaia di migliaia di euro, che vennero decise tra giugno e ottobre del 2014 in vista di una possibile fusione di Banca Etruria con un altro istituto.

I più letti

avatar-icon

asoglio