Home » Attualità » Politica » La rivoluzione dello sport secondo Spadafora: costi aumentati

La rivoluzione dello sport secondo Spadafora: costi aumentati

La rivoluzione dello sport secondo Spadafora: costi aumentati

Caro sport, quanto mi costi. Soprattutto quando le vicende degli enti che si occupano di gestire l’attività di milioni di appassionati, praticanti e professionisti incrociano con la politica e i suoi appetiti in un valzer di incarichi, budget, fondi e compensi dove il filo rosso che unisce una storia a quella successiva è quasi sempre la duplicazione dei costi.


Un modello destinato a ripetersi anche nei mesi in cui si sta combattendo, sotterranea ma non troppo, la guerra per la riforma dell’intero settore che ha portato il ministro competente, Vincenzo Spadafora, prima in rotta di collisione con il suo Movimento e poi a un passo dalla restituzione di parte delle deleghe. Una battaglia di trincea non ancora terminata e con data di scadenza il prossimo autunno inoltrato quando, passaggio dopo passaggio, la riforma dovrà arrivare in porto per evitare guai con il CIO (il Comitato olimpico internazionale) che osserva e minaccia sanzioni.

LA MOLTIPLICAZIONE DEGLI ENTI

La prima storia è quella del fondo ‘Sport e Periferie’, istituito dal Governo per realizzare interventi edilizi per l’impiantistica sportiva laddove lo sport può essere anche occasione di riqualificazione territoriale e sociale in aree a forte squilibrio. Premessa necessaria perché l’idea è stata meritoria e anche finanziata in maniera adeguata (140 milioni di euro per il 2020), salvo poi essere occasione per una poco economica e funzionale triplicazione di strutture e costi degli enti preposti alla gestione del fondo. Che, affidato in un primo tempo a Coni Servizi e poi a Sport e Salute, è transitato all’Ufficio per lo Sport in capo alla Presidenza del Consiglio e da qui a Invitalia nella parte (40 milioni) proveniente dal Fondo sviluppo e coesione del periodo 2014-2020.

Un valzer dove, tra un giro e l’altro, sono stati prima contrattualizzati una dozzina di collaboratori da Sport e Salute, poi lasciati scadere salvo raddoppiarli per gestire le istruttorie rimanenti relative al bando 2018. Nell’ultima configurazione, il Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato un avviso per mettere sotto contratto 21 figure professionali con compensi da 30.000 a 70.000 euro per biennio che si dovranno occupare di 100 dei 140 milioni del fondo. Gli altri, come detto, saranno in capo alla già citata Invitalia con le sue strutture che si prenderanno in carico la gestione dei precedenti 156 moltiplicando le strutture che si occupano dei fondi.

E lo stesso Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio è diventato un ente più grande e costoso rispetto al precedente Ufficio per lo Sport. Non più solo un responsabile da 185 mila euro annui affiancato da due dirigenti di seconda fascia (circa 90.000 euro di stipendio), ma una pianta organica che prevede l’aggiunta di un dirigente generale di primo livello e 3 (uno in più rispetto al passato) dirigenti di seconda fascia. Una riorganizzazione sulla quale ha espresso qualche perplessità anche la Corte dei Conti: uno stop dettato dall’impossibilità per la figura indirizzata a ricoprire il ruolo di dirigente generale, ovvero Giovanni Panebianco che dal ministro Spadafora è stato nominato Capo di Gabinetto, di sovrapporre i due ruoli con indirizzo politico e gestionale in contemporanea.

I DIPENDENTI DEL CONI

C’è poi la questione del ruolo di Sport e Salute e del Coni. Nella bozza di riforma è previsto che quest’ultimo abbia una pianta organica autonoma mancante dal 2002, anno di creazione di Coni Servizi. Uomini e donne provenienti, con le loro posizioni da assunti a tempo indeterminato, dagli uffici di Sport e Salute Spa che già si occupano di gestire le attività svolte dal Coni. Apparentemente un semplice cambio di intestazione della busta paga col rischio fondato, però, di una costosa duplicazione di personale e funzioni per le aree legate al funzionamento degli enti. Risorse umane, uffici legali e acquisti, marketing: decine di dirigenti di fatto duplicati tra un ente e l’altro con il sospetto che l’operazione possa in qualche modo favorire il percorso professionale di manager segnalati direttamente dall’autorità di Governo.

Il risultato è che, nella stagione più buia e difficile dello sport italiano, che si batte per restare in piedi dopo lo tsunami della pandemia che lo ha colpito mettendo a rischio la sua stessa sopravvivenza, il riassetto degli organismi di gestione e controllo dei fondi (pubblici) destinati al suo funzionamento è più che mai al centro di una lotta politica il cui unico risultato pare essere la moltiplicazione dei costi. Non una buona notizie per un settore in sofferenza e che avrebbe bisogno di utilizzare con parsimonia fino all’ultimo centesimo a disposizione.

© Riproduzione Riservata