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I grillini e la Cina: parla Michele Geraci

I grillini e la Cina: parla Michele Geraci

L’ex sottosegretario allo Sviluppo economico, il leghista Michele Geraci, racconta i retroscena della duplice intesa fra Pechino e Movimento 5 Stelle.

«Di Maio l’ho portato io in Cina: è venuto qui per la prima volta nel settembre 2018». Michele Geraci, ex sottosegretario leghista al ministero dello Sviluppo economico nel governo Conte I, nonché gran tessitore delle relazioni sino-italiane, racconta i retroscena dei rapporti fra Movimento 5 Stelle e grand commis di Pechino. Una relazione finita sotto le luci della ribalta dopo la visita di Beppe Grillo all’ambasciatore cinese a Roma, Li Junhua. Il faccia a faccia, avvenuto poche ore prima che nelle urne di Hong Kong trionfassero i democratici anti-Pechino, era stato preceduto da una cena, la sera prima.  

Due incontri in 24 ore che hanno fatto gridare allo scandalo l’intera opposizione. A dar fuoco alle polveri ha iniziato Matteo Salvini, che dopo aver sottolineato la frequenza dei viaggi di Di Maio si è augurato che Grillo «non stia cambiando la collocazione internazionale dell’Italia». Ha poi proseguito Giorgia Meloni, tuonando contro «la politica estera decisa da Grillo e Casaleggio» e chiedendo a gran voce «l’istituzione di una commissione speciale alla Camera per far luce sulle ingerenze straniere e, segnatamente, quelle cinesi sul governo italiano».

Ma il colpo finale è arrivato dalla giornalista Maria Giovanna Maglie, grande sostenitrice di Salvini, che ha adombrato la possibilità di un piano per il post-Mattarella. «Beppe Grillo consegna i 5 Stelle al progetto Romano Prodi sul Colle» ha twittato. E ha aggiunto un sibillino: «La Cina è vicina», chiaro riferimento all’ex presidente della Commissione europea che dal 2010 insegna alla China Europe International Business School di Shanghai.
Per capire quali sono i legami fra i mandarini di Pechino e i grillini di Roma, Panorama ha interpellato Michele Geraci. L’artefice del Memorandum d’intesa fra Italia e Cina sulla Nuova via della seta, firmato da Di Maio il 23 marzo 2019, ha trascorso 10 anni della sua vita in Cina (e 20 in Inghilterra). Come si legge su un post pubblicato sul blog di Beppe Grillo, Geraci ha avuto un ruolo chiave nell’interscambio fra Roma e Pechino. «Con il nuovo governo e il ruolo chiave dell’esperto e pragmatico Michele Geraci – Sottosegretario al Ministero dell’Economia» recita il post datato 10 marzo 2019, «le relazioni sino-italiane hanno subito un’accelerazione». Geraci ha risposto a Panorama da Hangzhou, il capoluogo della provincia dello Zhejiang nella cui università insegna finanza.

Ma è vero che c’è una duplice intesa fra i grillini e Pechino?
Non saprei, dovrebbe chiederlo ai 5 Stelle. Forse, più che una vicinanza politica, c’è una curiosità sui temi economici. Riguardo a Beppe Grillo, ritengo che abbia un reale interesse conoscitivo per quello che sta facendo la Cina, soprattutto a livello ambientale.

In base a che cosa lo sostiene?
La mia è una speculazione in base a quei pochi contatti che ho avuto con Grillo in questi due ultimi anni.

Quando ha conosciuto Grillo?
Di persona dopo essere entrato al governo, nel giugno 2018. Però ero in contatto con lui da prima, perché aveva ospitato alcuni miei articoli sul suo blog e anche il documentario «China Economy and Society», da me prodotto e presentato. Io però ero al governo in quota Lega, su chiamata diretta di Matteo Salvini, quindi il mio legame politico è con Alberto Bagnai, con Claudio Borghi e con gli altri economisti del team della Lega.

E ha introdotto Grillo anche in Cina?
No, c’era già stato per conto suo.

