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Viruscrazia: nel caos della pandemia burocratica

A due anni dall’inizio di tutto, siamo ancora ostaggio di regole incomprensibili e decisioni astruse. E nel caos è finita ancora la scuola, tra Dad a singhiozzo, quarantene incerte e regole anticontagio per la merenda. Ma a «morire», persi nell’oceano procedurale di imposizioni (e sanzioni), sono tutti gli italiani.


Torniamo al 13 settembre scorso. Primo giorno di scuola. Bambinetti e ragazzini attendono ansiosi il suono della campanella. Patrizio Bianchi consegna dunque ai posteri la solenne promessa: «Basta con la Dad!». Quattro mesi dopo, al ministro dell’Istruzione è toccato riformulare: la vituperata didattica a distanza «non è mica il demonio». Giusto qualche passeggero disagio, ecco. «I problemi riscontrati sono gestibili». Appena il 6,6 per cento delle classi sono a casa, comunica. Insomma, come suonava la canzonetta: «Va tutto bene, madama la marchesa!». L’Associazione nazionale presidi però rettifica: nelle scuole dell’infanzia è finita in Dad ben una classe su tre, alle primarie una su quattro. Il presidente, Antonello Giannelli, continua a sgolarsi: «Lavoriamo nel caos, bisogna semplificare la gestione dei casi di contagio».

L’ex rettore di Ferrara, Bianchi. E l’ex assessore all’Urbanistica di Potenza, Roberto Speranza, da un biennio ministro della Salute. Sono ormai i capi supremi dell’Ufficio complicazioni affari semplici. Del resto, era prevedibile: la Repubblica fondata sul cavillo s’è trasformata in una folle Viruscrazia. Cominciò il compianto Giuseppe Conte, allora a Palazzo Chigi, con i suoi Dpcm notturni, indigeribili già nell’acronimo. Due anni più tardi, nonostante la pandemia sembri rabbonirsi, siamo ancora ostaggio di circolari astruse, regole cervellotiche, lampanti contraddizioni. Si lavora senza sosta, per rendere impossibile la vita ai cittadini. Non solo agli impenitenti no vax, relegati ai margini della società. Ma soprattutto agli ultravaccinati, ostaggi di quarantene e green pass. Eppure persino le coriacee regioni, sia di destra che di sinistra, chiedono invano la stessa cosa: sfoltire questa soffocante selva di norme. «La pandemia sanitaria è diventata pandemia burocratica» ammette Stefano Bonaccini, che guida l’Emilia-Romagna.

A partire dalla scuola: perché un’intera classe, compresi vaccinati e guariti, deve venir confinata a casa allo stormir di contagio? E poi: dagli asili alle superiori, perché ogni ciclo di studi vanta differenti e restrittive regolette? Comunque sia: bastano uno, due o tre positivi nel migliore dei casi. Poi, si finisce in Dad. Compresi vaccinati e guariti. Genitori sull’orlo di una crisi di nervi. Aziende sanitarie sepolte da richieste e adempimenti. Per non parlare di insegnanti e presidi. «Li trasformeremo in cassazionisti» ironizza un altro governatore, il ligure Giovanni Toti. «Non moriremo di Covid ma del mare di regole».

I dirigenti scolastici, travolti da quest’oceano procedurale, annaspano. Figurarsi i genitori. Il figliolo assente deve fare la quarantena? Conviene vaccinarlo, magari poi le norme cambiano? E come fa chi ha solo un computer e due pargoli chiusi in casa fino a tampone liberatorio? A proposito: sicuro che serva? E se un docente si contagia? E se il fratellino del compagnetto è positivo? Da esaurimento nervoso, appunto. Le disposizioni per le primarie sono riassunte, si fa per dire, in 19 pagine. Poi, urge adoperarsi con conseguenti circolari.

Ad alcuni può scappare la mano. Nell’istituto superiore «Artemisia Gentileschi» di Carrara, per esempio, hanno preparato un dodecalogo destinato a esentati e differiti: insomma, ai professori dispensati dalla punturina per motivi di salute. Nel dubbio, meglio trattarli da pericolosi appestati. Dodici stentoree imposizioni, tra cui spiccano: divieto di spostamento tra i banchi, due metri di distanza da tutti, impossibile nutrirsi, non rivolgere la parola a qualsivoglia essere vivente. E se scappa il bisognino? Trattenere, fin quando il bagno non sarà deserto.

