I consiglieri più ascoltati e i personaggi scomodi messi da parte. Quelli che decidono le scelte economiche della Santa Sede e chi guarda già oltre Bergoglio. All’indomani della «creazione» di 13 nuovi cardinali, mappa della tormentata geografia di questo pontificato.
Forse Jorge Mario Bergoglio, nell’intimità delle stanze Santa Marta, ha riflettuto su un passo di Marco: «Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e vi rimase 40 giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio». C’è in questo passo delle Scritture qualcosa di profetico. Pure Francesco sta attraversando un deserto di finanze e di fiducia, deve fronteggiare una minaccia di scisma e scandali montanti.
In Curia – almeno così appare – sta con tante «bestie», a leggere le intercettazioni che parlano di prostitute e tangenti, e viene servito da «angeli» custodi ai quali però il Papa si ribella con repentini atti d’imperio. Il cardinal Giovanni Angelo Becciu non è finito in manette, ma la bufera giudiziaria è forte. Continuano ad accusarlo di peculato, ma il suo avvocato Fabio Viglione è costretto a mandare comunicati per smentire. Cecilia Marogna, la «dama delle barbefinte», resta nel carcere milanese di San Vittore, ma il problema serio è che se Becciu parla viene giù il cupolone.
Perché intercettazione dopo intercettazione – oltre le mura Leonine sembra che viga un clima da spionaggio «stalinista»: in pochi sanno tutto di tutti e lo usano per ricattare – si scopre che tra i vari dicasteri del Vaticano, sia permesso di dirlo, «il più pulito c’ha la Marogna!».
Perciò il Papa s’aggira per il Vaticano a imporre la sua autorità e cerca di blindarsi. Per questo eleva personaggi alla gloria – sempre ondivaga, va detto – o li lascia nell’oblio, come cerchiamo di riassumere nell’infografica che corre al piede di queste pagine, secondo quattro categorie: i fedelissimi, i diplomatici, gli economici e i rampanti.
Francesco ha nominato 13 nuovi cardinali, ormai il collegio ce l’ha in pugno, ma così facendo è andato contro il suo più fedele scudiero, il capo del C-6, la vera corte papale. Erano partiti in nove, ma fra scandali e vendette tre sono usciti di scena e tra questi George Pell, che mondato dalle ingiuste accuse di abusi sessuali tenta vanamente di risalire nelle grazie di Bergoglio. A capo dell’odierno C-6 c’è Óscar Rodríguez Maradiaga, cardinale honduregno che teorizza «prima di fare un cardinale italiano bisogna farne dieci del Togo». Si sente investito di una grande autorità, forse un po’ meno di quella morale se è vero che a Tegucicalpa, la sua diocesi, non può metterci piede perché rischia il linciaggio.
Stando al libro Sacri tradimenti di Martha Alegria Reichmann, vedova di Alejandro Valladares, per 22 anni ambasciatore dell’Honduras presso la Santa Sede, Maradiaga ama l’odore dei soldi e intascava 35 mila euro al mese dall’Università Cattolica della sua diocesi in un Paese dove si muore di fame. C’è sempre tra le porpore una questione di quattrini.
Creando i nuovi 13 porporati (sei sono italiani, tre soli con diritto di voto), Bergoglio però non ha seguito il consiglio di Maradiaga. Ma ha fatto operazioni politiche. La più clamorosa è la berretta consegnata a Wilton Daniel Gregory, arcivescovo di Washington nemico giurato di Donald Trump. La porpora a Gregory serve anche a regolare definitivamente i conti con il cardinal Leo Burke, l’americano conservatore che è uno dei firmatari dei «dubia» contro il Papa.
L’America, si sa, per Bergoglio è fonte di continui fastidi: l’ex nunzio apostolico Carlo Maria Viganò è il catalizzatore dell’opposizione cosiddetta conservatrice. Per tutta risposta il Papa ha recuperato il cardinal Kevin Farrell elevandolo prima a Prefetto per i laici e la famiglia e poi chiamandolo nella ristretta cerchia degli uomini dei «conti».
Farrell è stato strettissimo collaboratore di quel Theodore McCarrick ridotto allo stato laicale per i suoi abusi sessuali. Il suo dossier come tanti altri era contenuto nella famosa scatola bianca – mai più aperta dall’attuale Pontefice – che Papa Ratzinger gli affidò al momento del «passaggio delle consegne».
Una delle dannazioni nel deserto di Bergoglio è dove collocare la sua Chiesa in uscita sullo scacchiere mondiale. Di certo in posizione anti-americana. Francesco guarda alla Cina dove milioni di cattolici sono perseguitati, dove a Hong Kong si muore per mancata democrazia, e conferma gli accordi segreti con Xi Jinping spinto da Pietro Parolin, il Segretario di Stato, che conta ancora molto.
