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Rifugiati: il varco aperto sulla rotta balcanica

Rifugiati: il varco aperto sulla rotta balcanica

Lo scorso gennaio una giudice della corrente di Magistratura democratica ha definito illegittimo il respingimento in Slovenia di un pachistano che si diceva «maltrattato» dalla polizia italiana. Accuse false, come ha poi stabilito il Tribunale di Roma. Ma questo tipo di fake news rischia di bloccare le riammissioni nel loro Paese di tanti immigrati clandestini.


Il 14 ottobre 2020 si tiene a Roma il convegno Europa: migranti e richiedenti asilo – Per una svolta di civiltà. Fra gli organizzatori, oltre a Cgil, Cisl e Uil anche Magistratura democratica e Asgi, un’associazione di docenti, legali ed esperti che fa di tutto per aprire le porte all’immigrazione. Sul loro sito compare il simbolo di Open society foundation, del controverso miliardario George Soros, che sostiene Asgi. La mattina del 14 ottobre prende la parola Gianfranco Schiavone, numero due dell’associazione. A Trieste è presidente della onlus Consorzio italiano di solidarietà, che accoglie i migranti in arrivo dalla rotta balcanica facendosi pagare dallo Stato.

Gli interventi sono tutti registrati in video. Fin dalle prime battute Schiavone si concentra sulla rotta balcanica accusando l’Italia di riammettere illegalmente in Slovenia chi arriva clandestinamente dalla Bosnia. E aggiunge: «Ci sono casi documentatissimi di tortura. Tutto è noto e avviene dentro l’Unione europea». A un certo punto dichiara: «Voi direte che, vista la documentazione, prima o dopo ci sarà un giudice a Berlino». E continua: «L’Asgi sta facendo delle azioni legali. Lo annuncio tranquillamente».

In pratica sono state raccolte testimonianze dei migranti, «con enorme fatica», che denunciano maltrattamenti della polizia italiana durante le riammissioni in Slovenia. Nel pomeriggio, allo stesso convegno dove i relatori sono presenti in sala, prende la parola l’unico magistrato fra i relatori, che guarda caso diventerà solo tre mesi dopo l’evocato «giudice a Berlino» di Schiavone. Silvia Albano viene presentata come «dirigente di Magistratura democratica, impegnata sia nella battaglia culturale sia nel difficile lavoro giudiziario» sui temi dei migranti.

Giudice specializzata nella protezione internazionale al Tribunale di Roma, esordisce dicendo che «ci troviamo sempre più in difficoltà a far vivere nella giurisdizione i diritti fondamentali soprattutto nell’epoca dei decreti Sicurezza», riferendosi a quelli dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Sul quotidiano il Manifesto, che per l’occasione pubblica un suo intervento scritto, Albano spiega: «Il testo del decreto legge di modifica dei decreti Sicurezza contiene sicuramente importanti novità, ma anche molte ombre che fanno ritenere che non si tratta affatto della rivoluzione annunciata». Non basta l’affossamento delle norme di Salvini da parte del secondo governo Conte.

Il 18 gennaio scorso Silvia Albano è la giudice che accoglie in pieno il ricorso contro il ministero dell’Interno di Mahmood Zeeshan, presentato dagli avvocati Caterina Bove e Anna Brambilla, legati all’Asgi. Il migrante pachistano sostiene, in sintesi, di essere arrivato a Trieste lungo la rotta balcanica a metà luglio 2020. Che poi è stato prelevato da agenti in borghese, maltrattato, ammanettato – nonostante volesse chiedere asilo in Italia – e rispedito in Slovenia a bastonate assieme ad altri migranti.

Albano accetta la testimonianza della «vittima» riportata dalla Ong Border Violence Monitoring Network specializzata nelle denunce di maltrattamenti, che sicuramente ci sono ma soprattutto da parte della polizia croata. Poi la giudice si spinge più in là nell’ordinanza bollando come «illegittime» le «riammissioni informali» in Slovenia.

Non solo apre un varco nella rotta balcanica (lo scorso anno su oltre 8 mila arrivi, appena confermati dal ministro degli Interni Luciana Lamorgese, 1.330 migranti erano stati rimandati indietro), ma sposa perfettamente la tesi esposta da Schiavone nel convegno del 14 ottobre 2020. E l’Asgi canta subito vittoria. La polizia viene messa in croce con gran clamore mediatico.

Albano, Magistratura democratica e Asgi sono legati da tempo. Il 12 marzo 2019 hanno organizzato presso il tribunale di Roma, in Piazzale Clodio, un convegno su Protezione e asilo, gli obblighi dell’Italia. Tra i relatori, Albano, che sulla sua pagina Facebook non nasconde un appoggio alle Ong del mare pubblicizzando raccolte fondi a loro favore e postando articoli. Il 7 febbraio 2020 fa una donazione, lanciata da Alessandro Metz, a favore di nave Mare Jonio. Oggi Metz, con Luca Casarini e altri «talebani dell’accoglienza» è accusato dalla Procura di Ragusa di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina.

