In Italia 40.000 studenti chiedono di eliminare la prova scritta alla maturità. Un errore che pagherebbero per tutta la vita.
Sono 40.000 gli studenti che hanno mandato un appello al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, per chiedere di abolire le prove scritte all’esame di maturità e fare solo un maxi-orale. Detto in termini fantozziani ci pare una «boiata pazzesca», che tuttavia va presa – purtroppo – con adeguata serietà perché nasconde nelle sue pieghe vari aspetti controversi e preoccupanti in un ordine che lascio a voi stabilire.
Primo. Evidentemente questi 40.000 studenti hanno pensato, scrivendo la lettera, di occuparsi di qualcosa che ritengono di conoscere in modo tale da dare suggerimenti, o peggio, lanciare appelli sulla valutazione e soprattutto sulle modalità della prova finale. Sono diversi secoli che qualcuno pensa a come insegnare meglio le cose e a come valutare l’apprendimento di tale insegnamento: si chiama pedagogia.
Delle due l’una: o si tratta di 40.000 apprendisti pedagogisti che dopo studi accurati sono convinti che la prova scritta fosse inutile, o sono – più semplicemente – 40.000 studenti che hanno escogitato una scorciatoia per ottenere il benedetto Diploma di maturità. Non sarà un caso se le scuole di tutti gli ordini hanno una parte orale e una scritta che aiutano i docenti a valutare il grado di preparazione degli studenti. La parte orale valuta, oltre alla conoscenza della materia, le abilità espositive del soggetto. La parte scritta valuta, oltre alle conoscenze, nel caso specifico nella prova di italiano, le capacità proprie di scrivere.
Secondo. Saper scrivere comporta almeno tre presupposti: che tu conosca la grammatica e la sintassi, sappia articolare proposizioni che tra loro abbiano una connessione di tipo argomentativo e, infine, che ciò che scrivi abbia un senso logico; perché per ben scrivere bisogna prima pensare bene, e per pensare bene occorre essere abituati ad avere in testa le strutture logiche che conducono un ragionamento da un certo punto a un altro, e non a casaccio, sbandando, ma seguendo la linea retta data appunto dalla logica del pensiero.
Per questo riteniamo che la prova finale scritta, soprattutto di italiano, sia la prova maestra, la prova delle prove, perché mentre le altre riguardano aspetti – sia pure importanti – della conoscenza sono comunque conoscenze settoriali. La lingua italiana viene usata dall’ingegnere come dal medico, dal salumiere come dal ciabattino, dal farmacista come dall’idraulico. Sono esclusi gli animali, con particolare riferimento agli asini.
Terzo. C’è un aspetto che questi baldanzosi giovani non hanno considerato e cioè quello che diceva un tale filosofo Francesco Bacone e che ripeteva un altro filosofo Thomas Hobbes, e cioè che «la scienza è potere». Non si riferivano al potere in un senso deleterio, ossia come la possibilità di dominare altri, ma al fatto che la scienza, come la filosofia e la cultura, sono utili per poter far le cose, per vivere meglio, per raggiungere obiettivi importanti nella vita privata e collettiva.
Scriveva Bacone nel suo Sull’interpretazione della natura (1603): «La conoscenza di cui disponiamo attualmente non insegnerà a un uomo nient’altro che quello che ha da desiderare». Quindi la conoscenza aiuta la vita e questi ragazzi che, magari inconsapevolmente, hanno pensato di lanciare un appello di libertà, in realtà hanno lanciato un appello che potrebbe trasformarsi, prima di tutto per loro, in una via verso la schiavitù: quella dell’ignoranza della scrittura.
In Italia ci sono molte persone che non sanno scrivere e bisognerebbe fare un documentario sulle difficoltà che provano nella vita non sapendo esprimersi nella forma scritta. Solo, per esempio, nei rapporti con la Pubblica amministrazione, con una banca, con una istituzione qualsiasi. Io non credo che questi studenti ambiscano all’esclusione sociale, non è cosa da giovani. Ebbene, la mancata conoscenza della scrittura, il non saper scrivere può portare a problemi proprio di esclusione sociale per non essere all’altezza di ciò che ci viene richiesto. Chi non sa scrivere è più povero di chi sa scrivere. Chi non sa scrivere è più manipolabile di chi sa scrivere.
Quarto. È vero che oggi sta passando di moda lo scrivere lettere non per lavoro ma per esprimere i propri sentimenti e le proprie passioni. Nel caso in cui, però, qualcunoci volesse provare, non sapendo scrivere lo farà non come vorrebbe, perché gli mancherà quella possibilità di tradurre in parole ciò che prova nell’anima e vorrebbe comunicare a un’altra anima. Se dovessimo dire, vi indicheremmo di leggere subito il quarto punto perché prima o poi, in un’occasione o in un’altra, tra una gioia o una sofferenza, la scrittura rimane un mezzo unico per comunicare e lasciare traccia della propria interiorità. E un’interiorità ce l’abbiamo tutti, anche quei 40.000 ragazzi che hanno scritto questa lettera. Ci permettiamo di suggerire loro di rifletterci un po’ di più.
