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Ricordate Ghino di Tacco?

Ricordate Ghino di Tacco?

LE SERIE STORICHE DI PANORAMA

Intervistato da Carlo Rossella, il direttore di Repubblica Eugenio Scalfari raccontò il suo tormentato rapporto con Bettino Craxi. E spiegò perché lo paragonava al signorotto di Radicofani, che taglieggiava chi attraversava l’Italia da Nord.

Articolo pubblicato il 24/11/1985



Dicono che molti, a Repubblica, non abbiano capito la sua posizione cosi contraria a Craxi sulla vicenda Lauro-crisi di governo.

«Noi facciamo ogni mattina una riunione di redazione diversa da quella degli altri giornali, Metà del tempo lo passiamo a dibattere i fatti principali della giornata. Non è la prima volta che fuori da Repubblica il nostro argomentare viene interpretato in modo sbagliato, fuori si parla di contrasti, spaccature del gruppo dirigente, non sapendo che tali discussioni avvengono tutti i
giorni e sempre con accenti crici e autocritici. Ci sono dei momenti in cui i pareri presentano maggiori differenze e in cui si formano linee divergenti. Ma alla fine della riunione, o magari dopo qualche giorno, si arriva a una composizione unitaria».

Il dibattito interno all’epoca in cui il giornale scelse una linea in favore di Ciriaco De Mita durò parecchio?

«Un paio di settimane. E quello su Craxi è ricorrente nella nostra redazione. Nel caso Lauro-Sigonella la discussione è stata altrettanto lunga. Il nostro è un metodo initabile per un giornale che si pone come un quotidiano di opinione, di intervento. Un metodo che assomiglia in qualche modo al centralismo democratico, inteso nel senso positivo del termine. Non esistono correnti
a Repubblica. C’è soltanto una libertà di opinioni molto ampia».


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Qualcuno del suo staff le ha mandato lettere di protesta?

«Ho ricevuto una lettera da Alberto Jacoviello. Era appena rientrato da Mosca. Aveva trovato il dibattito in corso; aveva visto alcuni articoli, e non si era trovato d’accordo. Ho letto la missiva in riunione e ci siamo spiegati».

Dei fatti interni di Repubblica si è occupato parecchio Reporter, un giornale vicino ai socialisti. Lino Jannuzzi ha addirittura scritto che la lotta politica in Italia si giocherà fra il partito di Craxi e il giornale di Scalfari.

«Jannuzzi farnetica. Ha una visione antropomorfica della politica. Fa torto all’ intelligenza di chi legge pensare che uno dei punti nodali della lotta politica in Italia sia rappresentato dal contrasto fra Craxi e me».

L’Italia assiste incuriosita a questa tensione fra lei e Craxi, Kramer contro Kramer…

«Ma non ce ne sono gli estremi. Noi siamo un giornale di informazione e non un giornale partito come dice qualcuno. Repubblica ha una carica di opinione plurima. Escono certi articoli ma ne escono anche altri. Abbiamo opinionisti socialisti per esempio, come Gianni Baget Bozzo e Giorgio Ruffolo. Ruffolo non è un craxiano ma è sicuramente un socialista».

Ad alcuni storici la sua polemica contro Craxi ricorda quella dal 1901 al 1911 di Luigi Albertini, direttore del Corriere della sera, contro il presidente del Consiglio Giovanni Giolitti.

«Per alcuni aspetti la nostra posizione assomiglia a quella di Albertini: anche lui era comproprietario del giornale, come me. E questo non è un aspetto irrilevante. Noi siamo un giornale che si possiede, contrariamente ad altri che sono etero-guidati. Non abbiamo condizionamenti che non siano quelli delle nostre opinioni. Albertini riteneva che Giolitti fosse un elemento
inquinante per la democrazia italiana. Noi oggi sappiamo che aveva torto. Ammesso che le nostre fatiche di cronisti debbano entrare a far parte della storia, qualcuno dirà un giorno che anche Repubblica “aveva torto”. Però la funzione di Albertini
nell’epoca giolittiana fu estremamente importante: alimentò la dialettica democratica fra un ministro che per dieci anni fu il dominatore del parlamento e un settore importante della pubblica opinione che lo contrastò».

Anche Albertini praticava contro il governo di allora quel “catastrofismo del nulla” che oggi, secondo le accuse fatte da Saverio Vertone sul Corriere della sera, certi giornali usano contro il ministero Craxi…

«Ogni tanto vedo sul “Corriere della sera“ questi attacchi grotteschi. In genere hanno come cassa di risonanza un giornale clandestino come l’Avanti!, e ciò mi fa ridere. Negli articoli (lo ha sostenuto Vertone ma lo ha più volte detto e scritto anche Piero Ostellino) si contrappone un giornale all’inglese, freddo e misurato ossevatore dei fatti, ad altri giornali che ogni mattina
metterebbero su un libretto d’opera col quale frastornare i lettori».