Lei ritiene che ci sia da scandalizzarsi per l’incontro fra Grillo e l’ambasciatore cinese?
Non so di che cosa abbiano parlato. Detto questo, io ho un approccio ecumenico: si parla con tutti. In particolar modo gli ambasciatori parlano con tutte le forze politiche, è normale. Magari gli italiani chiedono chiarimenti sul ruolo di Grillo nel Movimento, ma riguardo all’ambasciatore non vedo alcuno scandalo. Forse l’assenza di Luigi Di Maio al G20 in Giappone è stata più inopportuna, ma avrà avuto i suoi buoni motivi

Ammetterà almeno che prendere l’ambasciatore per il braccio è stato un errore?
Quello normalmente con i cinesi non si fa, ma forse Grillo e l’ambasciatore hanno un rapporto amichevole.

Non è stato un faux pas diplomatico?
Grillo non è un diplomatico, fa quello che vuole. Però, mi scusi, con i ponti che crollano e l’economia che va giù non mi pare prioritario il fatto che Grillo abbia toccato il braccio dell’ambasciatore.

Ma comunque non è strano il cambiamento di rotta di Grillo? Fino a 10 anni tuonava contro Pechino, ora è tutto un parlare di «innovazione», «internazionalizzazione», «aumenti salariali»… 
La Cina 10 anni aveva un Pil che era meno metà di quello odierno. Adesso è un player importante. In 10 anni ha fatto un salto tecnologico che l’Occidente non è stato in grado di fare. La curiosità è lecita, anzi anch’io invito tutti a parlare più di Cina e Asia. È giusto che il nostro popolo capisca che cosa succede nel mondo. Qui però entra in gioco una differenza importante: fare commercio significa avere obiettivi pratici.

Dunque è stato lei l’artefice dell’intesa ritrovata fra 5 Stelle e Pechino?
Ma io non sono 5 Stelle. L’intesa, se c’è, se la saranno fatta loro. Non credo, comunque, ci sia un’intesa particolare. Riguardo invece al Memorandum d’intesa, sì: quello l’ho spinto io con la cooperazione, come è normale che sia, del nostro ambasciatore a Pechino. Ettore Sequi ha iniziato il lavoro e io, quando sono stato nominato sottosegretario, ho cooperato con lui per portarlo a conclusione. Insieme abbiamo lavorato molto bene, in armonia. E penso sia stata una cosa utile per le nostre aziende e per il nostro export.

Già, il controverso Memorandum voluto proprio da Di Maio… È stato molto criticato.
È stato molto criticato, ma non ho mai avuto il piacere di avere un confronto diretto con chi lo criticava. L’ha criticato ad esempio Jean-Claude Juncker, che prima di diventare presidente della Commissione europea era stato primo ministro del Lussemburgo. Peccato che il Lussemburgo abbia firmato con Pechino un memorandum d’intesa simile cinque giorni dopo l’Italia, il 28 marzo 2019 (me l’ha detto al volo proprio il premier lussemburghese). Ma ci tengo a precisare che la mia responsabilità era di aiutare le imprese a esportare di più in tutti i Paesi del mondo, Cina inclusa. Nessuna azienda mi ha criticato per il Memorandum, quindi credo di aver fatto bene.  

Ma guardiamo i risultati: nonostante il Memorandum, nel 2019 il nostro export in Cina è calato.
Il calo dell’export non si può imputare al Memorandum. Anzi, la debolezza del nostro export con la Cina è il motivo per cui abbiamo fatto l’accordo, non il risultato. I risultati si vedranno nel tempo, con calma. Con la Cina bisogna avere pazienza: io mi sarei aspettato i primi risultati a fine anno e dal 2020 in poi. Ad ogni modo alcuni passi avanti sono stati fatti. Per esempio, sono stati aperti tre voli diretti per la Cina.

