Tornano in mare, rinnovate e potenziate grazie a generosi finanziamenti, le navi che trasportano i migranti in Italia. Intanto, le inchieste per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nei confronti delle organizzazioni finiscono quasi sempre in nulla.
Due nuove navi da schierare nel 2021 per portare ancora più migranti in Italia. Il ritorno nel Mediterraneo della discussa Moas, la Ong fondata dall’italo americana Regina Catrambone e suo marito Christopher. E l’«impunità» che le organizzazioni non governative stanno conquistando in Italia.
Nel cantiere tedesco di Brema si starebbe lavorando in gran segreto all’ammiraglia italiana, la Mare Jonio 2, della flotta delle Ong impegnata nel Mediterraneo. Una nave norvegese di 72 metri di lunghezza con una stazza di 1.850 tonnellate, che fino a oggi è stata utilizzata per l’assistenza alle piattaforme petrolifere.
Nel bacino navale verrà riadattata per il soccorso dei gommoni che partono dalla Libia. L’obiettivo è varare un’ammiraglia che possa accogliere a bordo mille persone. Un numero forse esagerato, ma la nuova nave avrà di sicuro un pallone aerostatico dotato di visori e droni in grado di individuare i migranti in mare a grande distanza.
Mare Jonio 2 sarà l’ammiraglia di Mediterranea, il calderone civico nato nel 2018 con Arci, Ya Basta Bologna, il magazine I Diavoli, l’impresa sociale Moltivolti di Palermo. E i finanziamenti di Banca etica grazie alle garanzie di politici come Nichi Vendola, parlamentari di sinistra e l’appoggio del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando e quello di Napoli, Luigi De Magistris.
«Non confermo e non smentisco la notizia di una seconda nave in arrivo. Però posso solo dire che non molliamo il campo. Vedrete…» ha dichiarato a Repubblica Luca Casarini, l’ex agitatore no global del Nord-Est. Per acquistare Mare Jonio 2 sarebbero stati spesi 800 mila euro, e ne serviranno altri 100 mila al mese per mantenerla in mare con un equipaggio di 36 persone. L’arrivo nel Mediterraneo dell’ammiraglia sarebbe previsto in aprile.
Se Mare Jonio 2 è ancora avvolta nel mistero, la Sea Eye 4 tedesca, in collaborazione con l’organizzazione non governativa Migrant offshore aid station (Moas), è stata annunciata addirittura da un video girato da un drone, che pubblichiamo sul sito di Panorama. La nuova nave color arancione di 55 metri e mille tonnellate è in cantiere, sempre in Germania, per venire adattata alla ricerca e al soccorso dei migranti. L’Ong Sea Eye ha raccolto oltre 700 mila euro in donazioni, il 96 per cento del costo del progetto. L’operazione è sostenuta con 434 mila euro dal cartello United4Rescue, che aveva già finanziato l’acquisto di Sea Watch 4 con 1 milione e 300 mila euro. La «nave più attrezzata del Mediterraneo» è oggi sotto sequestro dopo aver sbarcato centinaia di migranti in Italia.
Fra i 600 fondatori di United4Rescue spicca un arcipelago di Chiese e parrocchie tedesche, ma anche la Chiesa riformata svizzera, associazioni cristiane come le Acli, la città di Palermo e Amnesty international. Pure il presidente della Conferenza episcopale tedesca, il cardinale cattolico Reinhard Marx (che potrebbe essere il prossimo Papa), ha finanziato i fautori dell’accoglienza a ogni costo.
Per il varo di Sea Eye 4 rispunta una vecchia conoscenza delle Ong nel Mediterraneo, dal boom del flusso migratorio dalla Libia del 2014: appunto l’imprenditrice Regina Egle Liotta in Catrambone, co-fondatrice e direttrice di Moas, annuncia la «partnership con Sea-Eye, per condividere le nostre risorse e competenze». Tra il 2014 e il 2017, durante le missioni nel Mediterraneo e nell’Egeo, la «stazione di aiuto» sostiene di avere soccorso 40 mila migranti, quasi tutti portati in Italia nonostante la sede dell’Ong sia a Malta. La nuova nave salperà a febbraio, salvo ritardi a causa della pandemia.
