Dopo la strage di Hamas, in Italia – e in Europa – si moltiplicano gli episodi di violento antisemitismo: piazze infiammate di odio contro Israele, oltraggio ai simboli della Shoah, minacce e aggressioni, stelle di David disegnate sulle case come ai tempi del nazismo. A soffiare sul fuoco è spesso l’ultrasinistra.
La peste è tornata. Come i lanzichenecchi manzoniani, gli untori seminano odio. In mezzo ai cortei, per le strade, nelle scuole, dentro le università. Urlano slogan contro Israele, impauriscono gli studenti ebrei, scarabocchiano stelle di David. Era antisemitismo strisciante. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, è diventato manifesto. La Commissione Ue denuncia: «Il numero degli episodi in Europa ha raggiunto livelli altissimi, ricordando alcuni dei periodi più bui della storia». Rabbiose proteste di piazza, odio di ultrasinistra, svalvolati che evocano complotti sionisti: il Viminale, da settimane, è in allerta. La sociologa Betti Guetta dirige da un ventennio l’Osservatorio antisemitismo del Centro di documentazione ebraica contemporanea: «Quando ci sono guerre o crisi in Medio Oriente, i casi aumentano sempre» spiega a Panorama. «Quelli registrati a ottobre 2023, però, non s’erano mai visti». Uno scarto inquietante. L’osservatorio ha raccolto, lo scorso mese, 75 denunce «verificate e validate». Quasi il quadruplo delle segnalazioni avute nello stesso periodo degli anni scorsi. Più di quelle certificate nei primi nove mesi del 2023. Con una differenza sostanziale, tra l’altro. Fino alla guerra di Gaza, erano quasi sempre insulti online: vergati soprattutto su X, Instagram e TikTok. Adesso invece, tra i 75 casi dello scorso ottobre, 40 sono catalogati come «offline».
Deliri berciati durante le manifestazioni, commenti razzisti, scritte sui muri. Persino raggelanti offese a ragazzini. Come in una scuola media di Firenze. «Ti buttiamo fuori dalla finestra». Dopo le ripetute offese di alcuni compagni di scuola, una tredicenne di religione ebraica decide di cambiare istituto. Succede anche in un liceo di Milano, dopo l’ancor più inquietante attacco di un insegnante filo palestinese. Anche quel ragazzo lascia la classe. A Roncade, in provincia di Treviso, nell’esclusiva media superiore internazionale di H-Farm, una docente di matematica posta su Instagram un video che mostra gli orrori della guerra. Corredato da una frase spaventosa: «Andate all’inferno, Hitler aveva ragione su di voi ebrei». Stavolta è l’insegnante a venire sospesa.
«Cose del genere non erano mai successe» conferma Guetta. «E, viste le proporzioni, ormai è un allarme generale. Non mi preoccupano i neonazisti: quelli ci sono sempre stati. Ma piuttosto, il gigantesco abbaglio dell’ultrasinistra». Sono i tifosi di Hamas. Quelli che rovesciano la storia. Sollecitano farneticanti paragoni. Come quello esibito in un gigantesco striscione, durante un corteo a Roma: «Una nuova Norimberga per i crimini dell’Occidente in Palestina». Compaiono i volti della premier italiana, Giorgia Meloni, accanto a quello del primo ministro di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu. Cioè: israeliani e filo-israeliani accusati d’esser nazisti. A perfetta riprova del pericoloso cortocircuito in cui, dopo le bombe di Hamas, sono finiti gli psycho-progressisti. Che a Milano, in un’ altra marcia con migliaia di persone, urlano eloquenti slogan. «Israele criminale, Palestina immortale». «Israele fascista, stato terrorista». «A morte i sionisti». Fino a inneggiare al gruppo terrorista libanese: «Hezbollah! Hezbollah!».
Ufficialmente, sono parate contro la guerra. Ma quasi sempre si trasformano in adunate della solita ultrasinistra: sindacati, partiti, antagonisti, centri sociali, collettivi studenteschi. A Roma due esagitati si arrampicano sul muro di cinta della Fao, strappando la bandiera di Israele. Che a Bologna, invece, viene bruciata e calpestata. A Milano i sedicenti militanti del partito marxista-leninista italiano sfoggiano un cartello a sostegno dei macellai islamici: «Con Hamas, le brigate Ezzedin al-Qassam e il popolo per la liberazione della Palestina». Sfilano i Cobas, Potere al popolo, Rifondazione comunista. Tra la folla capitolina ci sono anche due aspiranti leader ossessionati dalla ribalta: Luigi de Magistris, ex sindaco di Napoli e ora guida di Unione popolare, e Alessandro Di Battista, già Che Guevara di Roma Nord e ora ossequiato mullah di Gaza. Mentre ad aprire una delle parate meneghine, kefiah rossa al collo e cartello contro «l’apartheid» in mano, c’è addirittura un ex terrorista rosso: Francesco Emilio Giordano. Già condannato a 30 anni, diventati 21 in appello, per aver fatto parte del commando che il 28 maggio del 1980 uccise il giornalista del Corriere della Sera, Walter Tobagi. Del resto, l’ultimo studio di Eurispes sull’antisemitismo rivelava: più del 15 per cento degli italiani nega l’Olocausto. E sono soprattutto elettori di centro sinistra.
