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Il revival dell’energia nucleare

Il revival dell’energia nucleare

Mentre Finlandia e vari Paesi dell’Est puntano a nuove centrali nucleari, altre nazioni sono contrarie, Germania in testa. Una frattura profonda su scelte energetiche cruciali. E l’Italia? La voglia di reattori inizia a farsi strada, al di là dei pregiudizi.


Tre giorni prima di Natale la Finlandia ha inaugurato il mega reattore francese a Olkiluoto, che produrrà 1.650 megawatt. Il più grande del continente, 15 anni dopo l’attivazione dell’ultima centrale nucleare in Europa. La Polonia è l’ultima arrivata nel club dell’atomo e pure la Serbia ci sta pensando con l’aiuto russo. Paesi dell’Est come Romania, Bulgaria, Slovacchia e Ungheria costruiscono o pianificano centrali.

In Francia, con 58 reattori, il presidente Emmanuel Macron ha lanciato il piano per «reinventare il nucleare». Un revival atomico che punta al volano dell’adozione Ue del nucleare e del gas come fonti energetiche sostenibili per la transizione verde. La Germania, in controtendenza, ha spento a Capodanno tre delle sue sei centrali ed è decisa ad abbandonare questa forma di energia, come annunciato dieci anni fa da Angela Merkel dopo il disastro di Fukushima. Al fianco di Berlino c’è una pattuglia di Paesi europei: Austria, Spagna, Portogallo, Lussemburgo, Danimarca.

«Il braccio di ferro franco-tedesco è dirompente. Non si era mai aperta una frattura così profonda su scelte energetiche fondamentali» spiega a Panorama l’ingegnere nucleare Michelangelo Celozzi, presidente di TransMed engineering network. «Dal punto di vista geopolitico rompere l’unità sull’energia europea è un obiettivo dei russi, che vendono i loro reattori negli ex Paesi satellite. Così si spacca la Ue facendo il gioco di Mosca». Il 4 gennaio, però, il governo tedesco ha annunciato, a sorpresa, che non si opporrà alla bozza Ue sul nucleare e il gas per la transizione ecologica.

Da noi, dove lo stop al nucleare è stato sancito da due referendum, l’impennata delle bollette di gas e energia elettrica ha riattizzato il dibattito. Lega e Forza Italia sono schierati a favore, trovando sponda nell’apertura del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. «Ci si sveglia ora che sale il prezzo del gas, ma la strategia nucleare è di lungo periodo» dice Celozzi. «Per costruire nuove centrali ci vogliono 10-12 anni. Il fattore tempo è essenziale e l’Italia si è tagliata i ponti». La Lega preme su Mario Draghi per «il nucleare pulito e sicuro di ultima generazione, che fra pochi anni sarà realtà in tanti Paesi europei». Matteo Salvini è convinto: «Rischiamo di essere gli unici fessi che per motivi ideologici dicono “no”». E ha annunciato che «la Lega è pronta a raccogliere firme per un referendum».

Celozzi sottolinea che «la fissione nucleare (gli odierni reattori) è sicura. Il treno della fissione l’Italia l’ha perso, ma sulla fusione nucleare siamo all’avanguardia nella ricerca». La sfida è replicare la reazione che avviene nel Sole per produrre energia sicura, pulita, senza scorie radioattive e inesauribile. Al Centro ricerca Enea di Frascati si lavora al progetto Diverter Tokamak Test. Il primo reattore sperimentale a fusione sarà operativo nel 2022. Non è un caso che il magnate Jeff Bezos stia finanziando un impianto a fusione nucleare, che entrerà in funzione nel 2025 nel Regno Unito, uno dei Paesi più nuclearizzati d’Europa.

Nel frattempo il revival atomico a Est ci riguarda da vicino. A poco più di 100 chilometri in linea d’aria da Trieste è attiva, fin dai tempi dell’ex Jugoslavia, la centrale nucleare di Krsko, che fornisce energia a Slovenia e Croazia. La decisione del raddoppio con un secondo reattore potrebbe arrivare a breve, prima della data stabilita del 2027, proprio per i sobbalzi del mercato dell’energia.
Renzo Tondo, deputato di Noi con l’Italia, si è fatto ascoltare da Draghi alla Camera proponendo di investire su Krsko 2.

