L’ex governatore della Sicilia, dopo cinque anni di carcere e l’interdizione dai pubblici uffici, non s’arrende. Ha rilanciato lo scudo crociato sull’isola, con buoni risultati alle ultime elezioni. E adesso ha un progetto per il governo della Regione: «Una donna che la tenga pulita dalla mafia».
Se volete diventare bravi politici fate il contrario rispetto a me». Fa surf sul paradosso Salvatore Cuffaro detto Totò, l’uomo che visse tre volte. La prima da senatore e presidente della Regione Sicilia, la seconda da carcerato a Rebibbia, la terza da «mediano di spinta» in una squadra di giovani con un obiettivo impensabile: far tornare a vincere la Democrazia cristiana. Campa cavallo, come trovare l’Arca dell’alleanza. Eppure in queste amministrative c’è riuscito a Porto Empedocle, a Favara, a Giarre, a Noto, nella Caltagirone di don Luigi Sturzo. La riconquista del santuario politico. Ora colui che fu definito «vasa vasa», per l’abitudine di baciare anche gente sbagliata, alza il tiro; obiettivi Palermo e poi di nuovo la Regione. Con un’idea originale: «Una donna che la tenga pulita dalla mafia».
Presidente Cuffaro, la Balena bianca è tornata?
Sulla scheda elettorale sì e anche nel cuore degli elettori, visto che la lista ha ottenuto ottimi risultati. C’è gente che ci abbraccia perché ha potuto smettere di nascondersi dietro altre sigle ed è tornata a votare Dc. La storia che noi abbiamo cancellato esiste ancora. Dopo il crollo del muro di Berlino l’idea sturziana in Europa non si è liquefatta ma è cresciuta. Il Ppe è il primo partito e la mia non è una visione anacronistica.
Vero, ma in Italia gli elettori sono scettici e scappano dai seggi.
Da 20 anni in Italia si vota per protesta, non più per difendere le idee o coltivare gli ideali: democratici, liberali, identitari, perfino comunisti. Inoltre oggi non esistono più le preferenze, se non nelle Amministrative. Ecco perché c’è la fuga dalle urne. Ma che ideali autonomi dovrebbe avere il Pd? Con Enrico Letta, Dario Franceschini, Lorenzo Guerini è pieno di democristiani. Gli sfiduciati non si riconoscono più in questi partiti.
Invece la Democrazia cristiana…
Rifare la Dc significa riportare idealità. Alcide De Gasperi diceva: «La politica o la si fa o la si subisce». E il 55 per cento che non vota ha deciso di subirla.
In quale area si posiziona il partito che ha in mente?
Stiamo ragionando con Forza Italia, con Italia viva, in Sicilia con Cantiere popolare di Saverio Romano. Ci saremmo aspettati di dialogare anche con l’Udc ma loro preferiscono la Lega. Per la precisione, una Lega orientata al Ppe come quella di Giancarlo Giorgetti ci darebbe una spinta per ricomporre una consistente area moderata.
Cosa sta cambiando nello scenario politico?
Ai miei tempi c’erano centrodestra e centrosinistra. Negli ultimi anni le proporzioni si erano invertite: destra-centro e sinistra-centro, vincevano le estreme. Oggi vedo una novità perché a palazzo Chigi c’è l’uomo ideale per rilanciare il centro, Mario Draghi. Lo slogan è semplice: tornare alla centralità del centro. Stiamo ritessendo il filo di una storia antica in chiave moderna.
I suoi eletti in Sicilia hanno meno di 30 anni.
Sono tutti giovani, una partita vinta. Quando ho ricostruito il partito volevano entrare anche deputati regionali di lungo corso ma ho tenuto il punto: una Dc nuova deve esserlo anche nei volti dei dirigenti. Il resto lo ha fatto Paideia.
Parola greca che arriva dal liceo classico, sta per educazione. Che c’entra?
È il nome della nostra scuola di formazione politica. Due piattaforme online (una non bastava), con 320 ragazzi iscritti. Lezioni di filosofia politica, amministrazione, strategia. L’esatto contrario del grillismo e dell’inesperienza. Ci sono anche tante donne vincenti: a Caltagirone la prima eletta è stata una donna, come a Favara, a Terrasini. Così per la Regione Sicilia ho pensato a una sorpresa.
Candiderà una donna?
Credo sia arrivato il momento. Una donna che tenga i conti in ordine e la casa – la Sicilia – pulita, nel senso della legalità. Diciamolo una volta per tutte: la mafia fa schifo, per la Sicilia è un danno assoluto. Ci ruba il futuro, c’è chi non viene a investire da noi per colpa sua.
Quali sono le doti della sua «nouvelle vague» politica?
A loro dico: se volete essere bravi dirigenti, fate il contrario di ciò che ho fatto io. Sono stato clientelare mentre oggi servono rigore morale e coraggio per non pagare pegno. Comunque ho saldato il conto con la giustizia, ho sostenuto il peso con dignità: 1.758 giorni di carcere, cinque anni senza sconti di pena. Non posso considerarmi detenuto per sempre.
Fu condannato nel 2011 per favoreggiamento personale a un affiliato mafioso. Come considera i terremoti giudiziari di oggi?
Peggio di così è difficile, ho firmato i referendum e da qui si può solo risalire. Però bisogna continuare ad avere un’ostinata fiducia nella giustizia, e la si ha solo dopo che ti ha graffiato la carne. I moralisti che si ammantano di rispetto e fiducia quando ha graffiato la carne degli altri sono solo opportunisti. Se parla Silvio Berlusconi gli credo, se altri no.
Cosa le è rimasto dell’esperienza in carcere?
Non è stato un tempo sterile ma produttivo, lì dentro c’è un’umanita straordinaria. Diceva Oscar Wilde, che lo ha subìto: «Dove dimora il dolore, il suolo è sacro». Nelle carceri italiane purtroppo manca il vero rispetto. Un giorno un pluriergastolano mi disse: «Amico mio, capirai il senso della vita quando riuscirai a comprendere che perfino questi cinque anni sono stati un tesoro». Uno che non uscirà mai ha dato valore alla mia vita.
Lei fu additato come nemico di Giovanni Falcone e diventò la prima vittima degli hater della rete.
Mi rimane addosso l’indignazione. Nonostante una ventina di cause civili vinte, una anche contro Antonio Di Pietro, quell’immagine costruita appositamente contro Falcone rimane lì su YouTube. Ad attaccarlo non ero stato io, ma Leoluca Orlando. Mi hanno detto che il reato è prescritto, così continua a fare visualizzazioni nonostante le sentenze e le richieste a Google di cancellare.
Dov’era finito il medico di Raffadali negli ultimi cinque anni, prima di rifare la Dc?
È diventato agricoltore: vino e fichi d’India. Sono stato interdetto in modo permanente dai pubblici uffici, non posso esercitare come iscritto all’albo. Non in Italia. Così sono andato a fare il medico in Africa, in due ospedali, per la onlus AiutiAmo il Burundi. Poi è arrivato il Covid e tutto si è fermato.
Che ruolo s’è ritagliato nel nuovo partito?
Sono il mediano di spinta e se anche potessi candidarmi non lo farei. Ho contezza della responsabilità che avverto sulle spalle. Offro aiuto, supporto, organizzazione, esperienza ma non chiederò mai più un voto per me.
Cosa resta oggi di Totò «vasa vasa»?
Nulla sotto il profilo politico, quasi tutto sotto il profilo umano; dal cuffarismo sono passato al cuffaresimo. Ma l’abbraccio della gente, il sorriso e l’empatia, quelli restano. E un po’ mi ripagano delle sofferenze.
