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Paradossi climatici, sessualizzazioni nell’arte e altre  barbarie

Paradossi climatici, sessualizzazioni nell’arte e altre  barbarie

Dagli attacchi alla Spigolatrice allo sfregio al Tempio di Canova, alcuni atti estremi finiscono per giovare alla cultura. A differenza di certe manifestazioni giovanili.


Tre episodi indicano il mutamento del linguaggio del nostro tempo rispetto all’ambiente, ai monumenti, alle opere d’arte. Il primo riguarda le manifestazioni a Milano per denunciare la crisi climatica e promuovere il cambiamento. Di cosa, poi? Alcuni degli slogan: «Seguiteci, dobbiamo muovere le montagne, diventate parte del cambiamento con noi» e «Non puoi risolvere la crisi climatica se non rompi tutti i meccanismi di oppressione a partire dal capitalismo».

Risponde in modo esemplare il giornalista di Sky News Australia, Andrew Bolt, ai giovani manifestanti per il clima: «Voi siete la prima generazione che ha preteso l’aria condizionata in ogni sala, le vostre lezioni sono tutte fatte al computer, avete televisori in ogni stanza, passate la giornata a usare mezzi elettronici. Invece di camminare a scuola, prendete una flotta di mezzi pubblici, che intasano le vie pubbliche. Siete i maggiori consumatori di beni di consumo di tutta la storia, comperando in continuazione i più costosi capi di abbigliamento per essere “trendy”. La vostra protesta è pubblicizzata con mezzi digitali e elettronici. Ragazzi, prima di protestare, spegnete l’aria condizionata, andate a scuola a piedi, spegnete i vostri telefonini e leggete un libro. Fatevi un panino invece di acquistare cibo confezionato. Niente di ciò accadrà, perché siete egoisti, mal educati, manipolati da persone che vi usano, proclamando di avere una causa nobile mentre vi trastullate nel lusso occidentale più sfrenato. Svegliatevi, maturate e chiudete la bocca. Informatevi dei fatti prima di protestare».

Il secondo riguarda le reazioni alla scultura candidamente voluta dal Comune di Sapri per celebrare la Spigolatrice, creazione del poeta Luigi Mercantini ispirata alla fallita spedizione di Sapri di Carlo Pisacane (1857) che aveva lo scopo di innescare una rivoluzione antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie. Mercantini assume il punto di vista innocente di una lavoratrice dei campi, addetta alla spigolatura del grano, che si trova per caso ad assistere allo sbarco, vede Pisacane e se ne invaghisce; la donna parteggia per i trecento e li segue in combattimento, assistendo impotente al loro massacro da parte delle truppe borboniche. Proverbiale è il ritornello «Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti».

È stato invece fortunato Emanuele Stifano, l’artista che si avvia alla celebrità grazie agli ignoranti che giudicano un’opera, la sua Spigolatrice, scolpita nel bronzo, per le parti anatomiche. I suoi critici, invece di valutare se sia riuscita formalmente, si preoccupano, come l’audace Laura Boldrini, di fare osservazioni di costume in senso letterale, cadendo in mille contraddizioni. Parlare di «corpo sessualizzato» vuol dire legittimare, con superficialità, la concezione dei talebani che quel corpo vogliono coprire per nasconderne le forme. In perfetto contrasto con una grande tradizione che, dai Bronzi di Riace a Michelangelo, evidenzia le forme del corpo senza preoccupazioni sessuali.

Interpretare le forme della spigolatrice come «offesa alle donne» ed espressione di «maschilismo» è una valutazione insensata che si potrebbe riferire anche alle opere di Renato Guttuso che si è molto applicato al culo di Marta Marzotto. Forse la Boldrini non se n’era mai accorta. Una delle ragioni di attrazione, come sa qualunque persona esperta di arte e di psicologia, del David di Michelangelo è la sua nudità, in particolare proprio le curve delle sue forme posteriori. E, siccome la Paolina Bonaparte di Canova mostra i seni nudi, la Boldrini dovrebbe chiederne la rimozione, dimenticando che essa fu chiesta dalla stessa Paolina, non più giovane, per ragioni diverse, come quelle che potrebbero indurre la Boldrini a non farsi vedere in bikini.

