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Vi auguro di non smettere di indignarvi

Vi auguro di non smettere di indignarvi

Di questi tempi, cari lettori, tenetevi stretta la voglia di denunciare ciò che non va. Magari il mondo non cambierà, ma almeno non cambierà voi

Cari amici vi scrivo, così mi distraggo un po’. L’anno vecchio è finito ormai, come cantava Lucio Dalla, e io voglio ringraziarvi per avermi sopportato fin qui. Stare su ogni numero di Panorama, in questa posizione, nell’ultima pagina, nello spazio che fu dei più grandi columnist, è privilegio da meritarsi settimana dopo settimana. Vi chiedo scusa per quelle settimane in cui non sono riuscito a meritarmelo, vi ho deluso, vi ho annoiato o non vi ho convinto. O in cui, semplicemente, non sono riuscito a farmi leggere. Nel caso, potete sempre proporre al direttore Belpietro di sostituirmi con l’Intelligenza artificiale, come si usa ora. O, almeno, proponete di sostituire il titolista.

Scherzi a parte, questa è una delle cose che mi fa più paura nell’affrontare l’anno che verrà. Non so se ci saranno tre Natali e festa tutto l’anno, per citare ancora Dalla, ma sono sicuro che la diavoleria tecnologica avanzerà ancora, pronta a sostituire le nostre vite e, cosa ancor più grave, i nostri cervelli. Lo so che qualcuno pensa che, visto il livello di certi cervelli, non sarebbe un male. Ma non è così. Resto innamorato dell’idea romantica di un mondo ancora umano. E anche di un giornale ancora umano. Un giornale che nasce non dall’algoritmo di un computer ma dal nostro pensiero. Dalle nostre idee, dal nostro confronto, dalle nostre sensazioni e financo dalle nostre debolezze. Per dire: potrei mai sostituire Edoardo, il nume tutelare del Grillo, che da quest’anno è subentrato gloriosamente al precedente e indimenticato nume tutelare Mauro, con un qualsiasi ChatGpt?

Ci hanno raccontato che la tecnologia ci avrebbe reso tutti più liberi, più felici, più indipendenti. Non mi sembra sia andata così. L’indipendenza, per come la vedo io, qui dall’ultima pagina di Panorama, è ancora una parola che profuma d’antico. In questo gruppo editoriale, per dire, siamo liberi perché siamo editori di noi stessi. Non abbiamo un John Elkann sulla capa, insomma, e perciò possiamo scrivere quelle che riteniamo, a cominciare dalla crisi dell’auto Fiat e dalle vicende ereditarie della famigliola Agnelli, senza che nessuno ce lo possa impedire, a parte voi lettori. Per altro, non essendo di proprietà di John Elkann, non rischiamo nemmeno di venire venduti a qualche greco di passaggio: è il nostro editore/direttore che si sbatte (con successo) per mantenere i conti in ordine e lasciarci scrivere quello che pensiamo in libertà. Anche quando non condivide nemmeno una virgola. E temo che con me succeda spesso.

Scusate se mi permetto di ricordarlo, ma in questo numero che chiude l’anno, voglio essere sincero come sempre e più di sempre, con voi e con me stesso. E, soprattutto, voglio ricordare la grande fortuna di cui godiamo. Una fortuna che in Italia hanno in pochi: quella di essere editori di sé stessi. Fortuna per noi che il giornale lo facciamo, ma anche fortuna per voi che il giornale lo leggete e forse è una fortuna anche per chi il giornale lo denigra, ma sa benissimo che, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Perdonatemi se l’ho fatta un po’ fuori dal Grillo, ma semel in anno licet inorgoglire. Del resto dopo aver assistito a centinaia e centinaia di gay pride, potremo almeno mettere in pagina una volta, sommessamente, un piccolo Panorama Pride? Giuro che non esibisco le mie chiappe al vento, anche perché non sarebbe uno spettacolo decoroso.

Tiriamoci su di morale, però, che ne abbiamo bisogno. So che molti di voi sono scoraggiati. So che qualcuno ha smesso di votare. E qualcun altro ha smesso di sperare. So che ogni volta che raccontiamo (perché la realtà va raccontata) il problema delle liste d’attesa nella sanità o della sicurezza nelle nostre città, delle follie green o delle altre ridicolaggini europee, a molti di voi sorge spontanea la domanda: «Ma allora non cambia mai niente?». Vi confesso il mio timore: il rischio è che potrebbe cambiare in peggio. Anzi: se smettiamo di batterci, sicuramente accadrà.

Scusate, ma io ho il terrore di lasciare ai miei nipoti un mondo dove è più facile trovare l’eutanasia che una sedia a rotelle (come già succede in Canada), dove i bambini vengono strappati a mamma e papà in base a non si sa quali principi superiori e dove comanderà l’islam, per imporre le sue leggi contrarie alla nostra civiltà e alla nostra Costituzione. Ho citato solo tre degli immensi pericoli che incombono su di noi. Ne potrei citare altri, ma li conoscete. E se li conoscete fate in modo che non vi passi mai la voglia di battervi contro di essi. E dunque la voglia di sapere. Perché, vedete, potete smettere di votare, per quel che mi riguarda: ma non potete smettere di credere nella forza della battaglia, della denuncia e dell’indignazione. Non so se tutto ciò potrà cambiare il mondo, ma sono sicuro che potrà impedire al mondo di cambiare noi. Ed è l’augurio più bello che vi posso fare per il nuovo anno.

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