In un’elementare di Latina, invece, hanno diffuso nuove regole anti contagio per i bambini: «Vietato girarsi verso i compagni mentre si consuma la merenda». Ad alcune classi è stato imposto anche il doppio turno per la consumazione dello spuntino: prima le file dispari, poi quelle pari. Per entrambi, resta comunque tassativamente proibito voltarsi verso l’amichetto mentre si addenta una brioscina. D’altronde a Castano Primo, nel Milanese, una preside ha invitato i bambini in mensa «a limitare, se non abolire, le chiacchiere».

Come biasimare gli arcigni e fantasiosi capi d’istituto? Non fanno che seguire, in piccolo, le orme dell’inarrivabile ministro, già riuscito in un’impresa che pareva improba: far rimpiangere la fiammeggiante Lucia Azzolina, sua discussa predecessora a Viale Trastevere. Indimenticabile quella sortita estiva: «Invitiamo sempre a tenere la mascherina, ma se in classe sono tutti vaccinati sarà una gioia toglierla».

Un diabolico piano reiterato da Bianchi a inizio settembre. Segue caccia agli ipotetici untori e rischio di gogna generale. Tanto da costringere il Garante della privacy a intervenire. Sì, proprio lui: Patrizio Potter. Quello che, sempre all’inizio anno scolastico, avvertiva che lui non era abile come il maghetto ideato da J. K. Rowling. In compenso, armato di decreti e circolari, ha fatto calare sulla scuola un’impenetrabile bruma burocratica. A dispetto della sacrosanta promessa di garantire la scuola in presenza.

Presidi cassazionisti. E medici di base travet. Impegnati, da mane a sera, a compilare certificati di uscita dalla quarantena, richieste di tamponi, solleciti vari. Nel loro caso, sentiti ringraziamenti vanno al ministro Speranza, arcigno custode dell’ultraburocrazia. Ne sono vittima pure governatori, sindaci e assessori. Tutti ancora alle prese con il sistema semaforico. Giallo, arancione o rosso? Le regioni cambiano colore al crescere di contagi e ospedalizzazioni. Criteri entrambi avversatissimi, però. Perché continuare a conteggiare tra i ricoverati i pazienti arrivati con l’alluce valgo? Per l’imperante assunto di Speranza e soci, riassumibile nel motto latino: «Melius est abundare quam deficere». Massì: meglio una regoletta in più che in meno. Arte in cui siamo riconosciuti maestri. Rimania-mo tra i Paesi più cavillosi al mondo.

Dunque, rivediamo l’ormai infedele classificazione delle ospedalizzazioni? Giammai, risponde il Comitato tecnico scientifico, guardiano dell’ortodossia ministeriale. E l’immancabile bollettino preserale, diventato come il quizzone prima del tiggì? A che serve enfatizzare il totale dei positivi, vista la messe di asintomatici? Ed è proprio necessario somministrare, cada dia, questa razione di allarmismo? Se ne discute, inutilmente, da settimane.

Intanto ricoverati e contagiati, a loro volta, determinano le sfumature cromatiche delle regioni. Quindi, i divieti. Mentre prosegue l’agonia di negozi, alberghi e ristoranti. I soliti governatori chiedono di abolire il sistema, superato pure dall’imperante green pass.

Silvio Brusaferro, capo dell’Istituto superiore di sanità, non ci pensa nemmeno: «I colori servono: si intensificano in base alla saturazione degli ospedali. Sono un’allerta per un territorio».

Eh no, per carità. Mai semplificare la vita agli stremati cittadini. Dio non voglia. Anzi, meglio continuare a vessare. Vedi l’ultima gabella prevista, a partire dal 1° febbraio 2022, per i renitenti al siero. Cento euro. E passa la paura. È andata comunque decisamente peggio a Maristella Scarmignan, 56 anni, condannata a due mesi di carcere, poi commutati in una megamulta di 4.500 euro. Ma come diavolo le è venuto in mente, mentre era in quarantena, di correre in soccorso di un centauro che s’era appena schiantato di fronte a casa sua? Che sconsideratezza. E il padre di famiglia sanzionato per aver portato la figlia di otto anni in ospedale, causa controllo dopo trapianto di midollo osseo? Inaudito: agevoli 530 euro.

E l’anziana affaticata, seduta su una panchina nell’attesa che la fila del supermercato s’accorci? Intollerabile: 280 euro. E quel prete, che conduceva da solo in processione il Cristo in croce? Un pericolo pubblico: allunghi 400 euro. E la disabile fermata davanti al market? Un’altra irresponsabile: 900 euro.

Per non parlare dello sfrontato colto a fare la spesa in skateboard. Ma dove crede di andare, giovanotto? Cinquecentocinquantatre euro, grazie. In questo caso, non possiamo però che convenire con il nostro Ufficio complicazioni. Trattavasi chiaramente di mezzo non consono per il rifornimento di derrate alimentari… n © riproduzione riservata

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