Belle storie di imprese che ce l'hanno fatta
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Belle storie di imprese che ce l'hanno fatta

In un volume le storie delle medie aziende italiane che hanno superato la crisi. Con fantasia e infinito coraggio.

E' una delle domande più interessanti e che ha ricevuto meno risposte da quando la Grande Crisi ha investito il Paese. Ma gli imprenditori italiani, quelli che "ce l'hanno fatta", come hanno fatto? Quali meccanismi, quali innovazioni, quali strategie hanno adottato? Leggendo “Come le medie imprese di successo hanno superato la crisi” (Franco Angeli editore, 188 pagine 23 euro) ci si accorge che gli imprenditori italiani hanno due risorse inesauribili: la fantasia e il coraggio. Chi è riuscito intrecciare questi due elementi è riuscito a passare dall'inferno di un’economia in picchiata al paradiso di una ripresa. Ecco: Salvatore Garbellano, docente di Modelli Organizzativi al Politecmnico di Torino e autore del libro, risponde proprio alla domanda: come hanno fatto?

I casi aziendali sono moltissimi e, cosa che rende questo libro ancora più interessante, molti dei casi raccontati non riguardano solo grandi società, nomi conosciuti, ma proprio quelle medie imprese che nessuno conosce, che raramente finiscono sulle pagine dei giornali ma che rappresentano il "corpo intermedio" tra la multinazionale e la fabbrica a conduzione famigliare. Per esempio: la Nuncas: produce prodotti per la pulizia della casa, i suoi prodotti costano tra il 20 e il 30% in più rispetto a quelli della concorrenza e li vende attraverso un canale distributivo che tutti avevano dato per spacciato, cioè i piccoli negozi. E ha funzionato. Archetipo: è un’azienda friulana specializzata in abiti da cerimonia maschili e, per reagire al calo delle vendite, ha deciso di creare una linea di vestiti ecologici, più costosi, realizzati in fibra di mais o riso. La Carpigiani, leader mondiale nella costruzione di macchine per il gelato, ha messo in rete li suoi prodotti più innovativi in modo da verificare da remoto il loro funzionamento. E gli esempi potrebbero continuare ancora, ma quello che resta dopo la lettura è che il patrimonio dell’Italia industriale sono, innanzitutto le persone che fanno l’impresa. E che è a loro che la politica deve guardare, superando, una volta per sempre, le piccole lobby di potere che difendono il passato.

 

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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