Moas aveva abbandonato le operazioni nel Mediterraneo quando il gioco si era fatto duro e le Ong erano finite sotto il tiro delle critiche e del tentativo dell’allora ministro dell’interno, Marco Minniti, di regolare le loro attività in mare. L’organizzazione non governativa si è spostata in estremo Oriente «per aiutare i rifugiati Rohingya in fuga dalle violenze subite in Myanmar». E oggi è impegnata anche nello Yemen e in Somalia. Il 14 ottobre 2015, la Catrambone, nata a Reggio Calabria, era stata nominata «motu proprio» dal presidente Sergio Mattarella, Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana «per il contributo che attraverso l’Ong Moas offre nella localizzazione e assistenza dei migranti in difficoltà nel Mediterraneo».
Nei bilanci dell’organizzazione nel 2015 aveva messo il naso anche la Commissione Difesa, convocando i coniugi fondatori che hanno sempre giurato di aver dato vita all’Ong sborsando otto milioni di dollari di tasca loro. Moas, in realtà, era collegata a ReSyH Limited, che fa parte del Gruppo Tangiers International LLC, multinazionale dell’intelligence e di assicurazioni in zone di guerra. Secondo i bilanci di allora, quasi due milioni di euro dei donatori sono andati a finire nella casse delle società private dei fondatori per il noleggio della nave.
Gorden Isler, direttore e portavoce di Sea Eye, non ha dubbi: «Siamo orgogliosi di riportare in azione sulla nostra nave i pionieri del soccorso in mare di Moas». Da marzo sono state bloccate in Italia sei navi destinate all’accoglienza, perché non abilitate al soccorso in mare o per la mancanza di attrezzature. Prima o dopo, però, vengono regolarmente dissequestrate grazie a una falange di avvocati.
Il 23 dicembre il Tar di Palermo ha chiamato in causa la Corte di giustizia dell’Unione europea in Lussemburgo per stabilire la sorte di Sea Watch 3 e 4, le due navi dell’omonima Ong tedesca ancora sotto sequestro. Il 4 dicembre il gip del tribunale di Agrigento ha disposto l’archiviazione dell’inchiesta a carico di Luca Casarini e Pietro Marrone, capo missione e comandante della nave Mare Jonio indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e «mancato rispetto di un ordine dato da una nave militare». I talebani dell’accoglienza di casa nostra hanno risposto con un tweet attaccando: «Quando finiranno sotto accusa i governi?». E ricordato che rimangono sotto inchiesta «per aver effettuato altri soccorsi in mare e salvato centinaia di vite, altri tre nostri comandanti e due capi missione».
Le accuse contro le Ong si sciolgono sempre come neve al sole. Su 24 inchieste aperte negli ultimi tre anni solo una del lontano 2017, della procura di Trapani su nave Juventa, dovrebbe concludersi con un processo, ancora fermo. Tutte le altre sono finite in una bolla di sapone. La procura di Agrigento, con nove casi archiviati, e quella di Roma, con altri sette sfumati nel nulla, sono al top rispetto a Ragusa, Palermo, Catania e Siracusa.
Anche l’ormai celebre capitana Carola Rackete, in attesa della conclusione delle indagini, è stata di fatto già «graziata» dalla Cassazione per lo sbarco forzato del 2018 con tanto di motovedetta della Finanza schiacciata contro la banchina. Ovviamente non ha avuto risalto sui media italiani il fermo di Rackete in novembre da parte della polizia tedesca. L’eroina delle Ong, con «completo» da pinguino, è rimasta coinvolta in scontri con altri ambientalisti per difendere una foresta dal prolungamento dell’autostrada A 49.
Emblematico il non luogo a procedere del 4 novembre per Marc Reig Creus e Ana Isabel Montes Mier, comandante e capo missione della nave Open Arms, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violenza privata per lo sbarco di 218 migranti nel 2018. Per la prima volta i responsabili di una Ong del mare finivano alla sbarra, ma il tribunale di Ragusa li ha subito «assolti». Il procuratore capo Fabio D’Anna aveva ottenuto il rinvio a giudizio denunciando che «l’unico vero obiettivo della Ong non fosse quello umanitario di salvare i migranti, ma (…) di portarli a ogni costo in Italia in spregio alle regole».
Gli spagnoli hanno brindato alla sentenza salpando da Barcellona: «Parte la nostra Missione 78. È bello che inizi nel giorno in cui la legge ci ha dato ragione». Il 14 novembre Open Arms ha sbarcato a Trapani 253 persone. Fino a Natale sono arrivati in Italia 34.103 migranti, rispetto agli 11.439 dello scorso anno.