Acquisti militari per la Grecia, che reagisce alle crescenti pressioni turche nel mediterraneo orientale dando l’inizio al piano di ammodernamento degli armamenti e rinforzo del suo personale in divisa approvato lo scorso anno.
Da oltre mezzo secolo per l’acquisto di aeroplani, elicotteri e navi, Atene è cliente di americani e francesi, ed è proprio a favore di questi ultimi che si è concretizzata l’acquisizione di quattro fregate da 4.500 tonnellate prodotte da Naval Group, altrettanti elicotteri navali ed anche missili Mbda anticarro e antinave. Ma soprattutto di diciotto velivoli multiruolo Dassault Rafale, che per Parigi significano la prima fornitura di questo tipo di aeroplano in ambito europeo, ovviamente oltre alla propria flotta in servizio con l’Armée De-l’Air e la Marine Nationale. A darne notizia sabato scorso è stato il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis mentre si trovava a Salonicco, ma già nella giornata di venerdì Dassault Aviation aveva diffuso un comunicato che riguardava una “valutazione” da parte greca di sostituire parte dei venticinque Mirage 2000 vecchi di oltre quarant’anni con nuovi aerei, nonché l’aggiornamento tecnico commissionato ai francesi di alcuni altri velivoli, mantenendo comunque in forza i 25 Mirage 2000-5 che ultimamente contrastano le sempre più numerose incursioni degli F-16 turchi nei cieli greci.
“In cinque anni arruoleremo circa 15.000 uomini, perché è il momento di rafforzare le nostre forze armate creando uno scudo nazionale”, ha dichiarato Mitsotakis, il quale ha aggiunto: “questo programma genererà’ migliaia di posti di lavoro e nuove competenze nel nostro Paese, si tratta quindi di un investimento dalla ricaduta importante”.
L’accordo Parigi-Atene prevederebbe il trasferimento immediato di otto velivoli Rafale oggi in servizio in Francia che secondo alcune fonti greche verrebbero donati, e la consegna di altri dieci della versione più recente, la CF3R, nei prossimi cinque anni. L’urgenza di avere in forza nuovi aerei starebbe nelle possibilità operative dei Rafale in termini di acquisizione dei bersagli e potenzialità elettroniche che i vecchi Mirage non hanno, seppure diano costantemente filo da torcere agli F-16 Turchi.
La catena radar greca segnala che dall’inizio dell’anno i bersagli non identificati, presumibilmente aerei turchi, sono stati quasi quattromila. Ma soprattutto che tra il 3 maggio e il 3 settembre scorsi nel cielo del mare Egeo sarebbero avvenuti almeno una decina di episodi di alta tensione tra piloti di Ankara e di Atene; duelli aerei che fino a oggi sono arrivati all’aggancio dei bersagli ma fortunatamente non al lancio di missili né all’uso delle mitragliatrici, e risolti sempre in favore dei meglio addestrati piloti greci. Le aviazioni militari delle due nazioni sono comunque in stato di allerta permanente dal marzo scorso e hanno progressivamente intensificato le esercitazioni nelle rispettive zone di confine. La Grecia sostiene che i cieli del mar Egeo siano violati dai jet dell’aeronautica turca rivendicando dieci miglia di spazio aereo attorno a una catena di isole greche allineate lungo la costa occidentale turca, parte di queste sono molto vicine alla terraferma, mentre la Turchia riconosce solo sei miglia. Molti degli incidenti avvengono dunque nel raggio di quattro miglia (7,4 km) che Atene considera il suo spazio aereo sovrano e Ankara considera spazio aereo internazionale. Tuttavia, secondo diversi rapporti Nato verrebbero effettuati spesso voli militari turchi non autorizzati direttamente sulle stesse isole greche.
I piloti greci hanno il vantaggio di conoscere molto bene l’F-16 in quanto la forza aerea ellenica ne ha a sua volta un’ottantina di esemplari della variante block-52, dei quali però molti sono oggi in fase di aggiornamento. Ma se Erdogan ricevesse dalla Russia nuovi e più moderni velivoli, come sarebbe intenzionato a fare dopo l’espulsione della Turchia dal programma F-35 avvenuta lo scorso anno, l’attuale stato dell’aviazione greca risulterebbe inadeguato per contrastarli. Sul fronte francese questa vendita rappresenta un grande risultato che accresce la credibilità di Macron nelle sue velleità di guidare una futura Difesa europea, ruolo al quale aspira anche Berlino, ma soprattutto è un traguardo per Dassault Aviation, nonché per altri attori industriali del comparto delle piccole e medie aziende transalpine coinvolte dalla costruzione del Rafale. Dassault all’inizio di settembre aveva diffuso la notizia della consegna del primo esemplare di questo aeroplano all’India insieme con i dati economici del gruppo, dove si evidenziava una riduzione di ordinativi, e quindi di incassi, sia in campo civile sia militare, dovuta al primo lockdown pandemico.
