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Auto-distruzione dell’ambiente

Auto-distruzione dell’ambiente

I veicoli elettrici, soprattutto quelli a guida autonoma, mostrano i loro limiti. L’energia per alimentare i computer che li gestiscono da remoto è molto inquinante. Inoltre, provocano troppi incidenti. Così le maggiori case produttrici fanno marcia indietro.


Siamo all’«auto-distruzione». Almeno così la pensa l’amministratore delegato di Renault Luca de Meo che, nella sua nuova veste anche di presidente dei costruttori europei, ha scritto alla presidente Ue Ursula von der Leyen una lettera preoccupata. L’entrata in vigore del regime Euro 7 (emissioni quasi a zero dai diesel) e la prospettiva del 2035 come stop ai motori endotermici secondo Luca de Meo significa chiudere le fabbriche, cessare la produzione di utilitarie e perdere la battaglia con Usa e Cina. In nome dell’ambientalismo si distrugge una primaria industria che assicura ancora l’80 per cento della mobilità, occupa in Europa 13 milioni di persone. Ma a Bruxelles non sentono ragioni: la batteria è tratta.

Sull’auto elettrica però continuano ad abbattersi valanghe di dubbi, soprattutto se questo processo e progresso tecnologico sia davvero il futuro. L’ultima botta arriva da uno studio del Mit – il prestigioso centro americano di studi tecnologici – secondo cui le auto green a guida autonoma inquinano in modo insostenibile. La ricercatrice Soumya Sudhakar sostiene che un miliardo di veicoli in un’ora emettono tanto gas serra quanto l’Argentina. Considerando che ora circolano nel mondo almeno un miliardo e mezzo di veicoli e che il numero è destinato ad aumentare, la prospettiva di avere modelli elettrici che si auto-guidano è per l’ambiente più disastrosa che se li mantenessimo tutti ad alimentazione fossile.

Il problema sta nella potenza di calcolo dei supercomputer che dovrebbero orientare questi veicoli. I «chips» installati nelle auto – che hanno determinato la crisi delle materie prime e sono monopolio della Cina – sono sì potenti, ma poco efficienti. Così la ricerca condotta da Soumya Sudhakar, dalla professoressa Vivienne Sze e dal professor Sertac Karaman ha stabilito che un’ora al giorno di funzionamento dei computer applicati al traffico consuma il doppio dell’energia attualmente impiegata da tutti i sistemi di calcolo. E il rischio di aggravare l’impatto ambientale ha una progressione geometrica con l’avanzare della tecnologia della guida autonoma. Auto senza intervento umano necessitano di computer in grado di gestire (ciò che rilevano le telecamere, tempo di percorrenza, condizioni delle strade e del traffico) una tale massa d’informazioni in frazioni di secondo, cosicché si dovrà decuplicare la capacità di calcolo incrementando esponenzialmente l’energia consumata e le emissioni.

Già nel 2016 un’analisi delle Università inglese di Leeds e americana di Washington aveva evidenziato che i veicoli a guida autonoma potrebbero far crescere l’utilizzo delle vetture e quindi ridurre, se non azzerare, i vantaggi in termini di risparmio energetico e benefici ambientali. E allora? Allora probabilmente è una tecnologia che ha generato una bolla speculativa per un verso e ha offerto ai produttori cinesi, già padroni della mobilità futura, un ulteriore vantaggio. La spiegazione sta nei numeri. Mentre Geely, primo gruppo al mondo nella produzione di batterie e veicoli elettrici, approfittando anche della deregulation cinese ha messo su strada in collaborazione con Mobileye (che è Intel) e Waymo (che è Google) i primi taxi a guida totalmente autonoma e si prepara a sbarcare in Europa con vetturette elettriche che costano sui 10 mila euro e hanno già un’elevata assistenza alla guida, due colossi dell’auto come Ford e Volkswagen hanno dovuto dismettere del tutto il progetto di auto a guida autonoma.

Hanno fermato la startup nata nel 2017 con il nome di Argo Al, dotata di un miliardo di euro di capitale alla partenza, perché dopo sei anni (e altri 2,6 miliardi d’investimenti) non ha trovato spazio sul mercato. La chiusura di Argo Al – che aveva oltre 2 mila dipendenti molti dei quali sono ancora in cerca di ricollocazione – è stata l’ultimo insuccesso che ha portato al licenziamento dell’a.d. di Volkswagen Herbert Diess. Artefice di questo ribaltone è stata Daniela Cavallo, figlia di un immigrato calabrese arrivato in Germania per lavorare alla VW, che è oggi la donna più potente all’interno del colosso di Wolfsburg. Questa italo-tedesca è presidente del Consiglio di fabbrica e guida gli oltre 650 mila dipendenti del gruppo. In forza della compartecipazione che vige nella fabbrica tedesca, ha chiesto più volte garanzie a Diess sull’evoluzione dell’occupazione a seguito dell’opzione «solo elettrico» scelta da Volkswagen. Diess è sempre stato più attento a compiacere i verdi al governo in Germania, e di conseguenza Ursula von der Leyen, che a indagare il reale sviluppo del gruppo. La ID3, che è la linea di auto elettriche Volkswagen, stenta sul mercato, le joint venture con i cinesi sono avare di soddisfazioni e la Golf ottava edizione non è andata, come doveva a conferma che VW è troppo concentrata sull’elettrico.

Cavallo, e con lei le famiglie Piëch-Porsche, non credono a questa VW solo «a batteria» e così hanno imposto come nuovo a.d. Oliver Blume, che resta anche a capo della Porsche. Appena arrivato ha fatto capire che Volkswagen guarderà di più ai bio-combustibili e all’idrogeno. Anche la guida autonoma che è l’esaltazione del mito della trazione elettrica torna in discussione. Lo stesso Elon Musk – che si prepara a licenziare 10 mila dipendenti, il 10 per cento degli occupati, e a non riconfermarne altri 5 mila – ha messo in pausa i progetti delle Tesla-robot nonostante Geely conti proprio sui veicoli senza conducente per sorpassare Tesla, che peraltro produce in Cina. A conti fatti, i 100 miliardi investiti sulla guida autonoma in tutto il mondo per ora non hanno prodotto utili. In Borsa le azioni precipitano – Aurora Innovation start up di Chris Urmson, l’uomo che in Google ha sviluppato i progetti delle auto-robot, ha perso oltre l’85 per cento del valore – mentre stanno aumentando gli incidenti. Uber ha dovuto fermare i prototipi di taxi senza conducente dopo investimenti mortali di pedoni. General Motor ha richiamato le Cruise perché coinvolte in incidenti, le Tesla oltre a incendiarsi vanno a sbattere. Waymo, la società di Google, veniva stimata nel 2018 all’apparire 175 miliardi di dollari, ora non ne vale più di 30. Forse ha ragione Michael Bolle, l’uomo forte di Bosch (che produce batterie) mai stato tenero con le auto elettriche, che sulla guida autonoma ha profetizzato: «È più fantascienza che altro, ne parliamo dopo il 2050».

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