Critiche respinte al mittente, dunque?
Una critica accettabile è che non si è fatto abbastanza. L’obiettivo ultimo era quello di stimolare l’export in Cina, che purtroppo non è stato raggiunto. Ma il commercio ha un’inerzia: i dati sull’export di oggi sono il frutto dei contratti dei mesi precedenti. È impossibile avere risultati concreti in pochi mesi. E poi, per quanto mi riguarda, mi è mancato il tempo di proseguire nel percorso. Dopo la firma, sono dovuto andare in giro per mondo (Stati Uniti e Germania) a sedare gli ultimi dubbi. Con successo, tant’è che con gli Stati Uniti siamo riusciti a ridurre il numero delle nostre merci soggette a dazi. Poco dopo è caduto il governo.

Ma a firmare il Memorandum sono stati Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Loro non sono caduti.
Sono caduti e si sono rialzati, credo. Sì, ma gli equilibri sono cambiati. Adesso al governo, oltre ai 5 Stelle, invece di me e della Lega siede chi era più contrario di tutti a quell’intesa: il Pd. Qui i cinesi  mi chiedono se il nuovo governo voglia davvero fare affari con loro, se si impegnerà a realizzare il programma previsto dal Memorandum. Comunque, quest’anno grazie al Memorandum siamo saliti tantissimo di rango in Cina. E si è cominciato a vedere qualche segnale. L’Italia, per esempio, è diventato il Paese più discusso sui media cinesi. Un grande valore intangibile di pubblicità, se si pensa a quanti utenti seguono i vari media.

E questo è merito dei 5 Stelle o della Lega?
Se mi permette, è merito mio e quindi della Lega. Tutte le aziende del Nord sono favorevoli a fare affari con la Cina. È una cosa commerciale, non politica.

Ma lei sa bene che le due questioni vanno di pari passo.
Certo, i rapporti politici ci sono, ma questo non significa dover diventare per forza amici. I rapporti si debbono avere con tutti i Paesi. Lei pensa che Emmanuel Macron non abbia rapporti con la Cina? La Francia vende 30 miliardi di euro in aerei in un colpo, grazie a tali rapporti. Noi che cosa vogliamo fare? Discutere sul sesso degli angeli o aiutare le imprese e la nostra economia come fa, bene, Macron?

Amici o succubi?
Nessuno ha intenzione di essere succube di uno Stato straniero, tantomeno noi della Lega. Su questo credo ci siano pochi dubbi. In Cina il rapporto politico va a cascata con il rapporto economico. E l’arrivo del Pd al governo rischia di rovinare tutto.

Intende dire che il Pd è ostile alla Cina?
Era ostile alla firma del Memorandum d’intesa. E siccome la Cina a quell’accordo ci tiene molto, Pechino è in allerta. Quello che abbiamo costruito rischia di crollare.

Ma se c’è chi sostiene che ci sarebbe un patto fra Pd, 5 Stelle e Pechino per dare la presidenza della Repubblica a Romano Prodi?
Macché. I cinesi hanno i loro problemi di economia interna: cosa vuole che interessi loro chi è il presidente della Repubblica italiana! L’Italia non è al centro del mondo, né tantomeno dei pensieri della Cina, più di quanto lo siano altri Paesi. Qui in Cina Prodi gode di ottima reputazione, ma da tecnico e da professore.

A Pechino interesserà avere buoni rapporti con chi è al potere in Italia…
Alla Cina può interessare chi siede al governo, perché è con i governi che si dialoga. Ma il presidente della Repubblica resta il nostro garante,  tra l’altro Sergio Mattarella verrà in Cina l’anno prossimo. Prodi è ben rispettato in Cina, come lo sono io e altri italiani. Ma da qui a vociferare che ci sia un patto per portarlo sul Colle… Io non ne so niente, ma mi sembra fantascienza.

A proposito, anche su di lei corrono voci. Si dice che lei sia molto vicino ai cinesi.
Ovviamente noi facciamo l’interesse degli italiani. Siamo sovranisti, no? Ma per fare questo, ovviamente bisogna anche avere ottimi rapporti con i partner commerciali. Io ho ottimi rapporti con la Cina, con gli Stati Uniti e, la sorprenderò, con tutti i Paesi con cui noi facciamo business.

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