50 anni di Cristina D’Avena
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50 anni di Cristina D’Avena

La regina dei cartoni animati compie 50 anni, in un libro l’omaggio di 12 scrittrici

Il 6 luglio Cristina D’Avena compirà cinquant’anni.Chi se lo sarebbe mai immaginato? Se Laurana non avesse pubblicato Cristina D’Avena, 50 anni di sogni , a cura di Gabriele Dadati, non se ne sarebbe accorto nessuno e la cantante avrebbe continuano a occupare il nostro immaginario con tutta la freschezza dei suoi diciotto (diciannove? suvvia, non più di venti) anni. Chissà cosa organizzeranno nella sua Bologna.

Una carriera, la sua, che comincia nel 1968 ad appena tre anni e mezzo. È la decima edizione dello Zecchino D’oro e Cristina canta sul palco dell’Antoniano Il valzer del moscerino (battuto in finale da Quarantaquattro agguerritissimi gatti, la storia è impietosa). Da lì l’arruolamento nel coro dell’Antoniano e poi, al liceo, l’approdo a Mediaset come interprete della sigla di Pinocchio. 80 album, 700 canzoni e milioni di copie vendute più tardi, è tempo di festeggiare la regina del pomeriggio dei bambini.

Per chi, come il sottoscritto, è figlio della TV commerciale degli anni ’80 la voce di Cristina D’Avena è molto più di qualche semplice sigla. Fra i ricordi ci sono i viaggi in macchina con le musicassette dei cartoni (e i genitori prossimi all'esaurimento nervoso), i primi walkman, le merende con gli amici di scuola, i primi vaghi impulsi erotici (ammettiamolo, chi di noi non si è innamorato di Cristina D’Avena almeno un po’), c’erano anche i “da grande sarò James Bond Junior” (James Bond Junior, neanche James Bond), i terribili cori scolastici e la convinzione che cantare facesse del mondo un posto pieno di gioia (molto prima che chiunque di noi si appropriasse del pudore e raggiungesse una vaga consapevolezza delle proprie capacità). C’erano i giocattoli e le storie inventate nella testa.

Poi tutto cambia. In un’intervista alle Iene Uan (il pupazzo di Bim Bum Bam) dichiara di aver avuto problemi di droga e gioco d’azzardo, il fucsia smette di andare di moda (grazie al cielo), l’edonismo degli anni ’80 esaurisce la sua forza propulsiva, si dichiara guerra al cibo spazzatura, i cartoni animati (e quindi Cristina) entrano a far parte dell’immaginario queer, ai concorsi canori per bambini carini si affiancano i talent per gente strana. Infine siamo cresciuti, e Cristina D’Avena ha lanciato una linea di scarpe da ginnastica uomo/donna (che si chiamano My heart shoes).

Ma l’influenza di Cristina sul nostro immaginario è ancora viva. Se lei non avesse sdoganato il cosplaying indossando i panni di Licia, nella serie tv che Mediaset produsse dopo il successo del cartone animato di Kiss me Licia, oggi Lucca Comics andrebbe deserta. Se non avessimo ascoltato 700 canzoncine con rime come verrà-tutta tuà, le meravigliose rime realtà-verità dei Baustelle ci sembrerebbero insopportabili. Senza ore e ore di Occhi di gatto, Prince Valiant, Lady Oscar, Candy Candy e L’ispettore Gadget il nostro modo di guardare al mondo sarebbe diverso (meno gatto, meno aristocratico, meno queer, meno capellone, meno Wired). Non avremmo la baby dance e i nostri figli, la sera, durante le nostre adultissime vacanze, non andrebbero a letto presto esausti.   

Mielosa, ironica, infantile, mai vacua, piena di intenzione (come la definisce benissimo nel libro Irene Chias), Cristina D’Avena è la madrina (non dichiarata) di quella generazione hipster nata negli anni ’80 che ha fatto dell’innocenza e della ricerca di un’immaginaria autenticità i suoi valori più alti. Le dodici scrittrici chiamate a raccolta da Dadati lo sanno e le rendono omaggio ognuna a modo suo: c’è chi parla di sé, dei propri figli, dei propri sogni, dei propri ricordi, chi scrive fan-fiction e chi fotografa il nostro tempo. Strano che nessuna si provi nel racconto erotico (ma forse la stranezza sta ancora una volta tutta nel sottoscritto).

L’eredità che Cristina D ci ha lasciato è così: composita, variegata, un po’ Christiane F. (per chi da quegli anni ’80 non è uscito proprio benissimo), un po’ Mel C (per chi in quegli anni '80 ha preso la rincorsa per i '90), un po’ pink-goth un po’ fitness, lisergica e casereccia, Romagna magica e provincia cronica, Rimini e Giappone. A ognuno la sua Cristina, a ognuno i suoi ricordi.   

@giuliopasserini

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Giulio Passerini