Scontri tra bande e agguati postati sui social, con la colonna sonora che fa il verso a quella delle periferie Usa. La violenza giovanile, non solo di ragazzi immigrati, cresce nella città-vetrina.
«Piangevano». Davanti ai carabinieri che li interrogavano e ai pm di Milano che li mettevano di fronte a menzogne e contraddizioni, loro piangevano. Non succede neanche in West Side Story e non si trattava di baby gang: dei nove arrestati a fine luglio per sequestro di persona, rapina e lesioni aggravate solo uno aveva meno di 18 anni. Ma nessuno ha postato le lacrime su Instagram, le migliaia di follower adoranti dietro le gesta delle bande di rapper che si contendono il territorio attorno alla metropoli continuano a credere di avere a che fare con dei duri. Il fenomeno della violenza rapper è esploso. Da una parte Simba La Rue, vero nome Mohamed Lamine Saida, 23 anni, residente a Merone (Brianza); dall’altra Baby Touché, di Padova, in realtà Mohamed Amine Amagour. Molto (non tutto) ruota attorno a loro e alle loro note tossiche: violenza, sesso e droga nei testi, catene d’oro, orologi da 20 mila euro minimo, la prepotenza delle periferie di Manhattan o di Baltimora scimmiottate dai film in Tv.
La storia racconta di ragazzi senza identità né orizzonti, che grazie alla musica sono usciti dall’emarginazione per entrare nella terra di mezzo fra arte, bullismo e criminalità. Se si scatena la faida non ci sono alternative alla rissa in piazza, con coltelli e pistole. Il teatro è il quartiere di San Siro, dove la Milano da derby diventa un suk multietnico in cui neppure la polizia entra. L’impresa più muscolare è stata il rapimento di Baby Touché da parte della banda La Rue, con botte riprese con il telefonino e postate sui social per mostrare chi comanda. Nessuna denuncia, anzi l’aggredito ha spiegato: «Abbiamo inscenato una finta faida per fare spettacolo e farci pubblicità. I video sono stati messi su Instagram da me e da quelli che erano in auto con me. Mai stato in pericolo». Sintesi: non sono un infame. Qualche tempo dopo a Treviolo (Bergamo) Simba la Rue è stato ferito a colpi di coltello sotto casa della sua ragazza. Sui social è stato scritto che era una vendetta di Baby Touché, ma lui ha risposto: «Io faccio musica, non la guerra».
Per il gip Guido Salvini il fatto che quest’ultimo non abbia denunciato il rapimento fa parte di una strategia: «Menzogne finalizzate a non fare emergere l’esistenza di una faida tra bande. I due gruppi agiscono in una continua sfida tesa ad alzare sempre la posta in gioco. Le continue ed improvvise ritorsioni sono ormai fortemente pericolose per la sicurezza pubblica».
Le gang che agiscono attorno a Milano sono 13. Ci sono le due bande della movida che operano alle Colonne di San Lorenzo e sui Navigli; specialità: rapine per strada e risse nei locali. Sono la Gang Duomo e la Barrio Banlieue. Numerosi nordafricani. Poi ci sono i trapper Gangsta 7 Zoo, che si incrociano fra Baggio e San Siro. Italiani e arabi, si esibiscono in pestaggi a City Life e all’Arco della Pace, si atteggiano a malviventi delle periferie americane dipinte da Hollywood, con il rapper Neima Ezza per idolo.
Sullo stesso piano la Ko Gang, minorenni italiani, marocchini ed egiziani che seguono il cantante El Kobtannn. Specialità, risse da bar. Gli Z4 Gang sono simili e hanno il quartier generale a Corvetto. È ancora molto popolare il rapper Baby Gang (Zaccaria Mouhib, 20 anni), arrestato e poi rilasciato per rapina: 600 mila follower, un esercito.
Mentre il sindaco Beppe Sala si nasconde dietro l’allarmismo altrui («È paranoia securitaria della destra»), loro mostrano i muscoli. L’ultimo show, nel quartiere cool di Porta Venezia: botte e coltellate, Simba La Rue ferito e una ragazza accusata di aver adescato i rivali per tendere la trappola. È la ventenne Sara Ben Salha, nata a Monza, residente a Lecco, arrestata per aver depistato le indagini. In carcere si è pentita dopo aver incontrato Alessia Pifferi, la madre che ha lasciato morire la figlia dopo sette giorni di stenti. «Ho fatto da esca per quel ragazzo, gli chiedo scusa. Non mi aspettavo che lo avrebbero accoltellato, pensavo volessero solo spaventarlo. Mi sono lasciata trascinare». Ora è ai domiciliari.
Il mondo parallelo e violento non riguarda solo gli immigrati. In ascesa è il rapper Rondo da Sosa, soprannome dell’italianissimo Mattia Barbieri, 20 anni, uno dei re di San Siro. Durante un concerto a Follonica (Grosseto) ha picchiato un fan. «Mi stava rubando l’orologio o la collana, roba di valore. Non mi farò prendere l’orologio da un ragazzino qualunque. Ho sudato due anni per ottenerlo». Poi la predica sociologica: «Io vengo dalla merda e ce l’ho fatta a 19 anni. Un mio fan si deve rispecchiare nella mia storia per avere rivalsa nella vita, non rubare nelle disco e prendersi gli schiaffi». Boato dei followers. Alla prossima, fratè.