Ma Bergoglio ha per l’Oriente un suo nuovo pupillo: il cardinale sino-filippino Luis Antonio Tagle, a capo di Propaganda Fide, il più ricco come patrimonio tra i dicasteri vaticani, che il Papa ha dichiarato intoccabile. È giovane, è lui probabilmente il vero futuro Papa. E non è un caso che tra i nuovi cardinali ci sia un altro filippino: monsignor José Fuerte Advincula. Si capisce che Francesco vuole una Chiesa anti-occidentale in dialogo soprattutto con i musulmani, e non importa se in Francia mozzano le teste di un professore per strada e di una donna a Nizza in chiesa.
Certo, il ruolo di Parolin ancora non si discute, ma Bergoglio sta pensando a una stretta sui dicasteri, tagliando i fondi e accentrando tutto in un direttorio economico composto da tre persone fidatissime; una di queste – ecco gli angeli custodi che creano guai – però gli sta facendo ombra. I tre sono il gesuita Guerrero Alves che è ormai il plenipotenziario; monsignor Nunzio Galantino che è presidente dell’Apsa, la banca centrale del Vaticano; e il cardinale di Monaco di Baviera Reinhard Marx.
Quest’ultimo è il cardinale che sta cercando di rivoluzionare sui temi della bioetica e dell’economia la dottrina della Chiesa ed è lui che ha dettato a Francesco: dì che sei a favore delle unioni civili dei gay. Il Papa ha eseguito. Ha già costruito una sua corrente affiliando l’elemosiniere del Papa, il cardinale polacco Konrad Krajewski, meglio conosciuto dagli italiani come «Don bolletta» perché riattacca la luce alle case occupate.
Tutti i conti del Vaticano sono stati passati ai raggi X da Marx – il vero uomo forte a San Pietro e il Papa ombra – tranne quelli dell’elemosineria. Ma Marx è un altro rebus per Francesco. In Germania c’è aria di scisma. Da Monaco è partita l’idea di un sinodo biennale per avere i preti sposati, il matrimonio gay, le donne sacerdotesse e per portare i cattolici a unirsi ai protestanti.
Contro si è schierato il cardinale Gerhard Ludwig Müller e Francesco non ci ha pensato su due volte: lo ha rimosso da Prefetto della Congregazione della dottrina della fede, spedendo al Sant’Uffizio Luis Francisco Ladaria Ferrer, fedelissimo servitore di sua Santità.
Müller però non demorde e ha messo sotto accusa le tesi dello stesso Francesco sulle famiglie arcobaleno. Sulla bioetica e quei «valori non negoziabili» invocati da Benedetto XVI si sta consumando nella Chiesa uno vero strappo con Francesco che vuole normalizzare tutta la Curia e il collegio cardinalizio alle sue aperture, così come sui temi dell’economia e dell’ecologia. E per farlo usa i soldi e gli scandali finanziari.
Non a caso del cardinale Tarcisio Bertone nessuno ha più sentito parlare, così come ha messo nel cono d’ombra personaggi centrali come il cardinale Angelo Comastri, mentre il cardinale Angelo Calcagno, coinvolto in un’inchiesta a Savona, è stato estromesso dall’Apsa. Il dato che salta agli occhi è come gli italiani sotto Bergoglio contino sempre meno, al punto che di fatto la Cei presieduta da Gualtiero Bassetti, cardinale di Perugia, è commissariata almeno sui temi politici e religiosi da Antonio Spadaro, il gesuita direttore di Civiltà cattolica che però ha rischiato pure lui il cono d’ombra.
Uno dei fedelissimi di questo Papa è il capo del Governatorato il cardinale Giuseppe Bertello. Fa parte con Parolin, Marx, Maradiaga, Sean O’Malley e Oswald Gracias del C-6 che il Papa ha convocato online il 13 ottobre per comunicare che «la riforma deve accelerare». È la nuova Costituzione apostolica che il Papa vuol varare in fretta. Ebbene, proprio da questo documento Bertello vedrà diminuire i poteri del Governatorato.
E intanto Francesco alleva lì il successore di Bertello, che sceglierà tra Fernando Vérgez Alzaga e Rafael García de La Serrana Villalobos, uomo forte del governatorato e dell’Opus Dei, cui Bergoglio è tornato ad appoggiarsi, anche lui di lingua spagnola: i padroni oggi sono i «latinos». Perché Francesco sta cercando di costruire un Vaticano a sua immagine e somiglianza. Almeno fino al prossimo scandalo.