Una riedizione aggiornata della Dottrina Monroe. È questo, in estrema sintesi, il succo della strategia di sicurezza nazionale, pubblicata giovedì dalla Casa Bianca. L’amministrazione Trump ha infatti reso noto di voler concentrare una parte considerevole del proprio interesse geopolitico sull’Emisfero occidentale, soprattutto per combattere flussi migratori illegali e traffico di droga. “Vogliamo garantire che l’Emisfero occidentale rimanga ragionevolmente stabile e sufficientemente ben governato da prevenire e scoraggiare la migrazione di massa verso gli Stati Uniti; vogliamo un emisfero i cui governi cooperino con noi contro narcoterroristi, cartelli e altre organizzazioni criminali transnazionali; vogliamo un emisfero che rimanga libero da incursioni straniere ostili o dalla proprietà di risorse chiave, e che supporti catene di approvvigionamento essenziali; e vogliamo garantire il nostro continuo accesso a posizioni strategiche chiave. In altre parole, affermeremo e applicheremo un ‘Corollario Trump’ alla Dottrina Monroe”, si legge nel documento, che prende le distanze dalla politica estera di stampo liberal e neocon, invocando invece una linea incentrata sull’“equilibrio di potenza” e sulla difesa degli interessi della classe lavoratrice statunitense.
Del resto, la nuova strategia della Casa Bianca non si limita a trattare dell’Emisfero occidentale. Ha anche parole particolarmente dure nei confronti dell’Ue. “Tra i problemi più ampi che l’Europa si trova ad affrontare rientrano le attività dell’Unione europea e di altri organismi transnazionali che minano la libertà e la sovranità politica, le politiche migratorie che stanno trasformando il continente e creando conflitti, la censura della libertà di parola e la repressione dell’opposizione politica, il crollo dei tassi di natalità e la perdita di identità nazionali e di fiducia in se stessi”, recita il documento, che aggiunge: “Oggi, le aziende chimiche tedesche stanno costruendo in Cina alcuni dei più grandi impianti di lavorazione del mondo, utilizzando il gas russo che non riescono a reperire in patria. L’amministrazione Trump si trova in contrasto con i funzionari europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra, radicate in governi di minoranza instabili, molti dei quali calpestano i principi fondamentali della democrazia per reprimere l’opposizione”. L’amministrazione americana ha altresì fissato come obiettivo quello di “ristabilire le condizioni di stabilità all’interno dell’Europa e di stabilità strategica con la Russia”.
Il documento riserva anche spazio al Medio Oriente, citando gli Accordi di Abramo che notoriamente Donald Trump punta a rilanciare e, possibilmente, a espandere. “L’America”, si legge, “avrà sempre un interesse fondamentale nel garantire che le forniture energetiche del Golfo non cadano nelle mani di un nemico dichiarato, che lo Stretto di Hormuz rimanga aperto, che il Mar Rosso rimanga navigabile, che la regione non diventi un incubatore o un esportatore di terrore contro gli interessi americani o la patria americana, e che Israele rimanga sicuro”. “Possiamo e dobbiamo affrontare questa minaccia ideologicamente e militarmente, senza decenni di sterili guerre di nation building. Abbiamo anche un chiaro interesse a estendere gli Accordi di Abramo a più nazioni della regione e ad altri Paesi del mondo musulmano”, prosegue la strategia.
Venendo poi al continente africano, il documento dichiara che “per troppo tempo, la politica americana in Africa si è concentrata sulla diffusione e, in seguito, sulla diffusione di un’ideologia liberal”. “Gli Stati Uniti”, si legge ancora, “dovrebbero invece cercare di collaborare con alcuni Paesi selezionati per attenuare i conflitti, promuovere relazioni commerciali reciprocamente vantaggiose e passare da un paradigma basato sugli aiuti esteri a un paradigma basato su investimenti e crescita, in grado di sfruttare le abbondanti risorse naturali e il potenziale economico latente dell’Africa”.
La strategia pubblicata dalla Casa Bianca punta inoltre il dito contro Pechino. “Il presidente Trump ha ribaltato da solo oltre trent’anni di errate convinzioni americane sulla Cina: in particolare, che aprendo i nostri mercati alla Cina, incoraggiando le aziende americane a investire in Cina ed esternalizzando la nostra produzione in Cina, avremmo facilitato l’ingresso della Cina nel cosiddetto ‘ordine internazionale basato sulle regole’. Ciò non è accaduto. La Cina è diventata ricca e potente, e ha sfruttato la sua ricchezza e il suo potere a suo considerevole vantaggio. Le élite americane – nel corso di quattro successive amministrazioni di entrambi i partiti politici – hanno o volontariamente assecondato la strategia cinese, o hanno negato la realtà”, si legge.
Insomma, la competizione geopolitica con Pechino resta il filo conduttore della politica estera di Trump.
