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Inter, primo passo verso Istanbul

Inter, primo passo verso Istanbul

Dominio nerazzurro nell’andata della semifinale Champions League ma il Milan resta in piedi, salvato da un palo e tanti errori. Pioli ha sei giorni per ribellarsi al destino, Inzaghi per sognare la grande rivincita

L’Inter esce dal primo Euroderby con mezzo passaporto per Istanbul timbrato. Ha meritato e vinto, trascinata dalle reti di Dzeko e Mkhitaryan nei primi 300 secondi del match e poi protetta da una superiorità sparsa qua e là in tutto il match. Che è stato intenso ma sbilanciato, a tratti molto più simile ai derbi di gennaio e febbraio, quelli del periodo della grande depressione rossonera, che a tutti gli altri confronti tra Inzaghi e Pioli. Vent’anni fa il risultato dell’andata aveva rimandato il verdetto al ritorno, dove poi aveva fatto la differenza il gol fuori casa di Shevchenko. Ora la regola è cambiata, il Milan ha ancora un filo cui appendersi per immaginare il ribaltone ma è un filo sottile. Ci sarà Leao, il grande assente: se non si presenteranno anche gli altri non è detto che basti.

I nerazzurri escono da San Siro pieni di speranze e rimpianti. Hanno a lungo dominato e per ampi tratti controllato la partita, superiori tatticamente, fisicamente e tecnicamente. E però non hanno chiuso la pratica, è mancato il colpo del ko, quello che avrebbe reso una formalità il ritorno di martedì prossimo consentendo al popolo nerazzurro di avviare le pratiche per il viaggio a Istanbul. E’ mancata lucidità sotto porta, forse anche la cattiverai di insistere nel cercare di evidenziare tutti i limiti dell’avversario che poi è stato bravo nel provare a rimettersi in piedi nell’unica fase del match in cui è riuscito a sfondare le linee nerazzurre.

Quanto peseranno il palo di Calhanoglu, gli errori di Dzeko e Gagliardini e tanti ultimi passaggi sbagliati? La risposta dopo il ritorno dove Pioli dovrà, però, ribaltare l’inerzia di una sfida in cui il Milan è stato assente, tradito dai suoi uomini migliori, svuotato di energie e intensità. Non è mancato Leao, il cui forfait è stato ufficiale a metà pomeriggio dopo una mattinata trascorsa nella speranza di recuperarlo: sono mancati tutti gli altri con qualche rarissima eccezione. Un baratro dal quale sarà difficile risalire e la possibilità è legata solo al fatto di essere al cospetto di una squadra che la resilienza l’ha impressa nel suo Dna.

Note a margine: in campo tanti giocatori apparsi non del tutto a loro agio in una semifinale di Champions League. Qualcuno a sorpresa, altri no. Serata storta anche per Gil Manzano, arbitro spagnolo che ha scontentato un po’ tutti e che negli episodi è stato rivedibile: ha fischiato un rigore su Lautaro Martinez che non c’era e il Var gliel’ha fatto togliere omettendo però di intervenire nel finale quando Krunic ha maltrattato Bastoni rischiando penalty e rosso.

C’è poi il capitolo Inzaghi. Venticinque giorni fa usciva da San Siro sotto il peso dell’undicesima sconfitta in campionato, accompagnato dal messaggio che nemmeno arrivare a Istanbul gli sarebbe stato sufficiente per avere un futuro sulla panchina nerazzurra. In meno di un mese ha ribaltato il suo mondo e adesso è a un passo dal prendersela, quella finale, per poi tirare una riga e decidere cosa fare. Se sue erano le responsabilità quando l’Inter imbarcava acqua, suoi sono i meriti ora che la sua squadra è sbocciata con la primavera. Manca ancora un tempo al match con il Milan, altre quattro giornate per sigillare un posto nella prossima Champions League, un viaggio a Roma per provare a rivincere la Coppa Italia e poi chissà. No, non sarebbe stata fallimentare la sua stagione nemmeno se oggi si trovasse nella scomoda posizione di Pioli e figurarsi se lo è adesso. L’uomo del momento è lui. Tra sei giorni deve chiudere il conto e sedersi sulla riva del fiume.

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