«Camillo» scrive al marito «so che talvolta consentite a qualcuno di vedere la mia statua di marmo. Sarei lieta che questo non accadesse più, perché la nudità della scultura sfiora l’indecenza. È stata creata per il vostro piacere…». Attendo che la Boldrini ci spieghi che la Nascita di Venere di Botticelli umilia la donna mostrando nudità che rivelano lo sguardo sessista del pittore. La confusione ingenerata dalle critiche alla Spigolatrice – esse sì volgari – sposta la discussione dall’opera al suo contenuto. E non era mai avvenuta prima (se si esclude la Controriforma che impose i braghettoni all’incorreggibile Michelangelo) questa manifestazione di ignorante fobia che confonde la questione artistica – relativa a un’opera più o meno riuscita – con la pornografia.

Tanto che è considerato aberrante che un capolavoro venga censurato su Facebook da algoritmi privi di intelligenza umana, com’è stato (e forse ancora è) per i nudi di Canova, presenti nel museo di Possagno, o per L’origine del mondo di Gustave Courbet al Museo d’Orsay di Parigi. O forse, salvo che per le censure automatiche, è consentito a Canova e a Courbet quello che non è consentito al giovane Stifano, che si è applicato anche al nudo maschile, senza nessuna isterica reazione, rappresentando pressoché nudo Palinuro, in una statua in bronzo altrettanto provocante.

Per la Boldrini si può dunque esibire il nudo maschile, «sessualizzandolo» (neologismo tautologico), e non quello femminile? Vuole con ciò sancire, inconsapevolmente credo, l’inferiorità della donna, tanto che debba essere coperta, e le cui forme, diversamente da quelle maschili, non devono essere (chissà perché, essendo gli umani dotati di corpo, e nati nudi, come sempre si sono rappresentati Adamo ed Eva) mostrate? In realtà il problema non è il nudo femminile, ma la capacità dell’artista di renderlo armonioso, con la sua sensibilità e il suo gusto. E questo è un altro problema.

Il terzo episodio riguarda l’irruzione di una jeep sulla scalinata e le colonne del Tempio canoviano di Possagno: testimonianza di barbarie se non fosse legittimata dall’estetica dell’arte contemporanea che, cercando giustificazioni alla volgarità universalmente esecrata, la propaga come sofisticata testimonianza intellettuale. Unanime l’indignazione di chi, anche non conoscendo il Tempio di Possagno, ha protestato contro i barbari e gli ignoranti, dimenticando che la vita e l’arte contemporanea sono piene di violazioni estetiche consapevoli: dall’Orinatoio di Marcel Duchamp, alle auto che girano intorno al Colosseo o all’Arena di Verona, alle acrobazie ciclistiche di Vittorio Brumotti inerpicato su qualunque genere di edificio, fino alla vettura di Richard Prince esposta (come opera d’arte con il titolo Covering Hannah) per mesi, nel 2008, davanti a Palazzo Grassi, per la Fondazione Pinault, senza che nessuno battesse ciglio. E allora, qual è la differenza? Il nostro tempo è attraversato da una follia collettiva. E la bravata esibizionistica di un cretino si manifesta identica alla più sofisticata performance. Nessuna differenza, se non nella reazione dei benpensanti, non confortati nel caso di Canova, dalla benedizione dello snobismo del mondo dell’arte contemporanea. Il nostro occhio è allenato alle contaminazioni della modernità, ma respinge gli atti di disubbidienza e di infrazione non autorizzati (come accadde con le «mestruazioni» alla Fontana di Trevi attraverso il gesto futurista di Graziano Cecchini, restituita a una verginità di visione).

Adesso, con l’indignazione del mondo, non meno interiormente contaminato, qualcuno scoprirà l’esistenza del Tempio di Possagno, eretto 200 anni fa e ignoto a molti. Così il «barbaro» o il vandalo contribuirà a farlo conoscere. È l’effetto Christo che, impachettando i monumenti, li faceva vedere a chi non si era accorto di loro. Destino dei monumenti, d’altra parte, come ricordava Robert Musil nelle sue memorabili Pagine postume pubblicate in vita.

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