Adesso il supposto pacifismo ridesta il rancore contro Israele in tutto il mondo. Anche in Italia. Le pietre d’inciampo, memoria di quattro deportati, annerite nella capitale. I manifesti con gli ostaggi ebrei strappati dal Memoriale della Shoah di Bologna. E a Milano l’antiterrorismo indaga su una sequela di fattacci. La scritta a sfondo neonazista: «Prima Hitler poi Hamas, per voi ebrei forni e camere a gas». Quella che inneggia ai terroristi: «Viva Hamas, ebrei vi facciamo saltare tutti». O la stella di David lasciata sui muri di un condominio in periferia, con a fianco il numero dell’appartamento dell’inquilina sgradita: un’insegnante di religione ebraica. E gli insulti a un gruppo che torna dalla sinagoga dopo le preghiere dello Shabbat: «Hitler si è dimenticato di voi. Dovete finire nei forni». Mentre a Livorno il presidente della squadra di calcio, Joel Esciua, di fede ebraica, denuncia una decina di ingiurie comparse sulle pagine social dei tifosi.
«Abbiamo paura» ammette Guetta. «Trovare una scritta sul pienerottolo è angosciante. C’è un investimento di odio, forza e determinazione che non abbiamo mai visto. E ci preoccupano moltissimo scuole e università». Sulla pagina Instagram di un collettivo del liceo Manzoni di Milano, a corredo di un’immagine, c’è un commento: «Quant’è bello quando brucia Tel Aviv». Anche un gruppo di sinistra del liceo meneghino Setti Carraro pubblica lo stesso post, aggiungendo: «La Palestina vive, la resistenza vive». Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, annuncia quindi ispezioni nelle scuole che «inneggiano ad Hamas», arrivando addirittura a parlare di arresti. La peste dilaga soprattutto negli atenei. «Ci hanno segnalato il caso dell’università di Bologna» rivela la presidente dell’Osservatorio antisemitismo. «La facoltà di Medicina viene scelta, ogni anno, da molti israeliani. Hanno fatto un questionario tra di loro. La gran parte ha smesso di andare a lezione per paura di aggressioni e atti intimidatori». Conferma l’ambasciatore israeliano in Italia, Alon Bar: «In alcuni spazi, comprese le università, i nostri studenti e i cittadini ebraici si sono sentiti intimiditi. Questa è la propaganda di Hamas, che tenta di creare l’equazione “Noi siamo assassini, loro sono assassini”. Ma è semplicemente falso. Continuano ad attaccare i civili. Noi cerchiamo di evitarlo».
Fra i collettivi striscia spesso un cavilloso distinguo. A Padova attaccano sui muri manifesti con la scritta: «Antisionismo sempre». Sono contro lo Stato ebraico in Palestina, informano. Sarebbe deprecabile Israele, che persegue nella storica oppressione. E non essere ebrei. Una differenziazione che, nel devastante conflitto in Medio Oriente, diventa fumisteria. Alla Sapienza di Roma prima il collettivo di Scienze politiche organizza un’assemblea contro il «brutale attacco che Israele sferra da decenni». Poi 200 studenti, sventolando bandiere palestinesi, al grido di «fuori le guardie dall’università» decidono di occupare. Intimano di revocare la mozione di solidarietà a Israele votata all’unanimità dal Senato accademico. Anche l’Orientale di Napoli viene invasa da un gruppo di studenti incappucciati, che espongono uno striscione a sostegno della Palestina. Sono gli stessi che, nel febbraio scorso, avevano paralizzato l’ateneo in segno di solidarietà al terrorista Alfredo Cospito: «Contro il carcere duro, per l’abolizione di ergastolo e 41 bis». Anche qui, i rivoltosi ordinano al rettore di dare pubblico sostegno ai palestinesi, riconoscere il «genocidio» e condannare «i crimini di guerra» di Tel Aviv. «Non vogliamo frequentare un’università che si rende complice di ciò che sta facendo un governo coloniale e criminale».
Ma ci sono pure i cattivi maestri. Un gruppo di accademici chiede ai colleghi di firmare l’appello per il cessate il fuoco a Gaza. Definiscono Israele uno stato in cui vige l’apartheid. Parlano di 75 anni di «segregazione» etnica. Non a caso le stesse, identiche, accuse reiterate dai discepoli, nei collettivi studenteschi. Nessuna condanna ai terroristi. «La rappresaglia di Hamas era impensabile, ma annunciata» si legge nell’appello dei docenti universitari. Dunque, s’intuisce, non deprecabile. Gianfranco Pasquino, emerito di Scienze politica a Bologna, da dove è partito il tazebao, lo definisce «un tetro manifesto pro-Gaza e Hamas». Per il resto, troppi silenzi e compiacenze. Unica risposta degna di nota è quella di Daniela Santus, che insegna Geografia culturale all’Università di Torino. «Non firmo perché è chiaro che si tratta di propaganda» replica. E non firma perché, argomenta, quelle pagine grondano di ideologia e falsità. In compenso, sottoscrivono l’appello 2.677 professori universitari italiani. La peste è tornata. E, come nel caso dell’epidemia raccontata dal Manzoni nei Promessi sposi, «il male s’era già tanto dilatato, che le prove si offrivano senza che bisognasse andarne in cerca».