Per provare le loro dichiarazioni tanto il «Corriere» quanto l’Avanti! hanno presentato un montaggio di titoli…

«L’ho visto. Ma se volessimo divertirci potremmo allineare alcuni titoli del Corriere, esempi di un giornale che non misura i fatti con intelligente distacco ma sbaglia l’ intervento sui fatti. O per incapacità professionale o perchè i condizionamenti proprietari e politici gli impongo di sbagliare. Io ho un dossier che contiene tutte le perle regalate ogni giorno dal Corriere ai suoi lettori».


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Vedo che il polemico articolo di Vertone l’ha fatta molto arrabbiare…

«Ci sono ex-comunisti usciti da poco dal partito che hanno inventato una professione ben retribuita: il docente di anticomunismo. Ce ne sono in giro parecchi. Alcuni stanno al Corriere della sera come collaboratori. Vengono a insegnarci come si fanno i giornali, cosa che essi ignorano. Non sanno quale è la deontologia, la grammatica e la sintassi della nostra professione perchè non ne hanno mai masticato. La loro firma e il loro giudizio subiscono una valorizzazione non per quello che dicono ma perché fino a ieri sono stati comunisti. Trovo che questa sia una delle forme più indecorose di utilizzare i propri errori per farne delle virtù retribuite».

Non pensa di aver esagerato nella polemica contro Craxi? Giorgio Forattini lo raffigura sempre con la camicia nera; lei lo paragona a Ghino di Tacco, signore di Radicofani e bandito da strada. Perché?

«Forattini vede Craxi in camicia nera e lascio a lui l’intera responsabilità delle sue immagini. Come tutti i veri artisti della satira politica, estremizza degli aspetti di una personalità e li rende caricaturali, paradossali, partendo però da un nucleo di verità. Se non fosse così non farebbe ridere. Nel 1211 la rocca di Radicofani, castellaccio di Ghino di Tacco, dominava i tornanti della montagna. Era un passaggio obbligato per i pellegrini che andavano a Roma. Chi passava lì per viaggiare da nord a sud e
viceversa doveva fare i conti coi masnadieri di Ghino».

Cosa intende dire con questo paragone storico?

«Che la forza del Psi, più ancora che dalle sue idee e dal suo bagaglio storico, deriva del fatto che il Psi possiede un pacchetto di voti di arbitraggio senza i quali non si fa nessuna maggioranza parlamentare. Da li, da quel pacchetto, bisogna passare come a Radicofani. Ai tempi di Francesco De Martino il pacchetto veniva usato con maggiore discrezione. Oggi, invece, lo si adopera con
spregiudicatezza. Il Psi (12 per cento dei voti, un quinto della maggioranza) occupa posizioni di potere sovraesposte solo perché possiede il famoso pacchetto. E non appena si profila all’orizzonte l’ipotesi che la presidenza del Consiglio ritorni al partito di maggioranza relativa, si riparla di far ricorso al corpo elettorale. Così la presunta stabilità è pagata dal Paese e dalle altre forze politiche con una situazione che è anomala dal punto di vista del consenso».

La descriva.

«In una democrazia normalmente governata, chi ha il consenso ha il potere. Viceversa, in virtù di questa posizione strategicamente favorita, il potere e lo usa per avere il consenso. Questa non è la regola democratica. Io non ho nessun fatto personale con Craxi; rivolgo, come vede, critiche politiche».


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ANSA
LA STORIA DI GHINO DI TACCO SUL MENSILE CENTRITALIA ANSA

Ma il presidente del Consiglio non sembra dello stesso parere.

«Questo presidente ha una idiosincrasia per chi lo critica molto curiosa. Dopo i suoi ultimi attacchi alla stampa fatti in Parlamento abbiamo reso la decisione di non reagire, di registrare il fatto come notizia ma di non dare troppo risalto alla reazione. E legittimo che un uomo politico, oggetto di critiche vivaci da parte dei giornali, risponda. Il modo che usa per replicare, le frasi che adopera, il lessico delle argomentazioni dipendono dalla sua personalità. Craxi ha quel lessico, quel tono di voce, usa quegli aggettivi, rotea gli occhi in quel dato modo. E’ fatto così, lasciamolo dire».

C’è chi l’ accusa di essere ormai più a destra dei suoi lettori a causa dei suoi atteggiamenti anti-Arafat e del duro attacco
alle posizioni dei comunisti, ammansiti e affascinati dalla politica medio-orientale e nazional-popolare di Craxi. Pensa di dover “ricucire “, con i lettori di
«Repubblica»?

«Io dovrò ricucire coi lettori quando dimostreranno, in edicola, che mi abbandonano. Allora dovro’ preoccuparmi. Adesso problemi non ne abbiamo. In dieci anni siamo arrivati da zero a 430 mila copie. Da luglio abbiamo superato le vendite
della Stampa. Siamo a 70 mila copie dal Corriere, ma lo abbiamo già scavalcato in tutte le regioni, tranne che in Lombardia. Io, per ora, ricevo ogni mattina la conferma che rappresento a buon titolo i liberal di questo Paese».

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