Chi pensava di usare la protesta degli studenti come arma politica contro il governo si è accorto che quella contestazione rischiava di essere contrproducente. Forse è questa la ragione per cui all’improvviso la questione è scomparsa dalle pagine dei giornali.
I lettori non hanno sempre ragione, però spesso ci azzeccano. Così l’altro giorno, un signore che si è definito uno storico abbonato di Panorama mi ha fermato e mi ha chiesto: perché dopo aver affrontato un argomento e denunciato un problema, poi lo dimenticate e non ve ne occupate più? Domanda giusta, a cui non ho saputo rispondere in altro modo che riconoscendo l’errore. Devo dire che l’atteggiamento che porta a voltare pagina è comune alla maggior parte degli organi di stampa. Per giorni, a volte per settimane, noi giornalisti ci occupiamo di un tema poi, quasi ci fosse venuto a noia, ci disinteressiamo della questione.
Prendete a esempio il caro affitti. Siccome un bel giorno una studentessa ha messo la tenda davanti al Politecnico di Milano, denunciando la mancanza di alloggi a prezzi accettabili, tutti i giornali hanno dedicato un fiume di articoli alla faccenda, raccontando per filo e per segno la via crucis dei fuorisede che non si possono permettere un canone da 700 euro per un monolocale. Il problema è dilagato con proteste e tende in diverse città italiane. Poi, riposti i taccuini, l’argomento è sparito dalla circolazione. Forse all’improvviso sono spuntate nuove case da offrire agli studenti? Oppure i proprietari di appartamento, viste le lamentele, hanno deciso di abbassare i prezzi e accogliere i giovani a casa loro? Niente di tutto questo è accaduto: semplicemente, dopo un po’ i cronisti non sapevano che altro scrivere e dunque hanno preferito rivolgere l’attenzione altrove, lasciando gli studenti alle loro tende.
In realtà, la questione merita un approfondimento per capire le cause della penuria di alloggi che – nonostante il fiume di articoli – è rimasta in ombra. Si è parlato del ministro Giuseppe Valditara, il quale aveva criticato le amministrazioni di sinistra per non aver pianificato investimenti per la costruzione di nuove case, e dei soldi che il governo avrebbe dovuto mettere a disposizione per la realizzazione di diversi studentati. Tuttavia, al di là delle polemiche contro il governo, nulla si è detto rispetto alla mancata pianificazione di città a misura di chi studia. In altri Paesi, attorno alle Università si realizzano con il contributo pubblico e privato interi palazzi per ospitare gli studenti, i quali diventano una risorsa per chi li ospita. Alcune città hanno cambiato il loro destino, trasformandosi da industriali che erano in centri per giovani. E da noi? Tante parole, ma case niente.
Prendete Milano, la città più dinamica. A parte qualche iniziativa privata (Bocconi, Humanitas), di residenze per studenti non se ne parla. A parte qualche iniziativa privata (Bocconi, Humanitas), di residenze per studenti non se ne parla. Ma neppure di appartamenti per coppie a basso o medio reddito. I prezzi al metro quadro, grazie all’Expo e alla riqualificazione a uso uffici e locali pubblici sono saliti alle stelle, ma di edifici per accogliere chi non ha un reddito sufficiente a consentirgli di acquistare una casa non ce ne sono. Di chi è la colpa? La risposta ovvia in una città amministrata dalla sinistra da 12 anni è: del governo, che da sette mesi è di centrodestra.
In realtà, se vogliamo andare oltre la già dimenticata protesta delle tende, bisogna rivolgersi a qualche esperto. Per esempio, al professor Ugo Fratesi, docente dello stesso Politecnico davanti a cui è andata in scena la protesta studentesca. Il docente ha spiegato che la responsabilità è dovuta anche alle politiche green adottate dall’amministrazione comunale, perché se istituisci aree a circolazione riservata ai veicoli che non inquinano stai scegliendo di sostituire una popolazione a medio o basso reddito con una ad alto reddito. Perché a chi può permettersi di pagare l’area C o possedere automobili recenti o green è consentito l’accesso in città. La conseguenza di tutto ciò è un aumento dei prezzi delle case, come è accaduto a Londra con la London Congestion Charge, equivalente delle nostre Ztl.
Ma è interessante anche la tesi di Mario Cucinella, uno dei grandi architetti italiani, il quale ha spiegato che se non si fanno più case per persone non ricche, è perché le amministrazioni pubbliche «non sembrano avere obiettivi chiari né un’agenda. Scrivono gare d’appalto con leggerezza, più per usare i soldi che per spenderli bene» ha detto al Corriere della Sera. «Milano è una città ricca, dall’alta qualità della vita, dove il centro è diventato una piccola Ginevra: inaccessibile. La supervalutazione degli alloggi spinge le persone sempre più lontano».
Ma se a Milano le gare d’appalto sono scritte con leggerezza, se la pianificazione non esiste e la classe media è espulsa dalla città, di chi è la colpa? Di chi governa a Roma o di chi amministra il capoluogo lombardo da oltre un decennio? La risposta è semplice. Tanto semplice che forse anche chi pensava di usare la protesta degli studenti come arma politica contro il governo si è accorto che quella contestazione rischiava di essere un boomerang. Forse è questa la ragione per cui all’improvviso la questione è scomparsa dalle pagine dei giornali? Come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
