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Economia

Guerra delle tariffe: perché Trump ci guadagna, ma l’America no

Il presidente protegge gli interessi del suo elettorato e mina la leadership economica del paese

Dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno mantenuto un ordine economico costruito sulla credibilità e la coerenza della propria politica estera. Dietro a tutto ciò, c'erano alcuni principi-guida come la consapevolezza che un mondo più prospero è un mondo più sicuro, che il commercio rende le alleanze più forti e che l'apertura premia. Con l’avvento dell’amministrazione Trump, le cose sono cambiateFino a che punto, lo spiega Bloomberg Business Weekche definisce Trump “il bullo dell'economia globale”. Secondo la testata, il presidente usa l'immensa leva del mercato statunitense e i tre trilioni di beni e servizi che gli americani acquistano ogni anno per colpire amici e nemici nella riscrittura di patti commerciali e per offrire trattamenti più favorevoli.

Come reagiscono gli alleati

Il resto del mondo ha risposto concedendo piccoli compromessi o contrattaccando. L’Unione Europea, il Canada e il Messico, per esempio, hanno reagito alle tariffe imposte sull’acciaio da Trump con un aumento dei dazi prodotti di importazione statunitense, ma Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, non ha esitato a definito la mossa di Trump "protezionismo, pura e semplice”. Attaccare i partner storici come la Germania, la Francia e il Canada potrebbe avere ripercussioni economiche, politiche e strategiche di vasta portata. Queste partnership, infatti, sono il fulcro di un ordine economico mondiale, promosso da Washington al termine della Seconda Guerra Mondiale, che ha contribuito alla prosperità globale e al dominio politico ed economico americano.

Perché è una prospettiva miope

Anche la decisione di attaccare la Cina è rischiosa. Uno scontro commerciale tra le due più grandi economie del mondo, infatti, avrebbe conseguenze sul commercio globale. E’ vero: la Cina è stata un partner commerciale particolarmente povero, che ha rubacchiato la tecnologia degli Stati Uniti, bloccando l'accesso al mercato per le società statunitensi e sovvenzionando pesantemente le industrie concorrenti. Più in generale, la produzione di prodotti economici ha costretto migliaia di fabbriche statunitensi a chiudere negli ultimi vent’anni. Ma quando i funzionari di Pechino hanno minacciato ritorsioni ai dazi proposti da Trump, altre questioni critiche per il futuro della competitività degli Stati Uniti, come la protezione della proprietà intellettuale e le politiche industriali che distorcono il mercato in Cina, non sono state prese in considerazione.

Il tornaconto di Trump

Trump e i suoi consiglieri sostengono che il loro obiettivo è quello di rendere il commercio "equo" e impedire al resto del mondo di trarre vantaggio dagli Stati Uniti e danneggiare l'industria americana. Ma la verità è che Trump sta manovrando per aiutare e proteggere un piccolo numero di industrie - acciaio, automobili, agricoltura ed energia - che dominano negli stati che hanno votato per lui. Insomma, per consolidare la sua base politica e premiare i suoi sostenitori, il presidente americano si sta comportando in un modo molto simile alla Cina, perché usa il potere politico per manipolare il commercio a favore di interessi speciali.

I nuovi scenari possibili

Trump aveva la possibilità di continuare a lavorare con gli alleati storici per cercare di spingere la Cina a cambiare le proprie pratiche commerciali. Invece, la sua posizione ha offerto a Pechino la possibilità di ritrarre Trump come il problema nel commercio mondiale. Contestualmente, dopo aver abbassato le tariffe su una gamma di prodotti, dall'abbigliamento agli elettrodomestici, la Cina emerge come un partner commrciale responsabile che, a questo punto, si insinua fra gli Stati Uniti e i suoi alleati. E’ in questo spazio lasciato libero da Washington che l'intero ordine globale potrebbe sgretolarsi e lasciare spazio a una Cina dominante.

Per saperne di più:

- Trump e il G7: il bullo che vuole destabilizzare il mondo

- Cina contro Usa: le mosse di Xi che hanno spiazzato Trump


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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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