La vicenda del pachistano, però, si ribalta il 27 aprile, su ricorso del Viminale. Sempre il Tribunale di Roma, ma con altri giudici, smaschera la presunta vittima della polizia italiana. La nuova ordinanza stabilisce che «non è stata fornita la prova» che l’immigrato pachistano «abbia personalmente subìto un respingimento informale verso la Slovenia». Vengono alla luce altre imbarazzanti verità, che dimostrano la montatura.

Zeeshan, grazie alla prima sentenza di gennaio, ha ottenuto un visto dalla nostra ambasciata a Sarajevo arrivando a Milano il 9 aprile. All’aeroporto di Malpensa lo identificano e spunta la prima sorpresa. Le sue impronte digitali «non risultavano registrate nel sistema» si legge nella nuova ordinanza. Potrebbe non essere mai arrivato in Italia e per di più il tribunale conferma il «dato obiettivo e difficilmente controvertibile della totale assenza di traccia alcuna del suo passaggio alle autorità italiane e quelle slovene».

Non solo: nella sua versione dei maltrattamenti e diritti violati, Zeeshan fa descrizioni fantasiose su luoghi e spostamenti a Trieste. Poi giura che gli sono state prese le impronte con il vecchio sistema a inchiostro. Peccato che dal 2016 questo metodo obsoleto sia stato sostituito «da foto segnalamento con uno scanner, che non necessita di rilevamento di impronta su carta».

Ancora più grave la scoperta, grazie alla banca dati Eurodac, che Zeeshan aveva presentato «una prima domanda di protezione internazionale nel luglio 2016» in Grecia. I suoi legali hanno sostenuto che era fuggito dal Pakistan per «persecuzioni subìte a causa del proprio orientamento sessuale e dell’essersi professato ateo», tutte da dimostrare, «un anno e mezzo prima» del presunto arrivo in Italia, nel luglio 2020. In pratica si sarebbe messo in viaggio dal Pakistan a fine 2018 o inizio 2019. Oltre due anni dopo la prima richiesta di asilo in Grecia.

Il nuovo collegio, che condanna Zeeshan pure al pagamento delle spese processuali, sottolinea che non è di sua competenza «l’eventuale illegittimità» dell’accordo italo-sloveno sulle riammissioni. A differenza del primo giudice, Albano, che prendendo spunto della fantasiosa storia del migrante ha bloccato del tutto la possibilità di rimandare indietro i migranti.

Schiavone, piuttosto che chiedere scusa, contrattacca: «Non c’è alcuna riabilitazione del comportamento della polizia, né alcuna considerazione sui respingimenti che restano infatti bloccati». Asgi, sul sito, dove vengono puntualmente riprese le ordinanze della Albano a favore dei migranti, chiede che «la magistratura italiana possa fare piena luce sui plurimi e gravi profili di illegittimità della prassi delle riammissioni informali attuate dal governo italiano». La replica arriva dall’assessore regionale leghista del Friuli-Venezia Giulia, Pierpaolo Roberti, che evidenzia l’aumento del 20 per cento degli arrivi lungo la rotta balcanica rispetto al 2020.

Fino al 1° maggio scorso sono stati intercettati 2.200 migranti e nessuno rimandato indietro. «La bugia sui maltrattamenti altro non era che un cavallo di Troia per fermare le riammissioni in Slovenia lasciando proseguire indisturbato il giro d’affari in mano a passeur e organizzazioni criminali» afferma Roberti.

Un rapporto sul campo della Global Initiative Against Transnational Organized Crime, organizzazione non governativa con sede a Ginevra, rivela che il giro d’affari è di 50,4 milioni di euro l’anno (si legga l’approfondimento sul sito Panorama.it). «Chiederemo al governo di ripristinare subito i respingimenti (in Slovenia, ndr)» aggiunge Roberti «e che venga chiarito se le bugie del pachistano siano state dette in piena autonomia o suggerite da qualche abile manovratore». Intanto, il Viminale neppure si era presentato in tribunale per la causa del 18 gennaio, che ha messo una pietra tombale sulle riammissioni in Slovenia grazie alla storia farlocca di Zeeshan.

Il 13 gennaio il ministro dell’Interno Lamorgese stava già cedendo sulle riammissioni rispondendo in Parlamento all’offensiva politica di deputati come Erasmo Palazzotto di Leu. Allora governava ancora Giuseppe Conte e il Viminale si è risvegliato per il ricorso sulla storiella del pachistano con l’esecutivo Draghi, che comprende la Lega. Il danno delle riammissioni cancellate, però, resta e pure la beffa. Asgi conferma: «Il sig. M.Z.» che ha accusato di infondata brutalità la polizia di Trieste «ha, potuto, comunque, esercitare il suo diritto a chiedere asilo in Italia».

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