Giornata di approvazioni e scuse. Il Documento di economia e finanza (Def) e lo scostamento di bilancio da 3,4 miliardi di euro hanno passato il vaglio dei due rami del Parlamento e diversi esponenti politici si sono scusati per la situazione imbarazzante del giorno precedente che aveva indispettito il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e la Premier, Giorgia Meloni. Approvazioni fondamentali in vista del decreto Lavoro che il governo si è impegnato a varare lunedì 1° maggio e che rischiava di saltare in mancanza dell’ok sullo scostamento.
Durante le dichiarazioni di voto i deputati e i senatori della maggioranza hanno dunque chiesto scusa per l’atteggiamento del giorno precedente. Il vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia ha voluto precisare che “la maggioranza non è stata mai battuta sulloscostamento di bilancio. Abbiamo solo mancato il numero che avrebbe validato la netta prevalenza” e proprio per questo “chiediamo scusa agli italiani per la disattenzione di ieri”. Rampelli ha poi precisato come “è ovvio che ci sono parlamentari che hanno delle giustificazioni e altri che non le hanno” . Sulla stessa lunghezza d’onda anche la Lega che tramite il senatore, Massimo Garavaglia, durante le dichiarazioni di voto in Aula sulla relazione sullo scostamento di bilancio e sul Def, ha chiesto scusa perché “quando si sbaglia, si chiede scusa. Scusa al governo, al presidente Meloni, al ministro Giorgetti, all’opposizione che merita rispetto perché è la maggioranza che deve garantire i numeri in Aula. Scusa ai cittadini, che chiedono al Parlamento di risolvere i problemi”. Sulla questione delle assenze è tornata anche Giorgia Meloni che ha ribadito di non vederci nessun “segnale politico”, si è trattata di “una svista: ho fatto tanti anni in Parlamento, può succedere ma non deve succedere più”. E sulla questione dei doppi incarichi fa sapere che “dobbiamo fare i conti con il fatto che il taglio dei parlamentari incide, perché il doppio incarico rende più facile che in Aula manchino i numeri. Credo soprattutto che bisogna parlare con i capigruppo e trovare un modo per garantire che si riesca a fare il doppio lavoro, lavorando di più se necessario, perché purtroppo riguarda tutti”. Per il momento, precisa inoltre Meloni “non prevedo ipotesi di sostituzioni di sottosegretari o di doppi incarichi. Credo che il governo stia lavorando bene e non è nelle mie intenzioni adesso assolutamente rivedere qualcosa, bisogna però garantire i numeri”. La maggioranza ha poi attaccato l’opposizione dato che ieri non hanno votato lo scostamento. Rampelli ha sottolineato come “a parti invertite quando eravamo all’opposizione, noi votavamo a favore degli scostamenti – da non confondersi con il Def – perché quegli investimenti servivano agli italiani, non ai governi”.
Le opposizioni, da parte loro, hanno continuato a cavalcare l’onda rincarando la dose. Francesco Boccia, in Aula, durante la dichiarazione di voto, dopo aver spiegato come per il Pd nel Def “non c’è nulla” e aver giudicato “inadeguato” lo sforzo del governo per la riduzione del cuneo fiscale, si è detto preoccupato per la credibilità del Paese, da cui dipende anche la capacità di pagare gli interessi sul debito pubblico: “questa maggioranza non è in grado di guidare la settima potenza industriale del mondo, nessun governo aveva dimostrato in sei mesi tanta sgrammaticatura costituzionale. Siamo seriamente preoccupati”. E il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra Giuseppe De Cristofaro, presidente del gruppo Misto del Senato ha criticato il Def perché mancherebbe “di una strategia per affrontare i nodi dello sviluppo e della crescita, non c’è una politica industriale, non ci sono risposte al tema enorme della transizione ecologica” .
Sul Def è infine arrivato il monito di Banca d’Italia che ha ricordato come “l’aumento dei tassi di interesse pone pressioni sul debito di cui tener conto ed è quindi necessario mantenere una politica di bilancio prudente”. “Nel quadro programmatico del Def 2023 – si legge nel documento sulla Stabilità Finanziaria – nell’anno in corso e nel successivo triennio sia l’indebitamento netto sia il debito si ridurranno gradualmente in rapporto al prodotto, rispettivamente fino al 2,5 e al 140,4% nel 2026. In prospettiva, per consolidare questa tendenza anche alla luce dell’aumento dei tassi di interesse, sarà necessario conseguire un significativo incremento del potenziale di crescita e un miglioramento strutturale del saldo primario”.
