Dialogo fra sardi, ubriachi di cultura
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Dialogo fra sardi, ubriachi di cultura

A cena con lo scrittore Marcello Fois, lo stilista Antonio Marras, la produttrice Valentina Argiolas e il musicista Paolo Fresu. Tutti uniti dal "collante della sardità"

Lo Scrittore dice che ad accomunarli è "la stessa consistenza". Lo Stilista parla dell’isola guardandola dalla città natale, Alghero, che è "un’isola nell’isola, io sono mare-mare, gli altri sono sardi". La Produttrice ascolta e poi svela che "portare la Sardegna nel mondo è il senso di tutto". Il Musicista, che ha un orecchio speciale non solo per la sua tromba, ammette che se ognuno di loro parlasse il proprio dialetto non si capirebbero. Sarebbe un dialogo fra sordi, che poi sono sardi, quattro, e con cognomi famosi. A sentirli ragionare della regione natia viene da pensare ai sugheri loro: la corteccia porosa e spessa, le radici giù nel profondo. Al vento, dentro la terra: global e local, tutti e quattro.

"Si dovrebbe parlare di Sardegne. Siamo tutti diversi perché in uno spazio piccolo abbiamo dovuto ricostruire un continente. Si mangia, si balla, si parla, si pensa in tanti modi da noi" ricorda lo Scrittore, che di nome fa Marcello Fois, ha una decina di premi letterari nel suo curriculum, romanzi, sceneggiature, persino un libretto d’opera. Lo Stilista minimizza la sua notorietà: "Io sono prestato agli stracci", ben sapendo che Antonio Marras non è solo ciò che ha scritto sul passaporto, ma un marchio moda che viaggia nel mondo. La Produttrice arriva dal Cagliaritano, il suo cognome è stampato su migliaia di bottiglie, Argiolas, e Valentina è il nome; è stata lei a "convocare" gli altri per uno dei suoi vini (il Turrica), tre bicchieri (il massimo riconoscimento), premi, aste e ora un cofanetto per festeggiarlo: "Abbiamo sempre desiderato di creare un grande vino che rappresentasse la Sardegna nel mondo. Radicato, ma libero dal pericolo di finire fra i vini sardi 'imbevibile perché troppo forte'". Il Musicista, una divinità del jazz, fa 200 concerti l’anno, è andato ovunque, ha mischiato jazz con musica etnica, world music, contemporanea, si chiama Paolo Fresu, vive fra Parigi e Bologna, ma quando ha voluto organizzare un festival è ritornato sull’isola e dal 1998 Time in jazz vede approdare i grandi del palcoscenico a Berchidda, un paesino di neppure 3 mila anime che nessuno prima di allora conosceva. Spiega: "Con internet siamo tutti collegati. I centri delle città si assomigliano tutti, siamo globalizzati e allora è il luogo di chi inventa un’estetica che fa la differenza".

Fois dice: "Quando vedo i vestiti di Marras riconosco molto di quello che scrivo e così per Paolo: sento il suono di casa". "C’è questo collante della sardità che non te lo scrolli di dosso neanche a piangere. Mi è capitato di disegnare collezioni ispirandomi al Giappone e tutti hanno sentito aria di Sardegna". "Io suono quello che mi passa per la testa, eppure alla fine di ogni concerto arriva uno che dice 'Ah, si sentiva la Sardegna', oppure 'Sono sardo anch’io'". Fresu non molla la nota, tira dritto, ricorda l’ultima volta che è stato a New York, al mitico Blue note: "Non mi davano un bicchiere di vino neanche per sbaglio. Me lo sono andato a comprare. Quattro bottiglie di Argiolas". Sapore di casa.

La madre di Fresu del resto si portava persino il sale dalla Sardegna quando metteva piede sul continente. Perché non si fidano di nessuno i sardi, neppure dei prodotti altrui: uno dei tanti cliché, al pari della loro spigolosità o dell’ospitalità oversize se ti annoverano fra gli amici. "Al limite dello stalking" è una battuta di Geppi Cucciari, altra sarda famosa. Altri tratti caratteriali diffusi identificativi come le sopracciglia folte, lo spirito vendicativo, o più blandamente l’arte di ricordarsi di non dimenticare; la sintesi come abito lessicale, se non il silenzio; la propensione alla teatralità.

Tutti pregiudizi, luoghi comuni? Fois ricorda l’arrivo in casa della vicina ad aggiornare sull’ultimo lutto: "La nostra quotidianità prevede i portatori di tragedia. La dimensione scenica ci è naturale". "La sfilata unisce molte discipline spettacolari": è la bandierina che è riuscito a mettere Antonio Marras sull’atlante delle arti, dopo avere inseguito da ragazzo il cinema, la sua passione.

Vista dal mondo che girano per lavoro, la Sardegna sembra ai quattro nativi un regalo di intimità lontane, di suggestioni artistiche: "Per questo ho voluto un cofanetto tutto sardo, dal vino al piccolo libro, al disco contenuti, vestito da uno stilista di Alghero" spiega Valentina Argiolas. "La Sardegna è un teatrone incredibile con i suoi riti, le culture diverse. Io cerco di portarmi appresso quello che è possibile e di metterlo in rete" confessa Fresu.

Local, global, di nuovo: è la partita dei tempi nostri. Anche per il turismo, con i russi, i cinesi e gli arabi che stanno comprando costa e ville. Marras scatta, difende la sua isola: "Non è un problema della Sardegna. È quanto sta succedendo ai luoghi che sono status. Ricordo una cena durante la quale è stata venduta una villa sul Lago di Como in mezz’ora. Era un affare, bellissima e unica. L’intermediario la fece vedere su un dépliant e il magnate russo presente staccò l’assegno per fermarla". Fois, cuoco provetto, si candida per una cena futura a quattro (e si sa cosa berranno): "Chiunque venga da una cultura radicata, è stiloso. Le radici non vanno usate come mezzo retorico o versione proloco. Sono cosa preziosa".

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Stefania Berbenni