«Meglio fare parte della squadra, così godremo dell’energia prodotta senza una centrale sul nostro territorio. Dato che sloveni e croati non intendono smantellarla potremmo avere voce in capitolo sulla sicurezza» dice a Panorama l’ex presidente del Friuli-Venezia Giulia. Contrario l’assessore all’Ambiente della regione, Fabio Scoccimarro, di Fratelli d’Italia: «Krsko 2? Ribadisco le mie perplessità per il rischio sismico medio-alto vicino a Trieste». In settembre vuole indire nel capoluogo giuliano gli «Stati generali dello sviluppo sostenibile dell’Europa centrale e Alto Adriatico» per fare adottare una carta ambientalista comune. «Inutile essere ecologisti se poi siamo circondati dal nucleare in Francia, Slovenia e Svizzera».

In Europa dell’Est la Polonia ha deciso di costruire la prima centrale a 65 chilometri da Danzica. L’ottobre scorso Varsavia e Washington hanno firmato un accordo trentennale per l’impianto, che dovrebbe entrare in funzione nel 2033. Un reattore modulare (Smr) di nuova generazione, più piccolo di quelli classici, verrà costruito in Romania grazie alla tecnologia americana. Il Paese ha già una centrale a Cernavoda, sul Mar Nero, che doveva essere ristrutturata e ampliata dai cinesi. La svolta a favore dell’Smr con gli americani fa parte della sfida geopolitica attorno alla corsa all’atomo, che coinvolge sopratutto Mosca negli ex territori di influenza sovietica.

La Bulgaria ha approvato la realizzazione di un settimo reattore presso la centrale di Kozloduy grazie ai russi, ma i partiti che sostengono il neo premier Kiril Petkov sono divisi. A novembre era stato firmato con la potente Rosatom di Mosca un memorandum per la futura costruzione di una nuova centrale sul Danubio. Rosatom ha aperto un varco pure nei Balcani occidentali con la Serbia di Aleksandar Vucic, che punta a un piccolo reattore modulare. In alternativa potrebbe partecipare al progetto, sempre russo, di ampliamento della centrale magiara di Paks. Per ora Belgrado e Rosatom hanno firmato un accordo per mettere in piedi un Centro scientifico e tecnologico nucleare nella capitale serba. In Slovacchia sono in costruzione i reattori 3 e 4 dell’impianto di Mochovce, che dopo un ritardo decennale dovrebbero venire attivati nel 2022.

Se nell’Unione europea, fino al 2020, erano attivi 122 reattori e altri otto sono in costruzione, la parte del leone spetta alla Francia.
Principale produttore di energia nucleare della Ue, ha 19 centrali e vuole costruire altri sei reattori con la tecnologia Epr di terza generazione plus dopo l’avvio del primo a Flamanville, nel nord del Paese, previsto quest’anno. Nel 2020 non sono mancati incidenti come la contaminazione delle acque sotterranee a Tricastin, 250 chilometri da Torino.

Alla vigilia di Natale il governo del Belgio ha confermato la chiusura dei sette reattori nucleari entro il 2025, ma non esclude l’utilizzo di quelli Smr di nuova generazione. Parigi guida la cordata pro atomo dell’Unione europea (Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Polonia, Romania, Estonia e Svezia). La Ue è il più grande importatore di energia al mondo con il 61% del suo fabbisogno di petrolio, gas e fossili acquistato al di fuori dell’Unione per circa 300-350 miliardi di euro l’anno.

L’indipendenza energetica è una questione strategica per Bruxelles. La bozza della Commissione Ue sulla tassonomia, il sistema di classificazione di attività sostenibili dal punto di vista ambientale, prevede che «il gas naturale e il nucleare possano svolgere un ruolo come mezzi per facilitare la transizione verso un futuro prevalentemente basato sulle energie rinnovabili». Un passaggio che, secondo Celozzi, punta al «fiume di denaro» dei finanziamenti europei con l’obiettivo finale della neutralità climatica nel 2050.

La strada è ancora in salita: entro gennaio devono pervenire i pareri definitivi degli esperti, poi il documento che sarà adottato dalla Commissione a fine mese passerà il vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio dei capi di governo, che avranno tempo fino a maggio per opporsi anche se ci vorranno il 70% degli stati membri o 353 eurodeputati. L’Austria vuole già fare causa alla Ue, gli ambientalisti duri e puri di Greenpeace urlano al tradimento, i grillini e l’estrema sinistra si schierano contro. La presidente Ursula von der Leyen punta alla quadratura del cerchio: «Abbiamo bisogno di più energie rinnovabili. Abbiamo egualmente bisogno di fonti di energia stabili, ossia del nucleare, e di fonti di energia per la transizione, cioè del gas».

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